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L'analisi

Liquidità e stabilità: il contributo dei fondi sovrani ai governi durante la pandemia

Lo studio Global Sovereign Asset Management di Invesco rivela che fondi sovrani e banche centrali  hanno ridotto le allocazioni all’obbligazionario, preferendo invece l’azionario e i mercati privati

di Leo Campagna 12 Luglio 2021 20:30
financialounge -  cina Invesco liquidità obbligazionario rally azionario Rod Ringrow

L’impatto della pandemia sulle finanze pubbliche ha indotto alcuni governi ad attingere ai capitali dei fondi sovrani per finanziare la spesa e arginare i deficit di bilancio. La pandemia costituisce infatti un tema primario del nono studio Global Sovereign Asset Management di Invesco. Un report nel quale sono illustrate le opinioni di 141 Chief Investment Officer, responsabili di asset class e Senior Portfolio Strategist di 82 fondi sovrani e 59 banche centrali a cui fanno capo, nel complesso, asset per 19 mila miliardi di dollari USA.

UN BUFFER PER I FUTURI CIGNI NERI


Uno degli aspetti messi in rilievo dai fondi sovrani è che la pandemia ha fatto emergere l’importanza della liquidità in generale, sia come buffer per futuri “cigni neri” che come fonte di flessibilità per sfruttare le eventuali opportunità di mercato come, per esempio, il rally azionario dal terzo trimestre 2020 in poi. In parallelo, è affiorato uno spostamento dell’asset allocation a seguito del calo dei rendimenti obbligazionari, nel quadro di ribasso dei tassi legato al generale allentamento delle politiche monetarie: un trend che ha spinto i fondi sovrani verso altre fonti di rendimento.

MENO OBBLIGAZIONI, PIU’ AZIONI


Le allocazioni obbligazionarie sono scese dal 34% al 30% a causa della ricomparsa dei timori di inflazione alimentata dagli stimoli, mentre l’esposizione all’equity è salita del 2% attestandosi al 28%: un ulteriore 30% di intervistati prevede di incrementare l’allocazione azionaria nei prossimi 12 mesi. “Le difficoltà fiscali hanno costretto i governi a richiedere aiuto ai fondi sovrani per arginare i deficit di spesa. Benché alcuni fossero adeguatamente preparati, altri hanno dovuto apportare rapide modifiche per generare liquidità. I fondi sovrani hanno inoltre compreso l’importanza del mantenimento della liquidità allo scopo di sfruttare le opportunità di mercato che si presentano di volta in volta” ha precisato Rod Ringrow, Head of Official Institutions di Invesco.

UN SIGNIFICATIVO AUMENTO DELL’ADOZIONE DEI PRINCIPI ESG


Lo studio ha inoltre rilevato un significativo aumento dell’adozione dei principi ambientali, sociali e di governance (ESG) nei portafogli di fondi sovrani e banche centrali dal 2017. Si è passati da un 46% al 64% di intervistati che adottano una politica ESG a livello organizzativo e dall’11% al 38% tra le banche centrali. In parallelo i fondi sovrani hanno inoltre accelerato la ricerca di opportunità d’investimento sostenibile.

RIMBALZO DELLE ECONOMIE EMERGENTI ASIA-PACIFICO


Da notare come la rapida risposta alla pandemia di Covid-19 abbia consentito il rimbalzo delle economie emergenti Asia-Pacifico e convinto il 40% dei fondi sovrani di tipo investment e il 56% di quelli di tipo liquidity che la Cina sia ora più interessante rispetto al livello pre-pandemia a discapito di Europa, Medio Oriente e altri mercati emergenti come America Latina e Africa. Il sondaggio di Invesco ha rilevato che il 75% dei fondi sovrani è stato indotto a investire in Cina dalla prospettiva di interessanti rendimenti locali, mentre un altro 57% ha considerato gli asset cinesi come un importante elemento di diversificazione del portafoglio.

IL FASCINO DELLA CINA


“Una migliore accessibilità e crescenti opportunità di interessanti rendimenti hanno incrementato il fascino della Cina. A questi fattori si sommano le innovazioni in aree come la tecnologia e la maggiore apertura di Pechino agli investimenti esteri in settori come le infrastrutture. Le aziende cinesi stanno inoltre migliorando la gestione delle problematiche ambientali. Per contro, continua ad essere elemento di preoccupazione la trasparenza in materia di corporate governance nonché l’aumento degli ostacoli operativi” conclude l’Head of Official Institutions di Invesco.
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