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Azionario Europa, la storia dice che è un buon momento per investirci

L’analisi degli andamenti del passato segnala che quando, come in questo momento, la dispersione di valore è massima in Europa, le probabilità di un rialzo sono alte.

16 Agosto 2016 10:11
financialounge -  Europa growth mercati azionari value

Già all’inizio dello scorso anno (2015) l’azionario Europa veniva consigliato dagli asset manager internazionali come la prima scelta all’interno dei portafogli equity. Raccomandazione reiterata all’inizio di quest’anno. Tuttavia, le performance raccontano una storia diversa: dal primo gennaio al 12 agosto scorso, mentre lo Stoxx 600 delle azioni europee segnava un -5,4%, l’S&P500 di Wall Street mostrava un +6,9%. Ma adesso potrebbe davvero essere la volta buona per preferire le Borse del Vecchio Continente a quelle delle altre aree geografiche internazionali.

A sostegno di questa tesi c’è uno studio di una banca d’affari svizzera che in un report del 2 agosto segnalava un dato di mercato di assoluto rilievo: la dispersione di valore in Europa tra i settori value (quelli caratterizzati da solidità patrimoniale, crescita bassa ma costante, buoni dividendi) e i settori growth (quelli focalizzati sulla crescita accelerata, utili reinvestiti e bassi dividendi) si attesta sui massimi livelli dal 2000 a oggi. Più in particolare, la dispersione si colloca al livello più alto dopo il picco registrato durante la bolla dei titoli Internet del 2000: ovvero al di sopra del marzo 2003 (quando i mercati azionari toccarono i minimi della crisi 2001-2003), del marzo 2009 (quando i mercati registrarono i minimi post crac Lehman Brothers), del luglio 2012 (crisi della Grecia e culmine della crisi del debito sovrano della zona euro).

Gli analisti della banca d’affari svizzera fanno notare che dopo quei picchi, la rivalutazione dei settori sotto valutati (growth) rispetto a quelli ipervalutati (value) si spinse a toccare 20 punti percentuali: un trend che potrebbe ripetersi anche stavolta nei prossimi 12 mesi. Attenzione però. La storia insegna che di solito queste dispersioni di valore tendono a colmarsi ma, al tempo stesso, occorre ricordare che le ragioni che hanno spinto a queste valutazioni i settori value – difensivi (alimentari, beni di consumi di prima necessità, utilities, farmaceutici) restano ancora sul tavolo: dalla crescita economica globale anemica alla mancanza di domanda di beni e consumi mondiale, dall’assenza di inflazione alle potenziali insidie politiche, dal terrorismo alle instabilità geopolitiche.
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