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Banche, senza stress test più risorse per la crescita

20 Gennaio 2015 15:15
financialounge -  banche italiane famiglie italiane
Oltre 172 miliardi. A tanto ammonta la somma della riduzione degli impieghi alla clientela delle prime 10 banche italiane dal 2009 al terzo trimestre di quest’anno.
Secondo un recente studio, infatti, se nel 2009 il totale degli impieghi alla clientela dei 10 principali istituti di credito del nostro paese ammontava a 1.421 miliardi di euro, al 30 settembre scorso, la somma non superava quota 1.249 miliardi.
È questo l’impatto diretto più importante sulle imprese e sulle famiglie, in termini di minori erogazioni, della crisi e degli stress test patrimoniali a cui le banche italiane sono state sottoposte per rispettare i vincoli di solidità richiesti dalla BCE.
Gli esperti fanno tuttavia notare che, per spiegare i volumi della contrazione, occorre anche ricordare la crescita esponenziale delle sofferenze e dei crediti deteriorati (passati nello stesso arco di tempo da 50 a 181 miliardi di euro) e la riduzione del patrimonio netto.

Infatti il rapporto tra impieghi alla clientela e rapporto netto è passato da 8,52 (nel 2009) a 8,73 (settembre 2014) a dimostrazione che i mezzi proprio si sono contratti in linea con la riduzione dei crediti. Resta comunque il fatto che, una volta archiviati gli stress test della BCE e soddisfatti tutti i requisiti patrimoniali (con il gruppo Montepaschi e Banca Carige che stanno provvedendo all’ulteriore rafforzamento delle risorse come richiesto dall’Eurotower), ci sono ora tutte le condizioni affinchè gli istituti italiani siano più disponibili a erogare prestiti a imprese e famiglie.
Una condizione che, associata al graduale aumento della domanda di credito delle imprese italiane (come certificato dall’ultimo Osservatorio Crif), potrebbe consentire alla nostra anemica economia di ritrovare un ritmo un po’ più sostenuto.
Un quadro tendenzialmente più positivo per il settore bancario italiano che, non a caso, da inizio anno è entrato di nuovo nei radar dei grandi investitori internazionali pronti a mettere mano alle proprie risorse finanziarie per impiegarle in quote degli istituti di credito del nostro paese ritenuti ora più sottovalutati e piuttosto promettenti sotto l’aspetto della redditività futura.
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