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Allarme povertà tra i calciatori, tutta colpa degli investimenti sbagliati

Sei ex calciatori italiani su dieci, a cinque anni dal ritiro, sono a rischio povertà. Scarsa istruzione e investimenti avventati sono i problemi più grandi, spiega Guglielmo Stendardo, ex difensore diventato avvocato

di Antonio Cardarelli 18 Novembre 2019 18:10
financialounge -  calcio investimenti

Sei ex calciatori italiani su dieci sono a rischio povertà. Difficile da credere, perché il mondo del calcio viene associato a stipendi con molti zeri, ville e auto di lusso. Ma i dati portati alla luce da Guglielmo Stendardo, ex grintoso difensore di Lazio e Atalanta, oggi avvocato e docente di diritto sportivo alla Luiss, lasciano pochi dubbi.

GRAVE LA SITUAZIONE ITALIANA


In un’intervista a Leggo, Stendardo si concentra in particolare sull’Italia. Nel nostro Paese la situazione degli ex calciatori è ancora più grave rispetto al resto d’Europa, dove il rischio di vivere al di sotto della soglia di povertà riguarda 4 professionisti su 10 a cinque anni dal ritiro.

MIRAGGIO CRISTIANO RONALDO


Scarsa istruzione e investimenti finanziari sbagliati. Sono questi i due motivi principali all’origine dei problemi economici dei calciatori di Serie A, Serie B e Prima Divisione dopo il ritiro. Perché la maggior parte di loro – come gli altri comuni mortali – possono solo sognare i 30 milioni di euro netti di ingaggio di Cristiano Ronaldo e si devono accontentare di cifre molto più modeste.

PENSARE AL DOPO RITIRO


Solo il 10% dei circa 3000 calciatori professionisti italiani, sottolinea Stendardo, guadagna una cifra che può permette di non lavorare dopo il ritiro. Tutti gli altri, e farebbero bene a farlo durante la carriera, devono pensare a un lavoro da fare quando i riflettori dello stadio si spegneranno per sempre.

7 SU 10 SI FERMANO IN TERZA MEDIA


L’istruzione carente è forse l’ostacolo più grande. Se si escludono casi rari come lo stesso Stendardo o Chiellini (laureato in economia con una tesi, ovviamente, sul business model della Juventus), la laurea resta un tabù per i giocatori di calcio. “Non è possibile che il 70% dei nostri calciatori abbia la terza media - spiega l’avvocato Stendardo – perché il giovane calciatore tende a trascurare l’istruzione”.

TENORE DI VITA ELEVATO


La tendenza ad avere un tenore di vita elevato durante gli anni di attività non aiuta, perché il ridimensionamento è complicato “e lì iniziano i disastri”. Per ovviare a questo rischio, Stendardo propone la creazione di un fondo di accantonamento per almeno 5 anni e la creazione di polizze che offrano rendite vitalizie per gli atleti.

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INVESTIMENTI SBAGLIATI


Ma uno dei problemi principali riguarda la mancanza di educazione finanziaria che accomuna i calciatori, in questo caso senza distinzioni tra campionissimi e pedatori di serie minori. Anche un paio di Palloni d’Oro sono incappati in seri problemi finanziari per investimenti sbagliati o sciatteria. E’ il caso di Ronaldinho, che nel 2015 ha visto lievitare una multa fino a 2 milioni di euro, mentre il Divin Codino Roberto Baggio ci ha rimesso 7 miliardi di lire (parliamo del 1996) per una truffa orchestrata da alcuni promoter. O ancora il caso di Gigi Buffon, che qualche anno fa ha investito nell’azienda tessile Zucchi finendo col perdere circa 8 milioni di euro.

RIVOLUZIONE CULTURALE


"In troppi trascurano le più elementari regole degli investimenti - conclude Stendardo - Spesso sono errori grossolani di valutazione, ma di frequente sono anche scelte di manager e agenti senza scrupoli che non fanno gli interessi dei giocatori ma li conducono a rovine finanziarie. Serve rispetto delle regole e onestà nell’affrontare i problemi. Ma, soprattutto, serve una rivoluzione culturale in questo sport".
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