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Mercati italiani finalmente attraenti grazie all'arrivo di Mario Draghi

L’effetto Draghi può aggiungersi all’appeal rappresentato dai prezzi da saldi di Piazza Affari. La strategia del debito buono potrebbe dare l’esempio e accelerare l’integrazione europea

di Stefano Caratelli 8 Febbraio 2021 08:22
financialounge -  crisi di governo Mario Draghi Piazza Affari Weekly Bulletin

Se la Banca Centrale rifiutasse di finanziare il debito dello Stato sarebbe un atto sedizioso. Anno 1971, considerazioni finali di Guido Carli, allora governatore di Bankitalia, che vent’anni dopo da ministro del Tesoro avrebbe chiamato un poco più che quarantenne Mario Draghi come suo direttore generale. Lette in trasparenza, le parole di mezzo secolo fa di Carli sembrano anticipare la dottrina del debito buono e del debito cattivo, enunciata dal suo erede e prosecutore Draghi nell’estate del 2020, quando forse aveva già deciso che se il presidente della Repubblica lo avesse chiamato non si sarebbe tirato indietro.

ABUSO DEL RICORSO AL DEBITO


Nel decennio successivo alle parole di Carli, la politica italiana abusò del credito garantito dalla Banca Centrale facendo una montagna di debito cattivo per spendere a piene mani in iniziative folli, come quella del 1973 del governo Rumor di mandare la gente in pensione a 35 anni. L’ubriacatura da debito cattivo costrinse al ‘divorzio’ tra Tesoro e Bankitalia nel 1981, aprendo la strada a un processo che nel giro di pochi anni avrebbe portato a sottoporre al giudizio dei mercati la sostenibilità del debito italiano.

IL BIVIO DELLA CRISI DEL 2011


Quando è arrivato al timone della BCE nel novembre del 2011, Draghi si è trovato di fronte al bivio: da una parte la strada dell’ortodossia sovversiva, vale a dire lasciare che l’insostenibilità del debito sovrano di alcuni paesi affondasse l’euro insieme probabilmente alla tenuta sociale e democratica dei paesi membri, dall’altra la strada del sostegno monetario fatta di acquisti sul mercato dei titoli di Stato. Tenendo presente però che c’è un debito buono e un debito cattivo.

QUANDO IL DEBITO ERA SOLO CATTIVO


La linea di confine tra i due regni Draghi l’aveva già tracciata tre mesi prima di assumere la guida della Bce, nella famosa lettera all’Italia firmata da governatore italiano insieme al suo predecessore Trichet. Per sette anni il problema di Draghi è stato sempre lo stesso, avere contro una fazione minoritaria ma molto pesante fatta di Germania e satelliti nella cui cultura il debito buono non esiste, tanto che in tedesco per dire debito e colpa si usa la stessa parola: Schuld.

ANCHE I TEDESCHI SI SONO CONVERTITI


Nonostante il voto regolarmente contrario della Bundesbank, Draghi è andato avanti come un carrarmato con il suo Quantitative Easing e i tassi zero, tenendo a galla il sistema, non solo monetario e finanziario, ma anche politico e sociale, di tutta l’Eurozona, Germania compresa. Christine Lagarde sta andando avanti sulla stessa strada con qualche zoppicamento lessicale, ma la vera novità è che, complice la pandemia, anche i tedeschi si sono convertiti alla dottrina del debito buono, che è l’essenza del Next Generation EU, che porta le firme teutoniche di Ursula von der Leyen e Angela Merkel.

USCIRE DAL TUNNEL DELLA CRESCITA ZERO


Come tutte le dottrine, anche quella del debito buono deve essere validata, come insegna Karl Popper, vale a dire superare il test del suo effettivo funzionamento nel mondo reale. Draghi alla guida del governo italiano può calare nel mondo reale la dottrina del debito buono, tirando fuori il paese dal tunnel della crescita zero in cui è infilato da 20 anni e certificando la validità della ricetta anche per il resto d’Europa. Il patto di stabilità è sospeso a tempo indeterminato, ma non potrà essere riesumato così com’era. L’ideale sarebbe aprire adesso un cantiere che abbia come punto d’arrivo il completamento dell’unione fiscale e bancaria e la creazione di un ministero del Tesoro europeo, capace di riscuotere tasse federali e emettere debito federale.

UN CANTIERE ITALIANO PER L’EUROPA


Il debito targato Europa tra l’altro esiste già con le prime emissioni a carico del bilancio comunitario per finanziare il programma SURE e proseguirà per alimentare la Next Generation EU. Un anno di cura Draghi, con il varo e l’approvazione europea di un Recovery Plan dettagliato e efficiente e l’avvio di due-tre riforme strutturali con una road map ben tracciata, potrebbe dare una forte accelerazione al processo e persino fare dell’Italia un modello per il resto d’Europa. A febbraio del prossimo anno Draghi potrebbe continuare il lavoro sia in Italia che in Europa da una cabina di regia collocata sul più alto dei sette colli di Roma, vale a dire il Quirinale.

BOTTOM LINE


Per l’investitore che guarda all’Italia il fattore Draghi si aggiunge all’appeal dei prezzi da saldo degli asset soprattutto azionari. Tenendo a mente che resta uno strano paese dove le sorprese sono sempre in agguato, capace di produrre colossi di calibro globale come Draghi o Guido Carli ma non di darsi con continuità una classe politica mediamente accettabile per un membro del G7 e seconda potenza industriale d’Europa.
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