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Oltre le apparenze

I miti da sfatare negli investimenti sostenibili

Secondo gli esperti di Candriam, da oltre 20 anni attiva nell’investimento sostenibile, i preconcetti persistenti costituiscono un potenziale freno per gli investitori responsabili. Ecco la realtà dei fatti su alcuni miti da sfatare

di Leo Campagna 6 Luglio 2020 09:49
financialounge -  Candriam daily news ESG investimenti sostenibili performance

Nonostante una crescita esponenziale trainata negli ultimi anni dagli investitori istituzionali, l’investimento sostenibile ha esercitato un minore appeal nei confronti dei consulenti finanziari e del pubblico retail. Tra le ragioni che possono spiegare questa divergenza, spicca la serie infinita di acronimi utilizzati — ESG, SRI, SDG, PRI ecc. — che può creare confusione. Secondo gli esperti di Candriam, da oltre 20 anni attiva nell’investimento sostenibile, anche i preconcetti persistenti, molti dei quali hanno un fondamento di realtà e per questo tanto difficili da sradicare, costituiscono un potenziale freno. “Essere informati sulla realtà dei fatti permette di navigare in modo più consapevole nell’universo complesso dell’investimento sostenibile e fare significativi passi in avanti”, specificano i professionisti di Candriam che, in questo articolo, approfondiscono due di questi miti da sfatare, cercando di superare i luoghi comuni dell’investimento sostenibile

MITO 1 : LE STRATEGIE SOSTENIBILI SONO SOTTOPERFORMANTI


Molti investitori restano convinti che per investire rispettando i principi ESG (ambientali, sociali e di governance) sia necessario sacrificare i rendimenti. In realtà, è dimostrato empiricamente che le strategie sostenibili possono generare un’extra performance - e spesso lo fanno – rispetto alle strategie convenzionali. Nel 2015 il mondo accademico ha analizzato oltre 2.000 studi allo scopo di confrontare le società con profili ESG solidi con quelle con connotati ambientali e sociali più deboli. Gli autori della ricerca hanno rilevato che le società caratterizzate da profili ESG solidi, ovvero focalizzate sulle realtà che mettono in atto buone prassi ESG, tendono a generare performance superiori a quelle delle controparti non ESG grazie alla capacità di selezionare le società più virtuose. La ricerca si conclude affermando che “il business case per l’investimento ESG è sostenuto da evidenze chiare, che sono in netto contrasto con la percezione diffusa tra gli investitori”.

LO STUDIO DI MORNINGSTAR


Nel febbraio 2019, Morningstar, uno dei più autorevoli provider indipendenti di analisi sui fondi comuni, ha pubblicato uno studio dal quale emergeva che il 63% dei fondi sostenibili aveva chiuso il 2018 classificandosi nella prima metà delle rispettive categorie. Gli analisti di Morningstar hanno rilevato che i fondi azionari sostenibili aveva registrato una performance migliore rispetto alle controparti tradizionali nel 2018, in un contesto di mercato negativo e volatile per l’azionario. È senz’altro vero che le strategie ESG sono eterogenee e non sempre in grado di sovraperformare, tuttavia sia la ricerca accademica che i rendimenti reali analizzati da provider indipendenti dimostrano che investire con un approccio sostenibile non significa necessariamente rinunciare alla performance.

MITO 2: L’INVESTIMENTO SOSTENIBILE SI LIMITA A ESCLUDERE I “CATTIVI”


Gli approcci d’investimento sostenibile basati sui filtri di esclusione tendono a evitare azioni o obbligazioni di società che producono o distribuiscono alcool, tabacco, armi da fuoco, pornografia e anche i gestori di casinò. In parallelo, tuttavia, si stanno diffondendo approcci sempre più ‘inclusivi’ all’ESG, integrando i fattori di sostenibilità nell’intero processo di investimento. I Principi di investimento responsabile (PRI), promossi dalle Nazioni Unite, cercano di incoraggiare tali approcci ed hanno stabilito delle linee guida affinché i gestori degli investimenti possano integrare formalmente l’analisi ESG, come dimostrato nella figura seguente.

 

Figura 1: Linee guida PRI per l'integrazione formale dell'analisi ESG a opera dei gestori degli investimenti

 

Tutti i firmatari dei PRI, sia gestori patrimoniali che titolari di asset, tra i quali Candriam, che nella relazione annuale 2018 rappresentavano un patrimonio totale pari a quasi 90.000 miliardi di dollari, si sono impegnati a inserire l’integrazione ESG nei loro processi di investimento. Alla base dell’iniziativa PRI c’è la convinzione che promuovere l’investimento in società dotate di solidi profili ESG avrà effetti positivi su scala globale. Gli approcci basati sull’esclusione continuano a esistere ma il futuro dell’investimento sostenibile è sempre più nell’integrazione dei fattori ESG, ritenuta dai gestori degli investimenti un valore aggiunto per i propri clienti.
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