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Borsa: attenti a non guardare l’indice sbagliato!

2 Maggio 2016 01:00
financialounge -  borsa Brembo eni FTSE Italia Mid Cap FTSE Mib mid cap petrolio Russell 2000
“Il petrolio affonda la Borsa, giù le banche”. “Piazza Affari brilla con le banche, forte rimbalzo del petrolio”. Quante volte abbiamo letto questi titoli negli ultimi mesi? E che cosa vogliono dire? Forse che le banche sono diventate compagnie petrolifere che soffrono quando scende il prezzo del barile? No, la spiegazione è molto più semplice, ed è una spiegazione molto italiana.

Quando si parla di Borsa, si guarda soprattutto all’indice FTSE Mib, quello dei 40 titoli più grandi quotati a Milano. Tra questi, quello che pesa più di tutti è Eni, una grande compagnia petrolifera che giustamente sale quando il prezzo del greggio sale e viceversa. Il resto è per la gran parte banche, a cominciare dalle prime due, Intesa e Unicredit.

Quindi nessuna correlazione tra finanza e oro nero. Semplicemente l’indice è fatto soprattutto di queste due componenti che da sole sono in grado di spedirlo al rialzo o al ribasso, di solito a una velocità maggiore rispetto alle altre Borse europee, la cui composizione è più diversificata. Sappiamo tutti che per il petrolio, da un paio d’anni a questa parte, non sono tempi di vacche grasse. Lo stesso dicasi per le banche, ogni giorno ne hanno una, da un salvataggio all’altro, da una nuova normativa restrittiva della vigilanza a un nuovo attacco del ministro tedesco delle Finanze.

Se infatti guardiamo come si è comportato negli ultimi anni l’indice FTSE Mib vediamo che è ancora ben sotto i livelli immediatamente precedenti alla deflagrazione di Lehman Brothers, avvenuta a settembre del 2008. L’ultimo giorno di Borsa di agosto di quell’anno sfiorava i 28.800 punti, quasi otto anni dopo, al 26 aprile scorso, era poco sotto i 18.700. Una bella differenza, meno 35%.

Ma se cambiamo prospettiva, e invece di vedere il mondo dal punto di vista delle banche e del petrolio lo guardiamo da quello delle aziende medie e anche grandi dell’industria, della tecnologia, della moda e del lusso, insomma del made in Italy che tira, allora cambia tutto. Questo mondo si riflette in un altro indice, che pochi guardano, l’FTSE Italia Mid Cap, che sta per media capitalizzazione. Media capitalizzazione non vuol dire per forza società più piccole, ma solo che hanno un capitale quotato ridotto, magari perché in Borsa ce n’è solo una quota di minoranza. Come ad esempio Brembo, che industrialmente è un leader mondiale nel proprio settore. Questo indice, rispetto a fine agosto 2008, mette a segno un rialzo del 5,4%, da 29.875 allora a 31.494 oggi. Ed è un indice che fotografa molto meglio lo stato dell’economia, della sua vitalità e della sua competitività. Certo, 5 e rotti per cento non è tanto in otto anni, ma bisogna tener conto della profondità della crisi che ha sconvolto il mondo. E anche del fatto che ad agosto 2008 le Borse erano vicine ai massimi di sempre.

È un fenomeno che vediamo anche sul più grande mercato azionario del mondo, Wall Street. Anche lì i titoli di giornali e telegiornali sono per l’indice Dow Jones, quello dei 30 titoli americani più grandi. E quasi mai qualcuno parla, fuori dagli addetti ai lavori, dell’indice Russell 2000. Che invece è la fotografia dell’America vera, fatta di una miriade di medie imprese, che i posti di lavoro e gli utili li creano più in America e meno all’estero. Il Russell 2000 è un indice molto guardato dagli esperti, perché di solito anticipa quello che faranno gli indici più grandi, lo stesso Dow o l’altrettanto famoso Standard & Poor’s 500. Quando le cose si mettono male inizia a scendere prima, e quando l’economia si prepara a ripartire, inizia a salire prima. Dopo i primi terribili due mesi dell’anno per i mercati azionari ora il Russell 2000 sta facendo meglio dei fratelli maggiori. Nell’ultimo mese è salito del 6,5% contro un più modesto 2,6-2,7% degli altri due.

Corriamo a comprare azioni americane perché il Russell 2000 segnala in anticipo un rally di Wall Street? Calma, non basta l’andamento mensile di un indice per quanto importante per capire dove va il mercato. Ci sono mille variabili da considerare e comunque l’idea di poter fare un colpaccio fortunato è il contrario del comportamento di un investitore consapevole. La cui prima regola è non fare mai da solo. Investire richiede sempre di più consigli di esperti, capaci di condire la prudenza necessaria con l’assunzione di qualche rischio, sempre guardando a un orizzonte di diversi anni e non di qualche settimana.
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