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Cosa aspettarsi

Rally estivo cancellato: si riparte dai minimi di giugno, segnali tecnici contrastanti

In sintonia, gli indici di Wall Street e Europa tornati indietro di 3 mesi, a breve puntano a Sud ma il trend rialzista a medio termine resta. Lunga e difficile uscita dal ventennio di deflazione e liquidità a costo zero

di Stefano Caratelli 26 Settembre 2022 08:10
financialounge -  Weekly Bulletin

Allora, doveva essere tutto più chiaro invece è più confuso che mai. La Fed preferisce una cura più lunga a una più pesante e rapida pensando che magari fa meno male. L’inflazione resta tenace in Europa e USA. Gli indici globali di attività manifatturiera e dei servizi rimbalzano qualcosa e restano vicini alla demarcazione tra contrazione e espansione. Molti indicatori a cominciare dalla curva dei tassi invertita puntano alla recessione, ma non violenta, con l’eccezione dell’Europa schiacciata dalla crisi energetica. Se c’è un impatto, e quanto grande, su utili e fatturati delle imprese cominceremo a saperlo più o meno tra un mese, con l’arrivo delle trimestrali e soprattutto delle guidance sui prossimi trimestri.

POTREBBE ESSERE UN ‘DOPPIO MINIMO’


In termini di performance di mercato tutti i principali indici azionari, da Wall Street a Francoforte, Parigi e Milano, hanno chiuso la terza settimana piena di settembre andandosi a sedere in sincronia quasi perfetta a ridosso dei minimi di metà giugno. Se da qui dovessero rimbalzare, andrebbero a configurare un ‘doppio minimo’, se dovessero andare ancora giù potrebbero andare magari a testare i massimi pre-covid di inizio 2020.



CANALE RIALZISTA DI MEDIO PERIODO


Il grafico qui sopra mostra il canale disegnato nel breve periodo dallo S&P 500, decisamente ribassista. Ma se si cambia prospettiva, come mostra invece il grafico qui sotto che abbraccia un arco quinquennale, il canale rialzista sembra intatto, salvo per quella freccetta rossa che indica una formazione Head & Schoulder, vale a dire testa/spalla, disegnata dal rally ingannevole della scorsa estate. Quando il minimo post picco è più in basso di quello immediatamente precedente indica un segnale ribassista, che infatti si è confermato a settembre, in caso contrario invece è un segnale rialzista. E’ tutt’altro che una scienza esatta, ma visto che molti trader si affidano a questi indicatori dà almeno un’idea del possibile comportamento degli operatori.



IL SUPERDOLLARO AGGIUNGE INCERTEZZA


Ad aggiungere incertezza nel 2022 ci si è messo anche il mercato delle valute, bruscamente risvegliato dopo oltre un decennio di torpore, con il dollaro che schiaccia tutti, dall’euro allo yen, senza fare eccezioni per chi alza i tassi aggressivamente almeno quanto la Fed, come nel caso della sterlina britannica. Il superdollaro è come uno specchio che deforma, petrolio e commodity stanno rallentando la corsa se si guardano i prezzi in dollari, ma per chi alla fine le paga in euro e yen restano più o meno dov’erano.

GLI STATI SPENDONO MA NON È PIÙ A COSTO ZERO


Veniamo da vent’anni di potenti spinte deflazionistiche, alimentate dalla globalizzazione a traino cinese, che hanno consentito alle banche centrali di rispondere agli shock violenti della crisi globale, di quella del debito e della pandemia, inondando economie e mercati di liquidità a costo praticamente zero per i bilanci pubblici. Ora gli Stati continuano a spendere a manetta, in Europa per sostenere imprese e famiglie aggredite dal caro energia e in America per ragioni sostanzialmente politiche, leggi Biden e Dem che non vogliono perdere le elezioni di mid term. Ma non hanno più il benefit del costo zero del debito, perché intanto le banche centrali sono partite lancia in resta contro l’inflazione alzando aggressivamente i tassi.

SPINTE DEFLAZIONISTICHE E INFLAZIONISTICHE


La digitalizzazione e in generale l’innovazione tecnologica restano una potente spinta deflazionistica secolare, ma anche le spinte inflazionistiche restano forti. Non tanto quelle del caro energia e materie prime, che con le economie che frenano non possono continuare a correre, ma quella della transizione energetica, molto costosa e quindi inflazionistica nel medio termine, anche se portatrice di benefici indubbi, in termini di costi e efficienza, nel lungo. Questo per quanto riguarda il mondo sviluppato, Nord America, Europa, Giappone e Australia. Ma l’altra metà del mondo?

BOTTOM LINE


In attesa di decifrare qualcosa dalle trimestrali USA e dal Congresso cinese che si apre tra tre settimane, non resta che navigare a vista con la bussola dell’analisi tecnica, anche questa di non semplicissima lettura. Comprare i minimi e vendere i rally sembra la ricetta giusta, a patto che si sia capaci di ‘vederli’. Forse è meglio tenere duro sulle posizioni che si sono costruite approfittando della caduta dei prezzi nell’immediato post-covid e tenere una buona scorta di liquidità, che può essere anche parcheggiata sulle obbligazioni, visto che qualcosa ormai rendono. Prima o poi arriva l’occasione per impiegarla bene.
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