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Fare affari con Pechino

11 Novembre 2013 08:00
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L’obiettivo è quello di riequilibrare la bilancia commerciale con la Cina che nel 2012 ha visto i paesi dell’Unione Europea importare merci e servizi per quasi 300 miliardi di euro di controvalore ed esportarne volumi per meno della metà. Ma gli ostacoli da superare dalle aziende europee esportatrici sul mercato cinese sono talvolta insormontabili o, quantomeno, molto persistenti.

Nel settore alimentare, per esempio, esiste un’ampia discrezionalità nei controlli alle dogane mentre le contraffazioni di marchi continuano a dilagare. Le autorità di controllo preposte alle verifiche del cibo sono rigorosi sul fronte delle frodi alimentari importati (che subito vengono sequestrate) e molto burocratici nell’approvazione degli incartamenti per l’import–export.

Un altro segmento che potrebbe avere un futuro radioso di lungo termine, quello dell’auto elettrica è frenata dagli interessi interni: la Cina produce in eccedenza auto a combustibile, benzina e diesel, ed è costretta ad esportarle e questa necessità ostacola (anche limitandone gli incentivi) la diffusione degli automezzi elettrici.

Infine il settore energetico dove, dopo i boom del solare, si stanno gettando le basi per un successo delle rinnovabili a vento. Il problema è che la Cina si trova già in sovraccapacità produttiva di eolico, che beneficia di ingenti sovvenzioni statali, e quindi è costretta ad esportare all’estero ma con un vantaggio competitivo drogato dagli aiuti di Stato.

Per queste, e per molte altre ragioni, la UE sta cercando di ottenere una riduzione delle forti ingerenze statali cinesi su settori vitali per aprirli a una effettiva concorrenza internazionale.
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