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Cosa aspettarsi

2022, il nuovo mondo post-pandemia è già qui e lo guidano digitale e mercati

La pandemia ha accelerato non solo i megatrend, a cominciare dal digitale, ma anche il passaggio del timore dell’economia dalla politica alle banche centrali, che dovranno ‘leggere’ il sismografo dei mercati

di Stefano Caratelli 3 Gennaio 2022 08:17
financialounge -  azioni Mario Draghi mercati Weekly Bulletin

L’anno numero 22 del terzo millennio è partito e ovunque ci si giri fioccano le previsioni su cosa aspettarsi dopo cinque anni che non hanno fatto mancare le sorprese, da Trump alla Casa Bianca alla pandemia, dalla guerra dei dazi all’accelerazione del green e del digitale fino al risveglio dell’inflazione dopo decenni di letargo. Nell’esercizio si cimentano i principali think thank del pianeta, come ad esempio l’italiano Ispi, che ipotizza per l’anno che verrà una serie di ‘ritorni’, come inflazione e trumpismo, carbone e nucleare, vecchia rabbia sociale causata dalle diseguaglianze e nuova normalità della de-globalizzazione. La lettura è stimolante soprattutto per i ‘buchi’ che segnala, come quello rappresentato dal Medio Oriente, che non è mai stato da decenni così assente dalle liste delle crisi possibili e esplosive che potrebbero minacciare la stabilità politica ed economica del pianeta.

TRAUMI GETTATI DIETRO LE SPALLE


Di solito i guai arrivano da dove non si aspettano, per cui le assenze attirano l’attenzione degli osservatori ‘contrarian’. Ma alla fine gli ultimi anni mostrano soprattutto che i mercati hanno saputo gettarsi senza troppi traumi alle spalle anche le sorprese meno previste e prevedibili e proseguire sul percorso tracciato dal Toro anche in presenza di eventi di segno opposto. Prendiamo i rally di Wall Street di fine 2016-inizio 2017 e di fine 2020-inizio 2021, il primo sull’onda della vittoria di Trump e della sua promessa di ridurre le tasse della corporate America e il secondo su quella della vittoria di Biden e della sua promessa di mettere soldi in tasca da spendere ai consumatori americani. Difficile immaginare due opposti più opposti, ma entrambi con un punto in comune, vale a dire una politica monetaria assolutamente rilassata, che rende le azioni l’unica destinazione attraente per gli investitori.

I TASSI NON FANNO PAURA


In effetti, a parte l’esplosione della pandemia a febbraio-marzo del 2020, l’unico vero spavento degli ultimi 5 anni Wall Street se l’è preso a fine 2018, per la stretta monetaria precipitosa del capo della Fed Jay Powell, subito riconosciuta come ‘errore’ e ritirata nel giro di un paio di settimane. Lo stesso non è successo due settimane fa, quando all’ultima riunione dell’anno il Fomc ha prodotto un ‘dot-plot’, vale a dire una proiezione sul livello futuro dei tassi da parte degli stessi membri dell’organo decisionale della Fed, che puntava a una raffica di rialzi nei prossimi 24 mesi.


Il dot plot della Federal Reserve dopo l’ultima riunione del Fomc


Tre rialzi dei tassi nel 2022 seguiti da altri tre nel 2023 dovrebbero essere qualcosa che spaventa i mercati, almeno se ‘letto’ sui titoli dei media. Ma se si fanno i conti, come mostra la chart qui sopra, si vede che vuol dire Fed Fund intorno al 2% tra due anni, vale a dire presumibilmente in termini reali negativi o al massimo neutri. Tradotto, nel 2024 come oggi non ci saranno praticamente alternative alle azioni per gli investitori in cerca di rendimento, il Tesoro federale potrà continuare a indebitarsi a costo zero, i consumatori potranno sopportare un costo contenuto del credito al consumo, così come resterà contenuto il costo dei mutui per comprare casa, che viaggia oggi poco sopra il 3% sulla scadenza a 30 anni, nonostante le attese di 6-7 rialzi dei tassi delle Fed nei prossimi 2 anni.

POCO IMPATTO DAI CAMBIAMENTI POLITICI


In Europa, non sembra che ci sia spazio per avventurarsi su un sentiero diverso da quello americano, nonostante le nevrosi germaniche sull’inflazione. L’Italia, e ancora di più la Francia, non possono permettersi un aumento del costo del debito, che comincia a diventare una preoccupazione anche nel club dei ‘frugali’ del Nord, e Christine Lagarde non dovrebbe fare troppa fatica a resistere alle pressioni dei ‘falchi’ della Bce, anche a prescindere dal fatto che Draghi traslochi al Quirinale da Palazzo Chigi o che Macron mantenga il posto all’Eliseo alle presidenziali della prossima primavera. E anche sull’altra sponda dell’Atlantico il quadro di fondo che conta per i mercati alla fine dovrebbe cambiare poco, vadano come vadano le elezioni di mid-term di novembre. Di fatto, sembra proprio che la pandemia abbia accelerato non solo la digitalizzazione, la svolta green e le nuove modalità di spesa e consumo, ma anche se non soprattutto il trend in atto dalla Grande Crisi del 2008 e da quella del debito europeo del 2011-12, vale a dire il passaggio di mano del timone economico dalla politica alle autorità monetarie.

MERCATI AL COMANDO


Il discorso sembra valere in qualche modo anche per la Cina, che ovviamente non dispone di una banca centrale indipendente e in grado di mettersi di traverso se necessario alla politica, ma dove il governo, che da quelle parti vuol dire il Partito, è sempre più attento agli equilibri dell’economia e del mercato rispetto ai dogmi dell’ideologia ‘socialista’. Se il 2022 e gli anni a seguire stanno preparando una sorta di ‘ritorno al futuro’ come scrive Ispi nel suo dossier sul ‘Mondo che Verrà’, sembra proprio un futuro in cui ‘comanda’ il mercato, sia come sismografo che rileva con precisione l’intensità e la pericolosità dei sommovimenti tellurici, sia come bussola che indica la rotta. Ai banchieri centrali e alle autorità economiche il compito di leggere in modo corretto le rilevazioni e muovere coerentemente la leva monetaria.

BOTTOM LINE


Se vogliamo, l’arrivo di Mario Draghi alla guida del governo italiano, con la sua affermazione di punto di riferimento per la politica europea alle prese con l’uscita della pandemia, simbolizza perfettamente il nuovo scenario. Se chiude il cerchio salendo al Quirinale e restandoci per sette anni tanto meglio, soprattutto per gli italiani.
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