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Mercati obbligazionari, ridurre la duration non è la soluzione

Mantenere l’esposizione nel tempo è un fattore strategico in un portafoglio bilanciato. Ecco come difendere il proprio investimento senza esporsi a rischi impropri.

17 Luglio 2017 16:38
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Ridurre la duration per bilanciare rendimento e sicurezza in un contesto di tassi d’interesse destinati a rimanere bassi. Una soluzione che sembra a portata di mano, ma che può avere effetti controproducenti poiché la duration gioca un ruolo strategico in un portafoglio bilanciato. A spiegare perché ridurre la duration non è la scelta giusta e quali strategie adottare di fronte alle politiche monetarie in atto è Charles McKenzie, Chief Investment Officer Obbligazionario di Fidelity International.

Prima di passare alle strategie, è necessario comprendere il contesto attuale e come si evolveranno le politiche monetarie. “Nelle riunioni della Banca Centrale Europea e della Federal Reserve di luglio – spiega McKenzie - non ci aspettiamo alcun cambiamento di rotta per quanto concerne le politiche monetarie. Entrambe le banche centrali però saranno probabilmente attive su questo fronte nell’ultimo quadrimestre dell’anno”.

Secondo l’esperto di Fidelity, la BCE annuncerà a settembre un “tapering modesto” con una riduzione – molto graduale - degli acquisti a partire da gennaio, combinata a una proroga del QE fino al 2018. Dall’altra parte dell’oceano, invece, la Fed potrebbe annunciare formalmente l’inizio del processo di normalizzazione del bilancio nella riunione di settembre, ma rimanendo pronta a intervenire in caso di “ondata di incertezza e di volatilità con vendite su mercati del credito o azionario” per placare i mercati.

La domanda che si pongono gli investitori è se la marcia rialzista delle obbligazioni è finita? “Nonostante le accese dichiarazioni degli esperti finanziari – afferma McKenzie - ho la netta sensazione che non sia affatto così. Il punto non è infatti scoprire di quanto saliranno i rendimenti sui titoli di Stato, bensì capire fino a che punto le banche centrali siano disposte a tollerare che il rialzo dei rendimenti sovrani e dei tassi d'interesse favorisca un ribasso dell’azionario”.

Ma l’altro interrogativo che tormenta gli investitori è se ridurre la duration dei titoli può essere la soluzione. Secondo McKenzie non lo è, perché “i tassi globali continueranno a essere dettate da fattori secolari” e l’insieme di questi fattori “concorrerà a una riduzione della crescita tendenziale, accompagnata da un calo dell’inflazione e un aumento della persistente domanda globale di obbligazioni”.

Quindi, mantenere la duration è fondamentale per compensare il rischio di credito e avere una protezione contro nuove debolezze economiche. Senza contare che riducendo l’esposizione temporale si rinuncia a rendimenti più elevati (caratteristica dei titoli con scadenze più lunghe) e ci si espone maggiormente alla correlazione con la componente azionaria del portafoglio.

A questo punto Charles McKenzie propone tre fattori da tenere in considerazione per l’investimento obbligazionario. Innanzitutto agire in un’ottica globale, ovvero tenere in considerazione che nel mondo sono in atto “diversi cicli economici” che permettono agli investitori di “trarre vantaggio da un’allocazione geografica differenziata”. Il secondo fattore è guardare oltre l’orizzonte dei titoli di Stato, tenendo in considerazione, ad esempio, le obbligazioni investment grade: “Secondo le nostre ricerche – spiega Mc Kenzie -allo stato attuale gli investitori sono adeguatamente remunerati in termini di spread aggiuntivo per il rischio di credito e di default assunto effettuando allocazioni sulle obbligazioni societarie”. Infine, l’ultimo punto è utilizzare le obbligazioni indicizzate all’inflazione, in grado di offrire un margine di protezione nel caso in cui l’andamento dell’inflazione finisca per sorprendere al rialzo.
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