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Tra dollaro e petrolio i conti non tornano

Dopo la mossa di Trump sull’Iran aumenta la volatilità sul greggio. Ma la storia insegna che non sempre i traumi lo fanno schizzare. E intanto sale anche il dollaro, un’anomalia che dovrà correggersi.

10 Maggio 2018 07:50
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Ginevra, pomeriggio del 9 maggio 1991. Jim Baker, segretario di Stato di Bush padre, esce da 7 ore di trattative con il ministro degli Esteri di Saddam Hussein, Tareq Aziz. È l’ultimo tentativo di evitare la guerra dopo che l’Iraq ha invaso il Kuwait. La prima parola che l’americano pronuncia davanti ai microfoni e alle telecamere di tutto il mondo è ‘regrettably’, sfortunatamente. Dopo le prime due sillabe il prezzo del petrolio va giù come una palla di piombo. Baker aveva segnalato che la guerra era inevitabile, ma anche che gli americani avrebbero messo in riga Saddam che con la sua invasione del vicino aveva fatto salire il greggio del 54% ad agosto del 1990. Quel gennaio si chiuderà con un -14% e il mese dopo con un altro -20%.

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LE REAZIONI ALLE CRISI NON SONO SCONTATE


Un breve viaggio nel tempo per capire che le reazioni dei mercati di fronte a crisi drammatiche non sono necessariamente scontate. Dare per certo un petrolio a 100 dollari o oltre in caso di deflagrazione di un conflitto dopo la decisione di Trump di gettare nel cestino l’accordo (mai ratificato definitivamente) di Obama con l’Iran, potrebbe anche essere una scommessa sbagliata. L’instabilità della regione che va dal Golfo al Mediterraneo è sicuramente un fattore che sta dietro il ritracciamento del petrolio negli ultimi due anni, con un accelerazione nella prima parte del 2018. Ma un evento traumatico che fosse percepito come stabilizzatore, che effetto avrebbe sui prezzi?

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QUALCUNO RESTERA’ CON IL CERINO IN MANO


Sicuramente sul mercato da un mese a questa parte si sta verificando un’anomalia. Il prezzo del petrolio punta a nord e lo stesso fa il dollaro americano, soprattutto nei confronti dell’euro. I due prezzi, storicamente, si muovono con una correlazione inversa, proprio perché il greggio è quotato in dollari. Se il petrolio sale, fa scendere il dollaro, perché per comprare un barile ne servono di più. Se invece il biglietto verde sale, il prezzo del barile scende, perché servono meno dollari per comprarlo. Di solito questo tipo di anomalia si corregge anche bruscamente. Può durare ancora un po’ ma non troppo. E quando i conti torneranno in equilibrio tra dollaro e petrolio per qualcuno sarà un brusco risveglio. Ma non si sa chi resterà con il cerino in mano: i Tori del petrolio o quelli del dollaro?
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