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Scenario di fondo positivo, ma attenzione a Cina e al settore dei servizi

19 Ottobre 2015 09:10
financialounge -  cina consumi Ethenea Europa occupazione USA volatilità Yves Longchamp
“Riepilogando, rimaniamo ottimisti riguardo alle prospettive dell’Europa e degli Stati Uniti poiché la crescita interna resta solida e gli indicatori anticipatori continuano a segnalare un ulteriore miglioramento. Tuttavia, la Cina e la debolezza del settore dei servizi possono rappresentare un rischio per il nostro scenario” sottolinea Yves Longchamp, Head of Research di ETHENEA Independent Investors (Svizzera) S.A., volendo sintetizzare le ultime prospettive macro aggiornate ad ottobre 2015.

Secondo l’esperto, dal momento che la questione relativa alle tempistiche del primo rialzo dei tassi da parte della Fed o all’intenzione o meno di quest’ultima di intervenire in tal senso è rimasta senza risposta, si è di fatto aperta la strada a ulteriori speculazioni e incertezze, e dunque a un aumento della volatilità del mercato rispetto a prima della riunione di settembre.

“Riteniamo che il termine «forward misguidance» (letteralmente: indicazioni fuorvianti) sia il più efficace per sintetizzare il nostro giudizio sul comportamento della Fed” dice Yves Longchamp secondo il quale il motivo dell’inerzia della Fed a settembre è semplice: si tratta della Cina, quindi di un fattore terzo rispetto all’inflazione e al mercato del lavoro USA. Precisato questo, Longchamp rimane ottimista sia per l’economia europea che per quella statunitense, anche se le nubi si addensano all’orizzonte. Naturalmente la Cina è fonte di inquietudine, anche se in definitiva il suo impatto sui paesi sviluppati è difficile da quantificare. Suscita preoccupazione anche il consolidamento osservato nel settore dei servizi, che rappresenta la parte del leone dell’attività delle economie avanzate. Il principale contributo alla crescita sia negli Stati Uniti che in Europa giunge dai consumi privati, alla luce della loro proporzione del PIL, pari rispettivamente al 68% e al 55%.

“In base alle nostre stime, i consumi USA sono aumentati del 3,4% nel terzo trimestre, un livello inferiore alla crescita registrata nella prima metà di quest’anno, ma in ogni caso un ottimo risultato. La fiducia dei consumatori nell’intera regione è su livelli elevati, pur avendo perso slancio recentemente a causa della percezione di un deterioramento delle prospettive del mercato del lavoro” riferisce Yves Longchamp che, inoltre, fa notare come la debolezza della creazione di posti di lavoro provenga dal comparto dei servizi, il più dinamico dell’economia USA.

“Gli indicatori anticipatori del settore evidenziano un rallentamento. Trattandosi innanzitutto di un comparto interno, questo andamento non può essere ascrivibile alla Cina” puntualizza Yves Longchamp che invece è ottimista riguardo all’area euro. Il ritmo della creazione di posti di lavoro è più lento rispetto agli Stati Uniti (per ogni nuovo impiego nell’area euro ne vengono creati 2,5 negli USA), ma vi è un ampio margine di crescita, dal momento che l’occupazione complessiva rimane al di sotto del picco pre-crisi di circa il 2% (intorno a 3,4 milioni di posti di lavoro). Inoltre la domanda di credito evidenzia una ripresa per consumi privati, immobili e investimenti, mentre i tassi d’interesse sui nuovi prestiti continuano a convergere e a diminuire. "Sono tutti buoni motivi per prevedere un rafforzamento dei consumi” sostiene Yves Longchamp che, infine, nota un quadro contrastante in Cina dove non è chiaro se il rallentamento si sia arrestato.

“Prevediamo un ulteriore allentamento della politica monetaria di Pechino finalizzato alla gestione della liquidità interbancaria e una maggiore flessibilità sul fronte del tasso di cambio per contrastare i deflussi di capitali. Uniti alle misure adottate in precedenza, questi interventi potrebbero persino fornire un lieve stimolo all’economia nell’ultimo trimestre. Tuttavia il graduale rallentamento della Cina iniziato nel 2013 continuerà a ridurre la domanda a livello globale, come lascia presagire l’indebolimento delle esportazioni dagli USA e dall’area euro” conclude l’esperto.
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