Contatti

BCE

Il debito emergente in USD resta la prima scelta

26 Agosto 2014 15:36
financialounge -  BCE dollaro euro Eurozona Federal Reserve mercati emergenti mercati obbligazionari USA
In un momento in cui molti titoli obbligazionari di Paesi avanzati appaiono sopravvalutati, il debito emergente in dollari USA (USD) resta l’asset class preferita, in ambito fixed income, dalla Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset al location in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity.

“Il rendimento del debito in valuta forte, misurato in base all’indice globale J.P. Morgan EMBI, oscilla intorno al 5%, un livello interessante rispetto a quello delle obbligazioni governative globali (2% circa) e del debito USA investment grade (3% circa)” riferiscono gli esperti della PSU secondo i quali, l’asset class è inoltre sostenuta dalla prudenza fiscale delle economie emergenti.

“Cina a parte, i governi del mondo in via di sviluppo non ricorrono a stimoli fiscali come volano di crescita. La bilancia fiscale centrale, il gap tra entrate e spesa pubblica, si arresta al -2%, in marcato miglioramento rispetto al -3,7% osservato nel luglio 2009” spiegano gli specialisti della PSU.

Stando ai dati EPFR (istituzione che raccoglie i dati di raccolta dei fondi d’investimento mondiali), dal secondo trimestre 2014 le piazze obbligazionarie emergenti hanno visto una raccolta di 13 miliardi di dollari USA, pari al 6% del patrimonio netto. La parte del leone spetta al debito in valuta americana, mentre quello in divisa locale risente dei diffusi timori per la volatilità dei cambi.

“Per il momento manteniamo un atteggiamento prudente verso il debito “local currency”, essenzialmente in vista di una possibile flessione delle valute dei paesi emergenti rispetto al biglietto verde. Riteniamo che la svalutazione di tali divise sia un pre- requisito per i cambiamenti strutturali tanto necessari al mondo in via di sviluppo; la debolezza delle valute dovrebbe favorire le esportazioni, frenare la domanda interna di beni importati e ridurre il disavanzo delle partite correnti. Di recente, le autorità dei Paesi emergenti hanno cercato di contenere il rialzo delle monete nazionali, aumentando le riserve in valuta estera” puntualizza la PSU che ha inoltre ridotto l’esposizione alle obbligazioni governative europee.

Tale variazione risponde al forte rally osservato sui mercati obbligazionari periferici dell’Eurozona, i cui rendimenti sono ora ai minimi storici. Nei prossimi mesi la BCE dovrebbe fornire ulteriori stimoli, ma le valutazioni dei titoli di Stato dei paesi non- core sembrano, per la PSU, già scontare pienamente questo scenario.

“A tal fine abbiamo portato il debito investment grade dal sottopeso alla neutralità. Continuiamo a sottopesare l’euro rispetto al dollaro USA. Poiché nei prossimi mesi la BCE seguirà probabilmente una linea più accomodante mentre la Fed si muoverà in direzione opposta, i differenziali dei tassi di interesse giustificano un posizionamento corto (cioè ribassista) sull’euro. Le condizioni economiche delle due regioni potrebbero divergere ulteriormente data la decelerazione dell’economia dell’eurozona. A nostro parere, è ragionevole aspettarsi un calo dell’euro ben al di sotto dell’1,30 sul dollaro contro l’1,33 attuale. Tale flessione sarebbe auspicabile dal punto di vista delle autorità in quanto incentiverebbe le esportazioni dalla regione e darebbe ulteriore impulso alla liquidità” è la conclusione cui giungono gli esperti della PSU.
Share:
Trending