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Alain Nsiona Defise

Giudizi troppo negativi sul debito corporate emergente

29 Dicembre 2015 11:21
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Le obbligazioni societarie dei paesi emergenti sono considerate particolarmente vulnerabili in considerazione della forza del dollaro USA e del rialzo dei tassi di interesse statunitensi. Tuttavia, considerando che diversi settori non subiranno contraccolpi significativi dal rafforzamento della divisa americana e che il ritmo del rialzo dei tassi USA sarà estremamente graduale e avverrà in parallelo ad una accelerazione della crescita globale, le prospettive per il debito corporate bond restano piuttosto interessanti.

“L’apprezzamento del dollaro, l’attesa di un rialzo dei tassi USA e lo scandalo che ha investito il gigante del petrolio brasiliano Petrobras potrebbero rendere la vita difficile agli emittenti corporate emergenti. Senza contare l’aumento delle emissioni in dollari Usd lanciate soprattutto da aziende latinoamericane e asiatiche: dal 2000, il volume di obbligazioni dei Paesi emergenti denominate in dollari è lievitato a 1.700 miliardi di dollari, in parte proprio grazie ai bond societari. Tuttavia, a uno sguardo più attento, questo segmento non è così rischioso come potrebbe sembrare” fa sapere Alain-Nsiona Defise, Head of Emerging Corporate Bonds di Pictet Asset Management, secondo il quale la debolezza delle valute locali non implica necessariamente una maggiore instabilità finanziaria degli emittenti.

Un alto numero di società dei mercati emergenti beneficia effettivamente di una rivalutazione del dollaro. Le aziende asiatiche, che rappresentano una grossa fetta dei mercati obbligazionari emergenti, vantano circa il 21% dei profitti in dollari USA a fronte del 22% del proprio debito denominato nella valuta americana. Più in generale, le imprese attive nel settore minerario, nella produzione di zucchero e carne bovina e nell’industria della carta e della cellulosa, generano i propri ricavi in dollari a fronte di una base di costi prevalentemente in valuta locale: un dollaro più forte può significare per tutte queste imprese margini di profitto più alti. Ma c’è di più.

La maggior parte delle società dei Paesi emergenti che attingono al mercato obbligazionario in USD appartiene alla categoria investment grade. Ciò significa che molte adottano, con successo, politiche di copertura valutaria difensive e trasparenti. Inoltre, parecchie aziende in cui Pictet Am investe sono in grado di riversare i maggiori costi del debito sui propri clienti senza subire un calo di fatturato.

Per quanto riguarda poi le riduzioni dei rating e i casi di insolvenza, Alain-Nsiona Defise. sottolinea come l’aumento dei default e dei declassamenti abbia riguardato soprattutto Paesi e settori esposti alla debolezza dei prezzi delle commodity (Brasile, Russia ed energia). Inoltre, le riduzioni dei rating societari sono per lo più una conseguenza del downgrade degli emittenti sovrani o quasi sovrani: molte aziende russe, per esempio, si sono viste ridurre il rating solo perché la Russia è stata declassata alla categoria junk. Anche per queste ragioni, nel 2015 il tasso di default fra gli emittenti corporate emergenti dovrebbe, secondo Alain-Nsiona Defise, rimanere al 3,9%.In ogni caso, il grande banco di prova per l’asset class potrebbe essere rappresentato dall’inasprimento della politica monetaria statunitense, che provocherà un aumento dei costi di finanziamento delle aziende in tutto il mondo, e soprattutto nelle aree in via di sviluppo. Tuttavia, i toni della Federal Reserve suggeriscono che l’istituto non ha fretta di alzare il costo del denaro: i tassi saliranno, ma non così presto.

“Un altro punto a favore dell’asset class è la stabilità della base di investitori. Diversamente da altre obbligazioni high yield, il debito corporate emergente non è in balia di flussi imprevedibili da parte degli investitori retail. Attualmente, gli investitori istituzionali interni, come i fondi sovrani, le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, rappresentano due terzi degli investitori, un dato che ha garantito una notevole stabilità in precedenti periodi di stress del mercato, come il cosiddetto «taper tantrum» scatenato dalla Fed tra la primavera e l’estate del 2013” spiega Alain-Nsiona Defise.
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