BTP
Spread, effetto placebo da S&P: nuove turbolenze in arrivo
L’agenzia americana ha graziato l’Italia e lo spread ne beneficia con i titoli bancari, ma le incertezze che preoccupano gli investitori sono destinate a pesare almeno fino alle elezioni europee
29 Aprile 2019 15:00
L’effetto S&P, l’agenzia americana che venerdì sera ha ‘graziato’ l’Italia da un downgrade mantenendo intatti rating e outlook, alla fine è arrivato tonificando Btp, spread con il Bund tedesco e soprattutto i titoli bancari, per i quali l’andamento del differenziale di rendimento del debito conta ormai più dei risultati di bilancio. Il rientro dello spread si mantiene modesto, con il gap di rendimento che continua a viaggiare sopra i 250 punti, ben sopra i minimi sotto 240 toccati a febbraio e marzo e a distanza stellare dal livello poco sopra i 120 punti a cui viaggiava ad aprile un anno fa. Distanza stellare anche dai 112 punti del Portogallo, sempre rispetto al Bund tedesco, o dai 103 punti della Spagna. Siamo più vicini ai 330 punti che distanziano i titoli del debito greco, in costante discesa da metà 2015 in corrispondenza con il miglioramento dei conti pubblici, che hanno consentito ad Atene qualche giorno fa di annunciare il rimborso anticipato del prestito del Fondo Monetario.
La domanda ora è se e quanto dura. Lo spread non è solo il termometro della fiducia degli investitori nella sostenibilità del debito italiano, è anche il termometro dell’incertezza, quella politica prima di tutto. E man mano che si avvicina la scadenza del 23-26 maggio, quando tutti i paesi dell’Unione andranno a votare per rinnovare il Parlamento Europeo, l’incertezza politica sembra proprio destinata ad aumentare. La ricerca di consenso dei due partiti al governo inevitabilmente spinge a esasperare le differenze, e non le convergenze, rendendo più complesso e difficile un processo decisionale già abbastanza problematico. Sono tensioni che possono esitare in una crisi che potrebbe essere lunga, con conseguente paralisi politica, e alla fine portare a elezioni anticipate all’inizio del prossimo anno? E’ la domanda che si fanno i mercati senza trovare per ora molte risposte. Per questo il margine di recupero dello spread sembra limitato, almeno fino alla mattina del 27 maggio.
Poi si vedrà. A quel punto infatti si apre una lunga stagione, destinata a prolungarsi fino ad autunno inoltrato, con Bruxelles e Strasburgo, non più Roma, al centro del palcoscenico politico. Il processo di formazione del nuovo governo europeo, cioè la Commissione oggi presieduta da Jean-Claude Juncker, è molto lungo e complicato. Dopo le elezioni infatti spetta al Consiglio Europeo proporre i nomi dei componenti della nuova Commissione e del presidente attraverso complicate negoziazioni tra governi nazionali e partiti. Il Parlamento alla fine dovrà ratificare la scelta con il voto. Si arriverà a fine ottobre o inizio novembre, proprio quando scade anche il mandato del vertice della Bce, con Mario Draghi non rinnovabile che dovrà passare la mano. E’ inevitabile che le due cose si intreccino con una distribuzione tra paesi e tra partiti delle cariche di commissari e nuovi componenti del board della Bce.
La rappresentanza italiana in questo gioco complesso, e il peso che eventualmente riuscirà a esercitare, sarà molto rilevante anche per lo spread. La Bce a trazione Draghi è stata una garanzia di ferro per la tenuta dell’euro e dei paesi, come l’Italia, più esposti al rischio debito. Prima della crisi del debito sovrano, iniziata a montare nel 2010 con epicentro Grecia, la dimensione del debito e la sua sostenibilità nei singoli paesi non era percepita come un rischio. Lo spread italiano, come quello degli altri paesi del Sud Europa, viaggiava a una manciata di punti base rispetto alla Germania. Poi la possibilità concreta che un paese, la Grecia, potesse venire espulso dalla moneta unica magari seguito da altri ha minato alla radice quella certezza facendo allargare a dismisura gli spread. Il wathewer it takes lanciato da Draghi nel 2012 ha evitato il collasso della costruzione monetaria europea, ma il dubbio ha continuato a serpeggiare tra gli investitori e si è riacceso a maggio dell’anno scorso con i riflettori puntati sull’Italia, quando una bozza di programma poi smentita ipotizzava l’uscita dalla moneta unica.
Poi le acque si sono calmate, ma non più di tanto. Il rischio Italia oggi è prezzato più o meno la metà rispetto a fine 2011, quando lo spread raggiunse e superò i 500 punti, ma il doppio rispetto al dopo elezioni del marzo scorso. Il mini ‘relief rally’ post S&P è solo un episodio minore e probabilmente temporaneo di una lunga storia. Qualche turbolenza nelle prossime tre-quattro settimane è più che prevedibile.
UN MARGINE DI RECUPERO LIMITATO
La domanda ora è se e quanto dura. Lo spread non è solo il termometro della fiducia degli investitori nella sostenibilità del debito italiano, è anche il termometro dell’incertezza, quella politica prima di tutto. E man mano che si avvicina la scadenza del 23-26 maggio, quando tutti i paesi dell’Unione andranno a votare per rinnovare il Parlamento Europeo, l’incertezza politica sembra proprio destinata ad aumentare. La ricerca di consenso dei due partiti al governo inevitabilmente spinge a esasperare le differenze, e non le convergenze, rendendo più complesso e difficile un processo decisionale già abbastanza problematico. Sono tensioni che possono esitare in una crisi che potrebbe essere lunga, con conseguente paralisi politica, e alla fine portare a elezioni anticipate all’inizio del prossimo anno? E’ la domanda che si fanno i mercati senza trovare per ora molte risposte. Per questo il margine di recupero dello spread sembra limitato, almeno fino alla mattina del 27 maggio.
LA LUNGA STAGIONE DEL RICAMBIO EUROPEO
Poi si vedrà. A quel punto infatti si apre una lunga stagione, destinata a prolungarsi fino ad autunno inoltrato, con Bruxelles e Strasburgo, non più Roma, al centro del palcoscenico politico. Il processo di formazione del nuovo governo europeo, cioè la Commissione oggi presieduta da Jean-Claude Juncker, è molto lungo e complicato. Dopo le elezioni infatti spetta al Consiglio Europeo proporre i nomi dei componenti della nuova Commissione e del presidente attraverso complicate negoziazioni tra governi nazionali e partiti. Il Parlamento alla fine dovrà ratificare la scelta con il voto. Si arriverà a fine ottobre o inizio novembre, proprio quando scade anche il mandato del vertice della Bce, con Mario Draghi non rinnovabile che dovrà passare la mano. E’ inevitabile che le due cose si intreccino con una distribuzione tra paesi e tra partiti delle cariche di commissari e nuovi componenti del board della Bce.
Allineamenti anomali dei mercati: timori recessione, ma Usa e Cina vanno
Allineamenti anomali dei mercati: timori recessione, ma Usa e Cina vanno
DAL 2010 TUTTO È CAMBIATO
La rappresentanza italiana in questo gioco complesso, e il peso che eventualmente riuscirà a esercitare, sarà molto rilevante anche per lo spread. La Bce a trazione Draghi è stata una garanzia di ferro per la tenuta dell’euro e dei paesi, come l’Italia, più esposti al rischio debito. Prima della crisi del debito sovrano, iniziata a montare nel 2010 con epicentro Grecia, la dimensione del debito e la sua sostenibilità nei singoli paesi non era percepita come un rischio. Lo spread italiano, come quello degli altri paesi del Sud Europa, viaggiava a una manciata di punti base rispetto alla Germania. Poi la possibilità concreta che un paese, la Grecia, potesse venire espulso dalla moneta unica magari seguito da altri ha minato alla radice quella certezza facendo allargare a dismisura gli spread. Il wathewer it takes lanciato da Draghi nel 2012 ha evitato il collasso della costruzione monetaria europea, ma il dubbio ha continuato a serpeggiare tra gli investitori e si è riacceso a maggio dell’anno scorso con i riflettori puntati sull’Italia, quando una bozza di programma poi smentita ipotizzava l’uscita dalla moneta unica.
TURBOLENZE PREVEDIBILI IN ARRIVO
Poi le acque si sono calmate, ma non più di tanto. Il rischio Italia oggi è prezzato più o meno la metà rispetto a fine 2011, quando lo spread raggiunse e superò i 500 punti, ma il doppio rispetto al dopo elezioni del marzo scorso. Il mini ‘relief rally’ post S&P è solo un episodio minore e probabilmente temporaneo di una lunga storia. Qualche turbolenza nelle prossime tre-quattro settimane è più che prevedibile.
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