Ora l’high frequency trading punta sulle valute

Dimenticate il mercato azionario. Per gli operatori ad alta frequenza (HFT, High Frequency Trader), il posto giusto dove operare è ora quello delle valute. Le imprese che utilizzano le strategie ultra –veloce potevano vantare nell’ottobre 2013 oltre il 35 per cento del volume degli scambi sul mercato delle valute contro il 9 per cento che avevano nel mese di ottobre 2008, in base ai dati elaborati dalla società di consulenza Aite Group LLC.
È un trend esattamente opposto a quello registrato nel mercato azionario dove la loro percentuale si è ridotta al 50 per cento nel 2012 dal 66 per cento di quattro anni fa, sulla base delle rilevazioni di Rosenblatt Securities Inc.

"L'uso di HFT, per consentire il trading e la relativa regolamentazione nel mercato dei cambi (FX) è più complesso rispetto ad altri mercati finanziari e ci sarebbero anche alcuni interrogativi sulla correttezza" sottolinea Anshuman Jaswal, analista senior presso la società di ricerca Celent di Boston che poi, tuttavia, ammette: "D’altra parte è anche vero che l'uso dell’high frequency trading aumenta la liquidità e lo spessore dei mercati. Sia i favorevoli che i contrari agli scambi ad alta frequenza hanno delle ragioni e, per questo, non c'è una risposta univoca sul loro uso".

Il dibattito sul trading ad alta frequenza, un termine che descrive le strategie che usano i computer fulminei per guadagnare profitti nei mercati mobiliari grazie alla rapidità delle operazioni prima che possano avvenire quelle degli operatori tradizionali, è di nuovo esploso sui media questa settimana dopo l’uscita del nuovo libro “Flash Boys” di Michael Lewis nel quale si dice esplicitamente che i mercati azionari statunitensi sono truccati: il libro fa inoltre alcuni riferimenti anche al mercato monetario affermando che l’instabilità creata sui mercati dall’HFT è destinato prima o poi a diffondersi dai titoli azionari ad altri listini finanziari.