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La contesa

Big Tech contro le telco: l’Europa si dichiara neutrale

di Stefano Silvestri 28 Febbraio 2023 10:22
financialounge -  economia
Una volta bastava la parola GAFAM (ossia Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft). Oggi però i grandi attori della tecnologia sono di più ed è meglio parlare di Big Tech, termine che oltre ai succitati colossi ne include altri sia occidentali (come Twitter, Netflix, Nvidia, Tesla e Uber), sia orientali (Baidu, Alibaba, Xiaomi, Bytedance e Tencent). Il motivo per cui ne parliamo oggi è che i nuovi padroni del vapore, dopo anni di grande libertà (economica, fiscale, regolamentale) stanno vedendo stringersi attorno al collo sempre più cappi normativi da parte di enti nazionali e sovranazionali. Che, a torto o ragione, sempre più spesso chiedono loro conto, prevalentemente dal punto di vista economico.

DA OTTAWA A BARCELLONA


Mentre in queste ore è d’attualità la scaramuccia tra Justin Trudeau e Google, col colosso americano che sta bloccando l’accesso alle sue notizie ad alcuni utenti canadesi in risposta all’Online News Act, dall’altro lato dell’Atlantico (più precisamente al Mobile World Congress di Barcellona) si sta tenendo un altro scontro di tutto rilievo che vede contrapposte le aziende del Big Tech e gli operatori europei di telecomunicazioni. L’oggetto del contendere? Chi dovrebbe finanziare il rollout di 5G e banda larga.

EQUO CONTRIBUTO…


“Do ut des”, ricordavano i latini, e a ben guardare la querelle di cui parliamo oggi non è nulla di nuovo. Se si vuole qualcosa si dev’essere pronti a dare qualcos’altro in cambio, e colossi quali Deutsche Telekom, Orange, Telefonica e Telecom Italia stanno domandandosi se non sarebbe giusto che le Big Tech contribuissero ai costi di realizzazione di quelle infrastrutture delle quali poi beneficiano ampiamente. Il CEO di Telefonica, Jose Maria Alvarez-Pallete, ad esempio ha affermato che “questo è il momento di collaborare tra le aziende di telecomunicazioni e Big Tech. E collaborare significa che tutti contribuiscono con una giusta quota del loro sforzo”. A sostegno di questa tesi è intervenuta anche Christel Heydemann, CEO di Orange, che pur precisando di non voler cambiare il principio della neutralità della rete in Europa, né di spingere per nuovi meccanismi fiscali, ha parlato di “situazione squilibrata” per poi aggiungere: “chiediamo un nuovo quadro europeo che porti a un equo contributo alle esigenze di connettività da parte dei grandi generatori di traffico online”.

…O TASSA SUL TRAFFICO?


Dall’altra parte troviamo i rappresentanti di Big Tech, che ovviamente fanno orecchie da mercante affermando che le loro aziende investono già molto nelle infrastrutture. E che il pagamento di tariffe aggiuntive toglierebbe spinta agli investimenti nei prodotti di cui poi beneficiano i consumatori. Inaspettatamente (o, a ben guardare, forse no) il governo olandese è sceso in campo a fianco di Big Tech, avvertendo che l'imposizione di una tariffa internet a scapito delle aziende tecnologiche violerebbe le regole sulla neutralità della rete e porterebbe ad aumenti di prezzo per i cittadini europei. I critici del modello della giusta quota (o SPNP, Sending Party Network Pays) paventano anche un altro rischio, e cioè che una “tassa sul traffico” indurrebbe le piattaforme di contenuti a instradare i loro servizi attraverso ISP al di fuori dell'Unione Europea. “Questi nuovi regolamenti violerebbero le disposizioni sulla neutralità della rete e frammenterebbero Internet, danneggiando i consumatori e le economie europee”, ha poi precisato David Frautschy, direttore della Internet Society, un gruppo di difesa non-profit degli Stati Uniti. “Le conseguenze sono troppo alte per permettere agli operatori di telecomunicazioni di ottenere ciò che vogliono”.

NEUTRALE?


Tra i due litiganti troviamo Thierry Breton, commissario europeo al Mercato interno, che salomonicamente afferma: “Per me la vera sfida è essere sicuri che entro il 2030 i nostri concittadini e le imprese in tutta l'UE abbiano accesso a connessioni Gigabit veloci, affidabili e ad alta intensità di dati”. Secondo alcuni, però, Bruxelles è meno imparziale di quanto dica e il fatto che la scorsa settimana la commissione europea abbia avviato delle consultazioni sul futuro delle telecomunicazioni in Europa, è visto come una presa di posizione a favore delle telco. Le quali affermano che realtà come Facebook, Google, Microsoft, Netflix e Amazon rappresentano più della metà del loro traffico dati. Le consultazioni dureranno tre mesi, terminati i quali la Commissione probabilmente proporrà una normativa che poi diventerà legge. Ma oltre all’Olanda potrebbero schierarsi contro il provvedimento nazioni che hanno interesse a sposare la causa delle Big Tech, quali Irlanda e Lussemburgo. E se anche dovesse passare il concetto di “giusta quota”, come osserva Shahid Ahmed, vicepresidente esecutivo di NTT e consulente della Federal Communications Commission degli Stati Uniti, implementarla e successivamente farla rispettare potrebbe non essere così immediato.
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