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Inflazione e banche centrali: chi resterà col cerino in mano?

I prezzi hanno rialzato la testa nel 2017, e i tassi di interesse reali viaggiano in territorio negativo. Il gioco può durare ancora a lungo ma anche interrompersi bruscamente. I mercati appesi alle parole di Draghi domani e alla Fed una settimana dopo.

24 Gennaio 2018 07:00
financialounge -  banche centrali Europa inflazione Morning News USA

È una specie di gioco a nascondino che va avanti da più di due anni. In America e in Europa l’inflazione continua a viaggiare sotto l’obiettivo delle banche centrali, fissato in tutti e due i casi in area 2%, anche se in USA si sta avvicinando molto. Questo offre alla BCE l’argomento per continuare con la politica dei tassi zero e alla Fed di muoversi al rialzo con estrema cautela. Oggi il tasso a cui Francoforte remunera i depositi delle banche è ancora al -0,4% e quello dei Fed Funds viaggia all’1,5%.

L’inflazione invece in Europa viaggia a dicembre all’1,4% mentre in America ha accelerato al 2,1% con il tasso core, che esclude alimentari ed energia ed è particolarmente tenuto d’occhio dalla Fed, anch’esso in accelerazione all’1,8%.

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Questo vuol dire che i tassi di interesse reali, depurati dall’inflazione, sono in territorio negativo. In Europa non è una sorpresa, in America un po’ di più: dopo cinque rialzi il costo del denaro è ancora di oltre mezzo punto sotto l’inflazione. Domani parla Draghi, meno di una settimana dopo la Fed, dove Janet Yellen passa le consegne a Jay Powell. I mercati sono appesi alle parole che saranno contenute nei comunicati e, nel caso di Draghi, a quello che dirà in conferenza stampa.

La speranza di tutti è che le cose vadano avanti così, un passettino alla volta, fino a che, in un momento ancora lontano nel tempo, sarà tornata la normalità, con un denaro che costa un po’ di più del valore che si mangia l’inflazione. A meno che l’inflazione, che da sempre gioca la parte del diavolo nel suo gioco a nascondino con le banche centrali, non faccia scherzi, e non decida che è arrivato il momento di schiacciare l’acceleratore. Le banche centrali sarebbero costrette a seguire.

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La Fed ad esempio non potrebbe permettersi di mantenere l’attuale velocità – dal 2015 ad oggi – di un aumento dello 0,05% su base mensile. Nei precedenti cicli di rialzo, ha calcolato il WSJ, la velocità mensile è stata di 0,18%, quasi quattro volte. I mercati sono davvero attrezzati per il ritorno alla normalità?
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