Piazza Affari, il flash trading supera il 30% degli scambi

Nei primi due mesi di quest’anno il peso sul totale degli scambi ad opera dell’high frequency trading (HFT) relativo alle azioni dell’indice FTSE MIB di Piazza Affari ha superato il 30 per cento: si tratta di un ulteriore ampliamento della quota di mercato di questi speciali operatori che nel 2014 hanno contabilizzato il 27,17% degli scambi totali. Certo siamo ancora lontani dal 43% calcolato dall’Esma (l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati che, dal 1 gennaio 2011, ha il compito di sorvegliare il mercato finanziario europeo) e, soprattutto dal picco del 63% registrato nel 2009 a Wall Street, ma resta comunque il fatto che il fenomeno è da tenere strettamente sotto osservazione.
Gli operatori ultra veloci forniscono liquidità al mercato, ma spesso questi flussi spariscono con estrema liquidità spiazzando soprattutto i piccoli risparmiatori che si possono ritrovare posizionati su un titolo da vendere con volumi microscopici e quindi esposti a dover sacrificare il prezzo pur di vedersi accettato l’ordine di disinvestimento.

Ciò è possibile perché i flash trader sfruttano software sempre più sofisticati e mirati, per intercettare tendenze, sia in acquisto che in vendita, prima di altri operatori: ciò consente loro di cambiare strategie d’investimento molto più velocemente che in passato. Anche per questo i controlli delle autorità e le regole di mercato sono diventati sempre più restrittivi, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa: la normativa Mifid II (che persegue l’obiettivo di migliorare il funzionamento dei mercati e del sistema finanziario, rafforzandone la sicurezza, la trasparenza e la responsabilità, e di incrementare il grado di fiducia degli investitori grazie ad un più elevato standard di protezione e che dovrebbe entrare completamente in vigore nel 2017), prevede ulteriori obblighi come la conservazione della registrazione accurata e dettagliata degli ordini immessi ed eseguiti, compresi anche quelli cancellati.