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A-share, i tratti distintivi di una bolla alla maniera cinese

30 Giugno 2015 13:20
financialounge -  A-share cina crescita economica Cyril Moullé-Berteaux mercati azionari
A sette anni dallo scoppio della loro prima bolla speculativa del secolo, le A-share cinesi tornano a surriscaldarsi infrangendo un record dopo l’altro: ormai, sopra quota +140%, questo rally rappresenta uno dei più grandi spostamenti annui mai registrati da una grande piazza finanziaria negli ultimi cinquant’anni.

“In questo rally colossale scorgiamo tutti i tratti distintivi di una bolla, seppure «alla maniera cinese»” fa sapere Cyril Moullè-Berteaux, Managing Director del team Global Multi-Asset di Morgan Stanley Investment Management (MSIM) che poi avverte: “A nostro avviso la fase rialzista del mercato cinese continentale sembra non essere supportata da nessuno dei tradizionali fattori fondamentali che fanno da traino alle performance borsistiche: al contrario gli interventi in chiave espansiva degli ultimi 15 mesi non hanno prodotto alcun miglioramento visibile dell’attività o della liquidità; nell’ultimo anno si sono deteriorate sia la redditività aziendale sia l’attività economica; le valutazioni sono passate da livelli sottovalutati a livelli estremamente sopravvalutati; analogamente l’interesse degli investitori nei confronti delle azioni è andato da zero a mille, assumendo tratti maniacali”.

Tutto ciò fa dedurre allo strategist che difficilmente le azioni cinesi potranno superare i livelli odierni da qui a un anno o persino tra sei mesi, benché nulla impedisca un’ulteriore impennata nel breve periodo. Una previsione che poggia, innanzitutto, sulla situazione attuale, sulle prospettive per gli utili societari e sulla crescita economica in Cina. Inoltre si tratta di un mercato guidato da investitori spesso indebitati, che rincorrono le performance, e che tengono in scarsa considerazione utili e valutazioni, perché sono alla ricerca di guadagni facili: investitori che non possono essere capaci di fornire stabilità qualora gli utili dovessero deludere e l’allentamento monetario non riuscisse a risanare l’economia.

In estrema sintesi, per Cyril Moullè-Berteaux, si può affermare che la crescita economica e degli utili in Cina è su livelli anticipatori di un «brusco atterraggio». Le autorità stanno facendo di tutto per rilanciare la crescita, ma non potranno che attutire il rallentamento di questa economia iperindebitata, in cui l’attività speculativa maniacale degli investitori retail ha spinto le valutazioni azionarie su livelli da bolla. Se la valutazione di Cyril Moullè-Berteaux fosse verificata, resterebbe da capire quali potrebbero essere i driver in grado di riallineare le quotazioni con i fondamentali.

“Come spesso accade, è difficile prevedere con esattezza l’elemento catalizzatore”riconosce lo strategist che, tuttavia, ha stilato un elenco dei potenziali candidati:

• Le delusioni sul fronte economico e della redditività fanno emergere con chiarezza che l’allentamento monetario non può impedire l’inevitabile correzione strutturale del doppio eccesso cinese (investimenti eccessivi finanziati da un indebitamento eccessivo).

Offerta: attualmente le Offerte pubbliche di vendita (Opv) sono vincolate da un complicato processo di approvazione normativa che il premier Li si è impegnato a riformare. Tuttavia entro fine anno i requisiti per la quotazione in borsa potrebbero essere circoscritti all’obbligo di registrazione e al rispetto di alcuni standard minimi. L’aumento dell’offerta azionaria è spesso uno dei fattori che causano una regressione del mercato.

Restrizioni normative potrebbero raffreddare l’esuberanza speculativa degli investitori. Circolano voci sull’introduzione di un’imposta di bollo o di limiti sui prestiti a margine, benché le autorità abbiano negato entrambe le ipotesi.

• Esaurimento dell’attività speculativa: non è possibile che il numero di nuovi investitori retail continui a impennarsi ogni settimana (oltre i 4,4 milioni) e che gli scambi settimanali restino agli attuali 1.700 miliardi di dollari a settimana. L’inasprimento della Fed potrebbe causare deflussi di capitale dalla Cina e questo, dato l’ancoraggio renminbi dollaro Usa, costringerebbe le autorità a svalutare il renminbi o ad alzare i tassi d’interesse, in entrambi i casi con ripercussioni estremamente negative sui mercati finanziari cinesi”. Naturalmente, ammette lo strategist, esiste il rischio che la bolla speculativa continui per la propria strada, come spesso accade con fenomeni di questo tipo. Ecco alcuni scenari che avvalorano questa ipotesi.

Sostegno ininterrotto del governo del rally dei mercati, come hanno fatto di recente autorità di vigilanza e funzionari governativi. A marzo Deng Ke, portavoce della China Securities Regulatory Commission (Csrc), è stato segnalato per aver detto che «il rialzo dei corsi azionari è stato il riflesso di una grande liquidità e del miglioramento degli utili aziendali, e che un sano sviluppo del mercato è positivo per la ristrutturazione economica.

• Maggiori misure per consentire ai capitali esteri l’ingresso nel mercato della Cina continentale (ne sono un esempio il programma Shenzhen-Hong Kong Stock Connect o l’iniziativa di riconoscimento reciproco dei fondi tra Cina continentale e Hong Kong), da cui i cinesi si aspettano un enorme afflusso di denaro globale sul proprio mercato interno. Ciò è invece la prova certa del contrario, visto che sin dal suo lancio, ogni singolo giorno una media del 90% della quota «destinata a nord» (da Hong Kong a Shanghai nel quadro del programma Shanghai-Hong Kong Stock Connect) è rimasta scoperta.

• Un raddoppio degli sforzi governativi finalizzato a invertire il trend economico, che possa a sua volta creare una pur temporanea ripresa (un trimestre su tre) e tradursi in una crescita che convalidi le attese formatesi sul mercato. Alcuni interventi di allentamento da parte di Pechino nelle ultime settimane comprendono: una ristrutturazione forzata di parte del debito del governo locale (il Municipal Bond Debt Swap); il piano «Made in China 2015» annunciato dal Consiglio di Stato; l’operazione della Pboc di portare lo Shibor ai minimi di cinque anni, andata a buon fine, e il progetto «One Belt, One Road».

In tutti i casi, per Cyril Moullè-Berteaux c’è un’ultima e, probabilmente l’unica, autentica misura, sostanzialmente rialzista: l’eventuale attuazione da parte del governo di un’acquisizione delle banche completa, stile Rtc. “Questo comporterebbe l’aggiunta dei crediti inesigibili pressoché non riconosciuti al bilancio del governo centrale, oltre che la ricapitalizzazione del sistema bancario, la razionalizzazione delle finanze del governo centrale e un sostegno governativo alla spesa pubblica sovvenzionato a livello centrale (destinato a finanziare la ristrutturazione del sistema Hukou27 piuttosto che maggiori infrastrutture). Ciò spingerebbe Pechino a utilizzare il proprio bilancio (relativamente privo di debiti, almeno sulla carta) anziché rimandare i mandati privi di fondi a governi locali, aziende di proprietà dello Stato e banche, come ha fatto nei decenni passati. Tutto questo è improbabile, ma sarebbe la soluzione necessaria a nostro avviso” conclude lo strategist.
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