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Eurozona, i sei più importanti argomenti per gli ultimi mesi dell’anno

Dopo i primi otto mesi dell’anno passati tra alti e bassi, affiorano sei importanti argomenti per gli ultimi mesi dell’anno che riguardano l’eurozona e gli investitori.

6 Settembre 2016 09:46

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Dopo otto mesi di crescita moderata ma sostanzialmente stabile, soprattutto alla luce dei primi riscontri post Brexit, l’ultima parte del 2016 viene studiata da economisti, analisti e asset manager per cercare di individuare i fattori che sono davvero importanti.

Facendo le dovute semplificazioni, si può pensare che siano sei i più importanti argomenti per questi ultimi mesi dell’anno.

In primis, sarà determinante verificare quali siano gli effettivi impatti del referendum britannico. Secondo le prime indicazioni il settore manifatturiero dovrebbe accusare in modo più sensibile le conseguenze del voto britannico ma, al contempo, il settore dei servizi (quantitativamente più importante) sembrerebbe essere piuttosto immune e potrebbe quindi controbilanciare il tutto. Semmai, il vero problema potrebbe essere la divergenza della crescita dei singoli paesi destinata ad aumentare: l’Italia sembra aver registrato già un declino significativo nel secondo trimestre mentre l’Olanda sembra aver registrato un’accelerazione.

Il secondo argomento riguarda il possibile rialzo dell’inflazione. Con i prezzi dell'energia che hanno smesso di scendere e, semmai, mostrano ora una tendenza a salire, l'inflazione è destinata a crescere verso la fine del l'anno nella zona euro forse fino al punto percentuale su base annua (contro il +0,2% di agosto).

Strettamente legato a questo tema c’è il terzo argomento, quello dei prezzi del petrolio. Sembrerebbe che quota 50 dollari al barile possa rappresentare un punto di equilibrio in questa fase tra le esigenze dei consumatori e quelle dei produttori. Tuttavia, sono possibili anche delle possibili tendenze rialziste che potrebbero portare a squilibri di mercato con conseguenze piuttosto significative per i consumatori (e quindi negative per i consumi) e per i paesi produttori (positive per le loro entrate e quindi per il debito dei paesi produttori).

Al quarto punto, è probabile che ci possa essere maggiore stimolo fiscale e ulteriore espansione monetaria. La BCE dovrebbe eventualmente decidere un'estensione del Quantitative Easing (QE) oltre marzo 2017, ma si ritiene più probabile che Draghi attenda fino all'8 dicembre (il giorno dopo le elezioni presidenziali americane). In parallelo potrebbero prendere corpo maggiori stimoli in virtù di una politica fiscale più espansiva. Le risorse da reperire sarebbero trovate dal ‘tesoretto’ accumulato con il continuo calo nei pagamenti degli interessi sul debito dei paesi della zona euro: ci si aspetta che i governi utilizzino tale spazio fiscale, soprattutto in vista delle elezioni in Francia e in Germania il prossimo anno.

Il quinto argomento è quello dei rischi politici, il primo dei quali è quello relativo al referendum che si terrà in autunno sulla costituzionale. Il premier Renzi è tornato sui suoi passi affermando che non lascerà il Governo anche in caso di vittoria del fronte del ‘no’ ma le modifiche proposte alla configurazione e alla funzione del Senato sono visti da tutti gli osservatori politici esteri come un’importante riforma strutturale, che implica una potenziale delusione se venisse bocciata.

Infine, e siamo al sesto argomento, figurano i rischi esterni. C’è quello relativo al rialzo dei tassi americani da parte della Federal Reserve (previsto attualmente per dicembre) ma resta anche quello relativo alla Cina. Le ultime stime delineano un modesto rallentamento della crescita del PIL in Cina ma non si possono escludere i rischi al ribasso. È vero che la domanda interna della zona euro resta sufficientemente solida, tuttavia la combinazione di incertezze politiche e un significativo shock esterno potrebbe far deragliare la crescita europea.

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