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Verso la decarbonizzazione

Cina alla sfida globale dell’energia, meglio posizionata anche sul nucleare

In Occidente si torna a parlare di energia nucleare ma si continuano a smantellare le centrali mentre l’Asia e la Cina soprattutto accelera per rafforzare una posizione già forte nelle rinnovabili

di Stefano Caratelli 13 Settembre 2021 08:08
financialounge -  Bullettin cina energia ESG nucleare

Settant’anni fa americani e europei erano convinti che il futuro dell’energia sarebbe stato nucleare, o meglio atomico, come si diceva allora. Il presidente Dwight Eisenhower nel 1953 parlava alle Nazioni Unite dell’atomo per la pace come del nuovo orizzonte dopo l’uso bellico che ne avevano fatto gli americani contro il Giappone pochi anni prima, e l’Euratom fu uno dei primi due mattoni, l’altro era la Comunità del Carbone e dell’Acciaio, posati a Roma nei trattati del 1957 su cui costruire la futura Unione europea. La prima centrale elettrica atomica risale addirittura al 1951 in Idao, ma l’espansione globale parte negli anni 60 e dura fino alla fine degli anni 70, con un’accelerazione soprattutto in Europa e Giappone, per le varie crisi petrolifere, e in meno di vent’anni la produzione sale da un gigawatt a più di 100. Poi arrivano l’opposizione politica e sociale, alimentata dalla paura del conflitto atomico USA-URSS, e gli incidenti, da quello di Three Mile Island nel 1979 in Pennsylvania, a Chernobyl nel 1986, e infine Fukushima in Giappone 10 anni fa.

NON PERCEPITO COME GREEN NONOSTANTE EMISSIONI ZERO


Il risultato è che il nucleare, soprattutto nelle opinioni pubbliche dei paesi avanzati, non sia percepito come ‘green’ e sostenibile, nonostante le emissioni zero, la capacità praticamente illimitata, la non dipendenza dalle condizioni atmosferiche a differenza di eolico e solare, e sempre a differenza di queste due fonti la possibilità di essere usato per la propulsione di grandi navi e aerei, come già avviene in campo militare. Ora se ne torna a parlare, anche in Italia, che fu uno dei pionieri dell’atomo nel dopoguerra, con le primissime centrali in Europa e il Cnen, il Centro per l’energia nucleare poi ribattezzato in un più politically correct Enea. Nel mondo, l’elettricità prodotta col nucleare è scesa a circa il 10% del totale da quasi il 18% a metà degli anni 90. Gli americani restano i primi al mondo con circa un quinto del totale, quanto si è arrivati a produrre con eolico e solare combinati. Il problema della sicurezza sembra si stia avvicinando alla soluzione con le nuove piccole centrali modulari, che hanno il difetto di costare molto di più dei vecchi grandi impianti, che stanno arrivando alla fine del ciclo di vita per il quale erano stati progettati negli anni 70.

UN PARCO DI CENTRALI A FINE CICLO


Quindi il parco nucleare dei paesi sviluppati, che conta ancora nonostante le chiusure 94 reattori in USA, 56 in Francia, 48 in Giappone, è avviato sulla strada del pensionamento per anzianità. Il futuro del nucleare è nelle nuove centrali, che probabilmente non verranno costruite in Occidente o in Giappone, almeno per un bel po’, e quindi non avrà un ruolo importante nella decarbonizzazione energetica. Ma in Asia, che ovviamente vuol dire prima di tutto Cina, è tutto un altro discorso. Proprio la Cina, insieme alla Corea del Sud, è leader nella costruzione di centrali nucleari. Farle in Asia invece che in Europa o negli Stati Uniti costa più o meno un quarto, a cui si aggiunge il vantaggio di una migliore capacità di gestione dei progetti, che diventa cruciale se il trend è quello di passare dai vecchi mega-reattori da mille megawatt a quelli di nuova generazione da meno di 300. Costi, economie di scala, e sostanziale assenza di problematiche socio-politiche di avversità ideologica al nucleare, fanno dell’Asia la nuova probabile frontiera del nucleare.

MENTRE GLI ALTRI LE CHIUDONO LA CINA LE COSTRUISCE


La Cina è già ottimamente posizionata per trarre vantaggio dalla transizione energetica del mondo sviluppato, è un grande fornitore di componenti per l’eolico e il solare, ed è la fabbrica globale delle componenti per l’auto elettrica, a cominciare dalle batterie. Pechino si è anche data obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni, ma è anche un grandissimo consumatore di energia. Mentre il resto del mondo le chiude, la Cina le centrali nucleari le costruisce. Oggi ne ha già una cinquantina, ed è seconda solo agli USA e alla Francia a livello globale. Ma ne ha 17 di nuove già in costruzione e altre 100 pianificate per il 2035, quando diventerà di gran lunga il primo e principale produttore di energia elettrica da nucleare del mondo. Finora la competizione tecnologica con gli americani si è sviluppata soprattutto nel digitale, ma si sta profilando una competizione forse ancora più formidabile in campo energetico, che è strategico almeno quanto l’information technology.

BOTTOM LINE


La competizione è sempre una buona cosa per l’investitore, almeno finché viaggia sui binari pacifici della crescita e della prosperità. Vuol dire investimenti, e quindi opportunità di impiegare il capitale in modo redditizio. La Cina suscita molti timori e fibrillazioni, ma per continuare a crescere ha bisogno di un resto del mondo prospero con cui condividere almeno alcuni valori fondamentali. Magari non la democrazia nella versione occidentale, ma sicuramente ‘pace, sviluppo e giustizia’, per citare Xi Jinping.
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