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Debito emergente, un’occasione ghiotta per gli italiani

20 Febbraio 2015 09:30
financialounge -  invecchiamento mercati emergenti mercati obbligazionari Mondher Bettaieb Loriot
Il quadro d’insieme dei mercati obbligazionari dei paesi emergenti quest’anno non è univoco. Secondo gli addetti ai lavori il collocamento di titoli governativi dovrebbe essere inferiore al 2014 e, pertanto, abbastanza gestibile. Dall’altra parte, però, si prevede un numero molto maggiore di nuove emissioni nel settore aziendale: le stime ipotizzano volumi pari fino a sette volte il controvalore delle nuove emissioni dei titoli di Stato con le aziende asiatiche in prima fila a guidare i collocamenti.
Sul fronte dei rendimenti, l’universo emerging markets debt evidenzia tassi d’interesse piuttosto attraenti rispetto ai paesi industrializzati. Inoltre, dal momento che almeno nei primi due trimestri del 2015, si immagina una rivalutazione ulteriore del dollaro USA, dovrebbero approfittarne in particolare le obbligazioni emergenti in valuta forte. Molti analisti prevedono di nuovo flussi in entrata dei capitali più sostenuti rispetto agli ultimi 18 mesi ma comunque ancora inferiori alla media decennale: non bisogna tuttavia sottovalutare le possibili ripercussioni negative di eventuali deflussi di capitali dalle obbligazioni emergenti che si potrebbero verificare in particolare nel caso in cui la banca centrale USA dovesse effettivamente aumentare il tasso guida durante il resto dell’anno.
Detto questo, anche nel 2015 si dovrebbero presentare interessanti opportunità di guadagno sia con i bond emergng markets in valuta forte (in particolare quelli espressi in dollari Usa) e, selettivamente, con le obbligazioni in valuta locale. Una tesi condivisa da Mondher Bettaieb – Loriot gestore corporate bond di Vontobel Asset management: “Tra 10 anni la stragrande maggioranza dei paesi europei avrà oltre il 20% dei cittadini con età superiore ai 65 anni. Questo cambio demografico strutturale crea le premesse per un’opportunità di investimento da cogliere al volo per gli investitori europei e, quindi, anche italiani: quella di catturare l’extra rendimento ancora disponibile soprattutto (ma non solo) nel debito dei paesi emergenti. Oggi, infatti, a fronte di un rendimento intorno al 2,0% dei Treasury Usa a 10 anni e un 2,60% dei corporate bond IG a 10 anni, i bond EM in hard currency pagano il 5,5%, quelli in valuta locale il 6,5% e le emissioni decennali dei Paesi di Frontiera sfiorano i sette punti percentuali”. Si tratta di rendimenti che, secondo Mondher Bettaieb – Loriot potrebbero scendere sotto il 4% generando quindi laute plusvalenze nei portafogli degli investitori che li acquistano adesso.
Secondo l’esperto di Vontobel, infatti, nei prossimi anni l’invecchiamento della popolazione mondiale dovrebbe generare flussi aggiuntivi per 7 mila miliardi di dollari in fondi pensione a contribuzione definita (quelli cioè che pagano le prestazioni in funzione dei contributi versati) di cui un 40% circa (pari a 2.800 miliardi di dollari) destinato al reddito fisso. In questo scenario, non è escluso che i tassi dei titoli USA possano oscillare intorno agli attuali valori (per via della forte domanda aggiuntiva di titoli obbligazionari nel mondo) o, addirittura, anche scendere un po’ mentre la ricerca del rendimento privilegerà i titoli a più alta cedola come, per l’appunto, i bond emerging markets.
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