idee di investimento
Idee di investimento – Obbligazioni – 27 dicembre 2016
27 Dicembre 2016 10:34
ssime decisioni dell’amministrazione Trump, in tema economico e fiscale, dovrebbero incrementare le aspettative di crescita e di inflazione facendo aumentare i tassi obbligazionari e calare la propensione al rischio. Lo sostiene, nell’articolo “Tassi obbligazionari, se il rialzo prosegue pericoli anche per gli asset rischiosi”, Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments.
Per esempio, i mercati emergenti potrebbero essere penalizzati dalle prossime mosse di Trump sebbene non tutti allo stesso modo: selezionando i paesi è possibile ridurre gli impatti. Lo rivela nell’articolo “Mercati emergenti, le mosse di Trump obbligano a scelte selettive”, Paul McNamara, gestore del fondo GAM Star Emerging Market Rates di GAM. Il manager, in particolare, ritiene che il punto chiave per l’amministrazione Trump sia rappresentata dalla produzione manifatturiera: un aspetto che potrà avere l’impatto maggiormente negativo in Messico, dato che gli stabilimenti di produzione di automobili saranno riportati sotto la produzione domestica statunitense. Paul McNamara sottolinea infatti che, qualora la promessa minacciata in campagna elettorale di dazi del 45% sull’intera produzione manifatturiera messicana fosse messa in pratica, le importazioni americane dal Messico perderebbero il loro appeal di alternativa a basso costo. Ma a rischio di implicazioni derivanti dalle politiche messe in atto dal neo presidente americano sono anche Israele e l’Asia. “Altri Paesi che risultano tra i maggiori esportatori di prodotti manifatturieri verso gli Stati Uniti sono Israele (soprattutto per quanto riguarda prodotti di sicurezza high-tech che, tuttavia, non risultano facilmente implementabili negli obsoleti distretti produttivi industriali americani) e l’Asia” riferisce Paul McNamara che, al contrario, mantiene un giudizio positivo su Russia, Brasile e Indonesia,che sembrerebbero godere di una migliore protezione in virtù del fatto che sono sostanzialmente paesi produttori di materie prime.
In ogni caso, secondo Sergio Trigo Paz, Responsabile EM fixed income di BlackRock, e Pablo Goldberg, portfolio strategist, parte del team EM fixed income di BlackRock, l’ultima correzione del mercato ha restituito una indubbia attrattiva al debito emergente. È vero, ammettono i due manager, che il consenso di mercato vede ancora implicazioni negative sui mercati emergenti per tutto il prossimo anno, ma ci sono diverse ragioni per cui è possibile credere che il debito emergente possa registrare performance superiori ad altre categorie obbligazionarie nel corso dei prossimi 12 mesi: dal miglioramento dei fondamentali dei paesi in via di sviluppo alle implicazioni positive derivanti dal piano di ammodernamento delle infrastrutture negli Stati Uniti (che sosterranno i prezzi delle materie prime) fino ad un orientamento graduale verso una politica monetaria meno accomodante del passato. “Privilegiamo i titoli high yield ai titoli con rating investment grade del debito emergente e gli esportatori di materie prime rispetto agli esportatori a basso rendimento. Inoltre preferiamo mantenere una view di breve durata, almeno per ora” precisano, nell’articolo “Debito emergente, la correzione post elezioni USA ne ha rafforzato le valutazioni”, Sergio Trigo Paz e Pablo Goldberg.
A proposito di high yield, quelli americani piacciono molto a Andrew Harmstone, Managing Director di Morgan Stanley Investment Management. “Siamo convinti che lo spread, il differenziale di rendimento tra l’high yield USA e quello europeo, offra attualmente un’opportunità. Riteniamo che il distress ratio (cioè il rapporto tra emittenti insolventi sul totale) stia calando grazie alla ripresa delle materie prime, al buon stato di salute complessivo dell’economia globale e alla stabilizzazione dei corsi petroliferi” fa sapere, nell’articolo “High yield USA, una riserva di rendimento per l’investitore obbligazionario”, Andrew Harmstone che poi aggiunge: “L’opportunità potenziale che scorgiamo nell’high yield statunitense è in larga misura riconducibile al cosiddetto ‘cuscinetto delle cedole’ generato dai coupon più elevati pagati negli USA”. Tale cuscinetto svolge una funzione di airbag nel momento in cui l’aumento dei tassi d’interesse fa scendere il valore delle obbligazioni: un investitore perderà denaro sulla posizione obbligazionaria, ma incasserà comunque la cedola, ipotizzando che l’emittente adempia al suo obbligo di pagare il reddito promesso. “Ciò può contribuire ad ammortizzare il colpo dell’incremento dei tassi. In genere, il cuscinetto delle cedole potrebbe essere definito come l’aumento percentuale di rendimento che provocherebbe un calo dei prezzi abbastanza ampio da annullare il guadagno derivante dal dividendo annuo del titolo obbligazionario”.
Nel scenario 2017 più probabile, Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, intravede il neo presidente americano Trump che implementa prevalentemente la propria agenda pro-crescita, stimolando una maggiore crescita, un incremento dell’inflazione e del deficit di bilancio. La Federal Reserve rialza quattro volte i tassi di interesse mentre i rendimenti del mercato obbligazionario continuano a crescere. Nella zona euro, invece, si sviluppa una ‘Soft Brexit’ mentre sia le elezioni che la crisi migratoria non provocano particolari turbolenze. Inoltre la UE permette deficit di bilancio più elevati mentre la BCE lascia invariati i tassi sebbene proceda con la graduale riduzione del programma di acquisto sul mercato di obbligazioni a partire dal 4 ° trimestre 2017. Per quanto riguarda i titoli di stato, la raccomandazione di Christophe Bernard che emerge dall’articolo “Prospettive 2017, chi vincerà la sfida tra reflazione e stagflazione” è di sottopeso. Il rendimento dei bund non è affatto attraente mentre le obbligazioni americane forniscono un profilo di rendimento asimmetrico deve le aspettative di inflazione superano le attuali valutazioni. Sottopeso, complessivo, anche nel credito ma alcune differenze: sottopeso nelle obbligazioni societari investment grade, peso neutrale negli high yield e sottopeso nel debito dei mercati emergenti.
Per esempio, i mercati emergenti potrebbero essere penalizzati dalle prossime mosse di Trump sebbene non tutti allo stesso modo: selezionando i paesi è possibile ridurre gli impatti. Lo rivela nell’articolo “Mercati emergenti, le mosse di Trump obbligano a scelte selettive”, Paul McNamara, gestore del fondo GAM Star Emerging Market Rates di GAM. Il manager, in particolare, ritiene che il punto chiave per l’amministrazione Trump sia rappresentata dalla produzione manifatturiera: un aspetto che potrà avere l’impatto maggiormente negativo in Messico, dato che gli stabilimenti di produzione di automobili saranno riportati sotto la produzione domestica statunitense. Paul McNamara sottolinea infatti che, qualora la promessa minacciata in campagna elettorale di dazi del 45% sull’intera produzione manifatturiera messicana fosse messa in pratica, le importazioni americane dal Messico perderebbero il loro appeal di alternativa a basso costo. Ma a rischio di implicazioni derivanti dalle politiche messe in atto dal neo presidente americano sono anche Israele e l’Asia. “Altri Paesi che risultano tra i maggiori esportatori di prodotti manifatturieri verso gli Stati Uniti sono Israele (soprattutto per quanto riguarda prodotti di sicurezza high-tech che, tuttavia, non risultano facilmente implementabili negli obsoleti distretti produttivi industriali americani) e l’Asia” riferisce Paul McNamara che, al contrario, mantiene un giudizio positivo su Russia, Brasile e Indonesia,che sembrerebbero godere di una migliore protezione in virtù del fatto che sono sostanzialmente paesi produttori di materie prime.
In ogni caso, secondo Sergio Trigo Paz, Responsabile EM fixed income di BlackRock, e Pablo Goldberg, portfolio strategist, parte del team EM fixed income di BlackRock, l’ultima correzione del mercato ha restituito una indubbia attrattiva al debito emergente. È vero, ammettono i due manager, che il consenso di mercato vede ancora implicazioni negative sui mercati emergenti per tutto il prossimo anno, ma ci sono diverse ragioni per cui è possibile credere che il debito emergente possa registrare performance superiori ad altre categorie obbligazionarie nel corso dei prossimi 12 mesi: dal miglioramento dei fondamentali dei paesi in via di sviluppo alle implicazioni positive derivanti dal piano di ammodernamento delle infrastrutture negli Stati Uniti (che sosterranno i prezzi delle materie prime) fino ad un orientamento graduale verso una politica monetaria meno accomodante del passato. “Privilegiamo i titoli high yield ai titoli con rating investment grade del debito emergente e gli esportatori di materie prime rispetto agli esportatori a basso rendimento. Inoltre preferiamo mantenere una view di breve durata, almeno per ora” precisano, nell’articolo “Debito emergente, la correzione post elezioni USA ne ha rafforzato le valutazioni”, Sergio Trigo Paz e Pablo Goldberg.
A proposito di high yield, quelli americani piacciono molto a Andrew Harmstone, Managing Director di Morgan Stanley Investment Management. “Siamo convinti che lo spread, il differenziale di rendimento tra l’high yield USA e quello europeo, offra attualmente un’opportunità. Riteniamo che il distress ratio (cioè il rapporto tra emittenti insolventi sul totale) stia calando grazie alla ripresa delle materie prime, al buon stato di salute complessivo dell’economia globale e alla stabilizzazione dei corsi petroliferi” fa sapere, nell’articolo “High yield USA, una riserva di rendimento per l’investitore obbligazionario”, Andrew Harmstone che poi aggiunge: “L’opportunità potenziale che scorgiamo nell’high yield statunitense è in larga misura riconducibile al cosiddetto ‘cuscinetto delle cedole’ generato dai coupon più elevati pagati negli USA”. Tale cuscinetto svolge una funzione di airbag nel momento in cui l’aumento dei tassi d’interesse fa scendere il valore delle obbligazioni: un investitore perderà denaro sulla posizione obbligazionaria, ma incasserà comunque la cedola, ipotizzando che l’emittente adempia al suo obbligo di pagare il reddito promesso. “Ciò può contribuire ad ammortizzare il colpo dell’incremento dei tassi. In genere, il cuscinetto delle cedole potrebbe essere definito come l’aumento percentuale di rendimento che provocherebbe un calo dei prezzi abbastanza ampio da annullare il guadagno derivante dal dividendo annuo del titolo obbligazionario”.
Nel scenario 2017 più probabile, Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, intravede il neo presidente americano Trump che implementa prevalentemente la propria agenda pro-crescita, stimolando una maggiore crescita, un incremento dell’inflazione e del deficit di bilancio. La Federal Reserve rialza quattro volte i tassi di interesse mentre i rendimenti del mercato obbligazionario continuano a crescere. Nella zona euro, invece, si sviluppa una ‘Soft Brexit’ mentre sia le elezioni che la crisi migratoria non provocano particolari turbolenze. Inoltre la UE permette deficit di bilancio più elevati mentre la BCE lascia invariati i tassi sebbene proceda con la graduale riduzione del programma di acquisto sul mercato di obbligazioni a partire dal 4 ° trimestre 2017. Per quanto riguarda i titoli di stato, la raccomandazione di Christophe Bernard che emerge dall’articolo “Prospettive 2017, chi vincerà la sfida tra reflazione e stagflazione” è di sottopeso. Il rendimento dei bund non è affatto attraente mentre le obbligazioni americane forniscono un profilo di rendimento asimmetrico deve le aspettative di inflazione superano le attuali valutazioni. Sottopeso, complessivo, anche nel credito ma alcune differenze: sottopeso nelle obbligazioni societari investment grade, peso neutrale negli high yield e sottopeso nel debito dei mercati emergenti.