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Picco dei rendimenti dei Bund, ecco le implicazioni in Borsa

3 Giugno 2015 10:30
financialounge -  bund Joe Prendergast mercati azionari titoli di stato
financialounge -  bund Joe Prendergast mercati azionari titoli di stato
Un giudizio più accomodante sulle azioni, e meno rialzista sulle obbligazioni high yield. È quanto ha dichiarato Joe Prendergast, Head of Financial Markets Analysis di Credit Suisse, alla luce del forte incremento dei rendimenti delle obbligazioni tedesche che accresce la volatilità e i rischi per la liquidità nel breve termine.
“Il rialzo del rendimento dei Bund tedeschi del maggio 2015 è stato straordinario in base a qualsiasi standard. Il movimento in punti base è stato uno dei più consistenti in un periodo di quattro settimane di tipo rolling dall’avvio dell’Unione Monetaria Europea. Questo consistente incremento rappresenta un mini-shock per il sistema finanziario, che danneggia la fiducia nella liquidità di uno dei mercati più liquidi al mondo” ha riferito lo strategist per il quale considerando solo questo parametro, ciò potrebbe determinare una certa riduzione dei rischi, poiché la liquidità è una delle fonti di maggior preoccupazione per i partecipanti al mercato in tutto il mondo.

In secondo luogo, l’incremento del rendimento «privo di rischi» alza in alto l’ostacolo per la performance di altri strumenti di portafoglio più rischiosi, ancora di più a fronte di una crescita della volatilità. “Si noti che la volatilità delle obbligazioni tende a essere un elemento anticipatore rispetto ad altri indicatori sulla volatilità di mercato: il «taper tantrum» del 2013 (cioè il brusco aumento dei tassi di interesse del mercato obbligazionario tra maggio e giugno del 2013 a seguito delle prime indiscrezioni circa un avvio del tapering da parte della FED) è un chiaro esempio in tal senso” ha sottolineato Joe Prendergast. Considerando i maggiori movimenti dei rendimenti dei Bund negli ultimi decenni sussistono delle prove che questi picchi abbiano una certa rilevanza per altri mercati. Essi portano, ad esempio, almeno a una pausa sul mercato azionario, anche in presenza di un trend al rialzo.

Analizzando i cinque principali picchi dei rendimenti dei Bund tedeschi dal 1990, si può notare che l’indice azionario tedesco (DAX) ha registrato un andamento piatto (o in ribasso), in media, tre mesi dopo il picco, e in tutti i momenti di osservazione, fuorché uno (nell’estate del 2001). In alternativa, dal 1999 si sono registrate sei occasioni in cui il rendimento dei Bund ha toccato un picco superiore allo 0,40% e il DAX era cresciuto più del 5% nei tre mesi precedenti: in cinque occasioni su sei, il DAX ha evidenziato per lo meno un consolidamento, e più spesso una correzione, nel trimestre successivo al rialzo dei rendimenti.
Per lo strategist, pertanto, considerando quanto successo in passato, il notevole incremento dei rendimenti non dovrebbe essere ignorato: gli asset rischiosi potrebbero essere sostenuti dalle banche centrali, ma ciò non escluderà momenti di volatilità, potenzialmente aggravati dall’illiquidità.

“Da una parte, ciò sostiene un giudizio meno favorevole per gli asset meno liquidi, che di recente hanno mostrato un’outperformance, come i titoli high yield, e supporta anche la nostra prudenza sul mercato azionario, dove le valutazioni sono generalmente alte, mentre gli indici di volatilità (azionaria) poco elevati segnalano una certa compiacenza degli investitori. D’altro canto, il rialzo dei rendimenti dei Bund potrebbe avere anche alcuni effetti collaterali positivi, come un leggero ampliamento degli spread tra euro e franco svizzero (CHF), che potrebbe contribuire a limitare ulteriormente il rischio al ribasso per il cambio EUR/CHF, e di contro a generare un’outperformance relativa delle azioni elvetiche” ha concluso Joe Prendergast.
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