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Idee di investimento – Azioni – 02 gennaio 2017

2 Gennaio 2017 09:27

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17 la gestione attiva di portafoglio dovrebbe consentire di sfruttare, al contrario di quella passiva, le nicchie di valore ancora presenti nei mercati azionari. Nel 2017, infatti, si prevedono ostacoli non di poco conto sia in ambito azionario che in quello obbligazionario. Ecco perché, come sostiene nell’articolo “Il 2017 potrebbe essere l’anno del ritorno della gestione attiva” Larry Hatheway, capo economista di GAM, i fondi a indirizzo azionario che replicano gli indici, difficilmente potranno registrare buone performance nel 2017: un fenomeno che dovrebbe riportare l’attenzione degli investitori sui prodotti a gestione attiva. “Le strategie passive ma anche quelle pseudo-attive incapaci cioè di assumere rischi in termini di scommesse direzionali, sembrano esposte a penalizzazioni di rilievo. Le possibilità di rendimenti generalizzati positivi offerti dal mercato sono davvero limitate rispetto ai rendimenti che si potranno potenzialmente ricavare sfruttando la significativa divergenza tra gestioni di tipo regionale, settoriale, di stile di gestione e specifiche su alcuni selezionati titoli” puntualizza Larry Hatheway, secondo il quale, nei mercati azionari persistono nicchie di valore, che però sembrano precluse alle strategie ad ampio spettro che, se anche ne fossero esposte, ne beneficerebbero solo in misura irrilevante. “Stiamo privilegiando i titoli ciclici e le società che dovrebbero trarre beneficio dalla debolezza valutaria, come il mercato giapponese” puntualizza Larry Hatheway.

Proprio l’azionario Giappone, pur essendo caratterizzato da un’alta volatilità, vanta valutazioni attraenti: il mercato potrebbe quindi premiare la capacità di crescita degli utili. Secondo Ernst Glanzmann, responsabile delle strategie azionarie per il Giappone di GAM, l’outlook per l’azionario giapponese è migliorato in maniera significativa da quando la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di fissare una soglia minima ai rendimenti dei titoli di stato, in parallelo all’euforia scattata sui mercato a seguito dell’esito elettorale negli Stati Uniti. Tra i settori da tenere sotto osservazione sul listino di Tokyo, in base a quanto affermato da Ernst Glanzmann nell’articolo “Azionario Giappone, le condizioni per essere un listino best performer 2017”, ci sono i titoli del settore finanziario che ha un peso di rilievo sull’indice e che evidenzia potenzialità di crescita degli utili interessanti. Un altro settore interessante è quello dei beni di consumo discrezionali (soprattutto, ma non solo, auto) che dovrebbe beneficiare dalle vendite negli Stati Uniti e in Cina e di una domanda di automobili in India che sta acquisendo sempre maggiore importanza. E, visto che lo yen inizia a indebolirsi anche gli industriali giapponesi dovrebbero mostrare performance brillanti così come i segmenti più direttamente legati alle condizioni economiche globali, come ad esempio quello dei macchinari,apparecchiature per le costruzioni e compagnie estrattive che traggono vantaggio da una risalita del prezzo delle materie prime.

Nel frattempo, l’attenzione degli analisti è tutta rivolta all’evoluzione della politica economica americana. La minore pressione fiscale attesa dovrebbe contribuire a far lievitare la fiducia dei consumatori e degli investimenti da parte delle imprese mentre gli effetti degli stimoli fiscali alle infrastrutture sembrano meno percepibili nel breve termine. “Si tratta di cambiamento di rilievo che prende corpo proprio nel momento in cui gli asset rischiosi sono molto sopravvalutati, a causa di una politica monetaria accomodante che prosegue da diversi anni, e ciò può creare una disaffezione durevole in grado di manifestarsi per più mesi sotto forma di stagnazione delle Borse”, spiega nell’articolo “Borse 2017, ecco come andare alla ricerca del rendimento”, Head of investment & client solutions di Natixis Asset Management, che poi aggiunge: “Attualmente siamo positivi sulle azioni americane, sebbene siano un po' sopravvalutate”. Franck Nicolas, che in Europa sottopesa sia le azioni che i tassi, sostiene poi la selezione nell’ambito dei mercati emergenti: “Sebbene i fondamentali siano in via di stabilizzazione, l’aumento del dollaro potrebbe essere un freno per la crescita di alcune aree in via di sviluppo”, conclude il manager.

Un tema di rilievo resta poi quello relativo all’aumento dei rendimenti del mercato obbligazionario e al fatto che costituisca o meno un fattore positivo per le banche. La risposta, come emerge dall’articolo “Banche, il passaggio dalla deflazione alla reflazione premia quelle USA”, sembrerebbe affermativa soprattutto negli Stati Uniti, dove negli ultimi 30 anni emerge una forte relazione tra il rialzo dei tassi di interesse e l’aumento dei margini di intermediazione delle banche. Il robusto rialzo dei tassi dei titoli di stato (volati di oltre un punto percentuale di rendimento dal l’1,37% di luglio al 2,5% attuale), associato con maggiori aspettative di crescita e inflazione, proiettano le prospettive per gli istituti di credito americani su livelli di forte interesse per gli investitori. Al contrario in Europa, a fronte di impatti positivi per un aumento dei tassi del mercato obbligazionario, il settore bancario continua ad essere esposto a problemi critici: da quello legato alle sofferenze in portafoglio agli aumenti di capitale necessari a ricostituire la base patrimoniale, dalla crescita economica anemica della zona euro all’inflazione ancora ben lontana dal target della BCE (2%).

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