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I messaggi all’Europa di Fed e BoJ

26 Settembre 2016 00:01

financialounge -  banche centrali Bank of Japan BCE Europa Federal Reserve settore bancario
ass="p1">Le banche centrali di USA e Giappone hanno preso le loro decisioni. Ma il loro impatto si farà sentire molto anche in Europa.

Settimana scorsa sia la Fed che la Bank of Japan hanno dettato l’agenda della politica monetaria di qui a fine anno, e va detto che si tratta di un’agenda contraddittoria, confusa, e soprattutto che non sembra portare niente di particolarmente buono per l’Europa.


Janet Yellen ha rinviato per l’ennesima volta il rialzo di un quarto di punto dei tassi a breve americani, sembra che l’appuntamento sia per dicembre, ma non è certo. Dipenderà anche da chi uscirà vincitore dal voto dell’8 novembre che indicherà il nuovo inquilino della Casa Bianca.


In ogni caso l’aver rinviato vuol dire lasciare i mercati nell’incertezza per altri tre mesi, in mano sostanzialmente alla speculazione, sia quella valutaria che sul reddito fisso. Se avesse alzato i tassi il dollaro avrebbe guadagnato terreno, e questa sarebbe stata una buona notizia per l’Europa, perché avrebbe aggiunto un po’ di competitività alle esportazioni. E avrebbe anche fatto barriera contro i tassi negativi, che sicuramente non stanno facendo bene all’economia.


Non a caso venerdì Vitor Constancio, vicepresidente della BCE, ha detto che un rialzo dei tassi della Fed, anche a dicembre, sarebbe "molto rassicurante" perchè solleverebbe il morale dappertutto: "Non vediamo l'ora che succeda".


La Banca del Giappone si è mossa in direzione opposta, ma soprattutto confusa. Ha confermato gli stimoli monetari anche se hanno mostrato di non avere la forza di far ripartire l’inflazione, ma ha anche deciso di fissare un target per i rendimenti dei titoli di stato con scadenza a 10 anni. Una mossa molto tecnica, diretta a riguadagnare qualche tipo di controllo sulla parte lunga della curva dei tassi, vale a dire i rendimenti a 20 e 30 anni da cui dipendono le entrate necessarie a pagare le pensioni. Se il tasso a 10 anni, oggi negativo, riesce a stare almeno a zero, quelli a 30 anni dovrebbero salire qualcosa sopra lo zero, vale a dire che la curva dovrebbe irrigidirsi (cioè mostrare una pendenza leggermente più accentuata) e dare un po’ di ossigeno a fondi pensione e assicurazioni.


Più che una linea di politica monetaria sembra un esercizio di acrobazia, magari anche pericoloso. Quello che è certo è che questo clima di incertezza sulle mosse e sulla direzione delle Banche Centrali crea le condizioni più favorevoli, come ha notato l’autorevole Wall Street Journal, per improvvisi e imponenti spostamenti dei flussi di capitali, soprattutto nel mercato del dollaro/yen, ma con un impatto inevitabile anche sull’euro, che di solito in questi movimenti segue il biglietto verde e non la moneta giapponese.


Sullo sfondo resta lo scontro in atto a livello globale tra banche e regolatori, con le prime che non ne possono più di vedersi azzerati i margini dai tassi zero e il capitale immobilizzato a riserve per far fronte a possibili crisi future, e i secondi sempre più insaziabili nella voglia di mettere il naso e anche le mani nella gestione degli istituti di credito, suggerendo e imponendo anche le aggregazioni e le fusioni.