diversificazione
Perché preferire l’approccio di diversificazione del rischio
7 Luglio 2016 09:05
�articolo “Com’è possibile gestire la volatilità dei mercati” abbiamo spiegato le ragioni in base alle quali un approccio flessibile in grado cioè di coniugare scelte orientate al medio lungo termine (allocazione strategica) con scelte focalizzate a cogliere le opportunità di breve termine (strategie tattiche) sia nelle migliori condizioni per gestire efficacemente la volatilità sui mercati.
In questo articolo, partendo da quello che è accaduto dopo la profonda crisi del 2008, cercheremo di approfondire la nozione di diversificazione del rischio come evoluzione dell’asset allocation tradizionale.
Gli investitori, dopo le perdite azionarie record post crisi 2007-2008 (l’indice S&P500 ha perso otre il 47% tra il giugno 2007 e il marzo 2009) si sono rifugiati in strumenti obbligazionari o di liquidità. I flussi di investimento verso gli strumenti obbligazionari sono aumentati dal 2009 al 2012, nonostante rendimenti obbligazionari e tassi d'interesse storicamente bassi, mentre quelli verso gli azionari sono diventati positivi soltanto dal 2013, anno in cui l'Indice S&P 500 ha riportato un rendimento di oltre il 32%. Peccato però che la gran parte della lunga fase rialzista degli ultimi sei anni dei mercati azionari si sia concentrata tra il 2009 e il 2013.
Infatti se l’S&P500 dal 9 marzo 2009 (minimo dopo il crac del 2008) al 31 maggio scorso ha registrato un rialzo cumulativo del 210%, tra il 9 marzo 2009 e il 31 dicembre 2013 il guadagno è stato del +173% mentre dal 31 dicembre 2013 al 31 maggio scorso l’S&P500 si è apprezzato del 13,5%.
Negli ultimi tempi, dopo la decisione di rialzare i tassi a dicembre 2015 da parte della Federal Reserve (Fed), gli investitori hanno sviluppato un'avversione alle obbligazioni che si è tradotta in deflussi netti da giugno a settembre 2015, avendo gli investitori cercato di evitare le perdite derivanti dall'imminente rialzo dei tassi. Occorre tuttavia ricordare che, nel frattempo, l'economia globale ha registrato una battuta d'arresto, i mercati azionari hanno subito pesanti perdite dai massimi della primavera 2015, la Fed non ha proseguito con l’aumento dei tassi: la risultante è che si è diffusa tra gli investitori l'avversione al rischio.
D’altra parte prevedere le tempistiche di mercato è assolutamente impossibile: storicamente, nel tentativo di azzeccare il «timing» corretto, gli investitori sono entrati e usciti dalle classi di attivi esattamente nel momento sbagliato. Molti investitori, come abbiamo visto, hanno abbandonato le azioni, perdendo guadagni azionari per anni e incassando cedole estremamente basse dai loro portafogli obbligazionari. Successivamente, a mano a mano che le ferite derivanti dalle ingenti perdite del 2008-2009 tendevano ad attenuarsi, gli investitori hanno poi deciso di rientrare nella corsia azionaria soltanto per farsi sorprendere dal recente crollo. Questi cambi di corsia per i portafogli hanno fatto perdere opportunità di crescita dopo i minimi di marzo 2009 e hanno probabilmente causato perdite reali, in quanto gli investitori hanno ridotto le allocazioni ad asset che avrebbero potuto proteggerne i portafogli durante la recente flessione.
Fortunatamente gli investitori possono diversificare i portafogli con un approccio agli investimenti che offra una dose di flessibilità atta a perseguire tatticamente opportunità d'investimento specifiche evitando posizioni estreme in una asset class: o totalmente investiti o del tutto assenti. Non solo. Oltre alle azioni e alle obbligazioni è possibile prendere in considerazioni asset classe non tradizionali come le materie prime. Queste ultime sono generalmente considerate una protezione contro l'inflazione, ma vi sono stati anni in cui hanno registrato buone performance, durante questa lunga era di crescita con bassa inflazione: per esempio nel 1990, uno dei rari anni nel corso del lungo periodo toro di Borsa precedente la crisi del 2000, le materie prime generarono un rendimento di oltre il 29%.
Un approccio flessibile e variegato in termini di allocazione del rischio delle diverse asset class (azioni, obbligazioni, materie prime) può contribuire ad attenuare la frenesia che induce gli investitori a prendere la decisione sbagliata nel momento sbagliato.
In questo articolo, partendo da quello che è accaduto dopo la profonda crisi del 2008, cercheremo di approfondire la nozione di diversificazione del rischio come evoluzione dell’asset allocation tradizionale.
Gli investitori, dopo le perdite azionarie record post crisi 2007-2008 (l’indice S&P500 ha perso otre il 47% tra il giugno 2007 e il marzo 2009) si sono rifugiati in strumenti obbligazionari o di liquidità. I flussi di investimento verso gli strumenti obbligazionari sono aumentati dal 2009 al 2012, nonostante rendimenti obbligazionari e tassi d'interesse storicamente bassi, mentre quelli verso gli azionari sono diventati positivi soltanto dal 2013, anno in cui l'Indice S&P 500 ha riportato un rendimento di oltre il 32%. Peccato però che la gran parte della lunga fase rialzista degli ultimi sei anni dei mercati azionari si sia concentrata tra il 2009 e il 2013.
Infatti se l’S&P500 dal 9 marzo 2009 (minimo dopo il crac del 2008) al 31 maggio scorso ha registrato un rialzo cumulativo del 210%, tra il 9 marzo 2009 e il 31 dicembre 2013 il guadagno è stato del +173% mentre dal 31 dicembre 2013 al 31 maggio scorso l’S&P500 si è apprezzato del 13,5%.
Negli ultimi tempi, dopo la decisione di rialzare i tassi a dicembre 2015 da parte della Federal Reserve (Fed), gli investitori hanno sviluppato un'avversione alle obbligazioni che si è tradotta in deflussi netti da giugno a settembre 2015, avendo gli investitori cercato di evitare le perdite derivanti dall'imminente rialzo dei tassi. Occorre tuttavia ricordare che, nel frattempo, l'economia globale ha registrato una battuta d'arresto, i mercati azionari hanno subito pesanti perdite dai massimi della primavera 2015, la Fed non ha proseguito con l’aumento dei tassi: la risultante è che si è diffusa tra gli investitori l'avversione al rischio.
D’altra parte prevedere le tempistiche di mercato è assolutamente impossibile: storicamente, nel tentativo di azzeccare il «timing» corretto, gli investitori sono entrati e usciti dalle classi di attivi esattamente nel momento sbagliato. Molti investitori, come abbiamo visto, hanno abbandonato le azioni, perdendo guadagni azionari per anni e incassando cedole estremamente basse dai loro portafogli obbligazionari. Successivamente, a mano a mano che le ferite derivanti dalle ingenti perdite del 2008-2009 tendevano ad attenuarsi, gli investitori hanno poi deciso di rientrare nella corsia azionaria soltanto per farsi sorprendere dal recente crollo. Questi cambi di corsia per i portafogli hanno fatto perdere opportunità di crescita dopo i minimi di marzo 2009 e hanno probabilmente causato perdite reali, in quanto gli investitori hanno ridotto le allocazioni ad asset che avrebbero potuto proteggerne i portafogli durante la recente flessione.
Fortunatamente gli investitori possono diversificare i portafogli con un approccio agli investimenti che offra una dose di flessibilità atta a perseguire tatticamente opportunità d'investimento specifiche evitando posizioni estreme in una asset class: o totalmente investiti o del tutto assenti. Non solo. Oltre alle azioni e alle obbligazioni è possibile prendere in considerazioni asset classe non tradizionali come le materie prime. Queste ultime sono generalmente considerate una protezione contro l'inflazione, ma vi sono stati anni in cui hanno registrato buone performance, durante questa lunga era di crescita con bassa inflazione: per esempio nel 1990, uno dei rari anni nel corso del lungo periodo toro di Borsa precedente la crisi del 2000, le materie prime generarono un rendimento di oltre il 29%.
Un approccio flessibile e variegato in termini di allocazione del rischio delle diverse asset class (azioni, obbligazioni, materie prime) può contribuire ad attenuare la frenesia che induce gli investitori a prendere la decisione sbagliata nel momento sbagliato.
