crescita economica

La riduzione della propensione al rischio è solo rimandata

4 Novembre 2014 14:10
financialounge -  crescita economica giappone livello di rischio Zest Asset Management
Una costante escalation verso una sempre maggiore volatilità nei mesi a venire. È ciò che prevede Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset management analizzando i movimenti dei mercati finanziari in ottobre.
Per lo strategist, infatti, in sostanza nulla è cambiato rispetto ad un mese fa.
L'economia UE e quella cinese rallentano e il mondo prosegue in questo trend di rallentamento: il recente intervento della Bank of Japan (BoJ) ha soltanto rimandato di breve tempo una riduzione della propensione al rischio che era già iniziata e che avrà modo di ricominciare appena gli investitori avranno digerito la sorpresa.

“Mentre gli investitori sono stati positivamente impressionati sul dato del PIL USA del terzo trimestre (senza averlo analizzato più di tanto nelle sue insostenibili componenti), le Banche Centrali hanno avviato una serie di iniziative che richiedono una lettura molto attenta di quello che pensano ma non dicono o non possono e non vogliono dire” ammonisce Maurizio Novelli.

Prendiamo per esempio la BCE. Lo strategist non esclude che l’Eurotower avvii un vero e proprio QE, ma prima dovremmo assistere al peggioramento della situazione e subire una ulteriore caduta del ciclo e dell'inflazione in Europa.
“A quel punto forse, quando la situazione dell'economia avrà imboccato la strada del rischio di un avvitamento, scatenando una gigantesca rissa di natura politica, la BCE acquisterà Titoli di Stato (come e quanto non si sa). Questa azione non avrà alcun effetto sul ciclo dell'economia perché i tassi sono già abbastanza bassi da mesi e nonostante questo l'economia UE ha recentemente iniziato un nuovo peggioramento. Gli investitori chiedono il QE semplicemente per avere una scusa per far salire gli indici delle borse dato che dal fronte economico non giungono notizie favorevoli ad un rialzo. Però, poiché i tempi richiesti per l'intervento non saranno così brevi come sembra, i mercati Europei nel frattempo scenderanno ancora e le borse proseguiranno la discesa iniziata nel mese di ottobre per andare a testare nuovi minimi” puntualizza Maurizio Novelli per il quale il recente intervento di Bank of Japan puzza parecchio di disperazione.

Secondo lo startegist la BoJ ha deciso di acquistare tutti i Titoli di Stato che verranno emessi ogni mese nei prossimi mesi (12 trilioni di Yen) e questo significa una cosa sola: monetizzazione del debito. Di solito questa è l'ultima cosa che si fa quando si è arrivati al capolinea. La decisone di BoJ è anche la conseguenza di una irriducibile posizione assunta dal governo Abe di proseguire nell'aumento ulteriore dell'IVA nei prossimi mesi.

“È probabile che la crescita Giapponese nel 2014 chiuderà con un risultato vicino allo zero o forse anche negativo. Cioè l'ennesima conferma che le politiche monetarie in un contesto di trappola del debito e della liquidità funzionano solo per coloro che non vogliono vedere e non vogliono sentire. La verità è che il sistema giapponese, per come è strutturato, è poco sensibile alle politiche monetarie. Ma la BoJ non può dirlo. La svalutazione dello Yen non produce un aumento dell'export perché l'industria giapponese si era da tempo strutturata per uno yen forte e quindi ha delocalizzato la produzione già vent'anni fa per evitare la forza della divisa del Sol Levante” rivela Maurizio Novelli.

Lo strategist asserisce che lo yen debole produce solo l'effetto finanziario di una rivalutazione dei profitti che la Corporate Japan fa all'estero e quindi fa salire la borsa ma non fa crescere l'economia. Uno dei motivi ulteriori che rendono l'economia Giapponese insensibile alle politiche monetarie è infatti che una buona parte della liquidità che BoJ inietta nel sistema finanziario se ne va all'estero con i carry trades delle società finanziarie giapponesi. Il meccanismo che si crea è quindi favorevole ad un deflusso della liquidità dal Giappone a favore di dollaro australiano, won coreano, dollaro USA, euro e divise emerging: tra i maggiori beneficiari delle politiche monetarie espansive di BoJ figura il Treasury USA e in parte anche il Bund.

“Tuttavia il Nikkei rimane a questo punto forse l'unico mercato azionario che potrebbe proseguire il rialzo perché una ulteriore svalutazione dello Yen continuerebbe a sostenere un effetto contabile positivo per i bilanci delle aziende che producono utili in divisa estera. Per quanto riguarda però i sostenitori della «bolla sui bonds» credo che, alla luce delle considerazioni appena fatte, sia molto difficile assistere ad una caduta dei Treasuries solo perché la FED non acquista più, dato che i giapponesi (assieme alla Cina ed al resto dell'Asia) continueranno a comperare Titoli di Stato Americani per investire le riserve valutarie. Ecco quindi anche svelato il mistero di chi non riusciva a spiegarsi la continua performance positiva dei bonds quando tutti dicevano che dovevano essere venduti” confida Maurizio Novelli che poi passa ad esaminare le decisioni della Fed.

“Adesso il problema consiste nel verificare se la crescita economica in America potrà essere sostenuta ai ritmi degli ultimi sei mesi (Marzo - Settembre), che tra l'altro sono stati i migliori dal 2007. Io credo che questo non sarà possibile perché l'economia internazionale ha iniziato da poco un evidente fase di rallentamento guidato dall'Europa e dall'Asia. Quindi ritengo che gli Stati Uniti verranno risucchiati in questa fase di debolezza congiunturale e, mentre l'anno 2014 si dovrebbe chiudere con un PIL USA al 2,2%, l'ultimo trimestre di quest'anno ed il primo del 2015 evidenzieranno ancora una volta le difficoltà strutturali del ciclo dell'economia mondiale” sostiene Maurizio Novelli.

Ricapitolando, a questo punto la FED si è fermata e la Cina ha recentemente rallentato i suoi acquisti mentre BoJ si vede costretta a giocare il tutto e per tutto per uscire dalla deflazione. Quello che non si dice è che l'economia americana non può più ricoprire il ruolo di sostegno alla domanda globale come in passato perché ha troppo debito e troppo leverage nel sistema. Quindi per Maurizio Novelli, possiamo assistere a qualche breve periodo, come quello degli ultimi sei mesi, dove sembra che questo possa accadere ma nella realtà non può durare ed alle fasi di accelerazione seguono quelle di rallentamento.
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