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L'Italia e i mercati: non vanno confusi, ma ascoltati

Gli investitori fanno fatica a districarsi tra le molte voci del governo. Ma, osserva Mark Holman del gruppo Vontobel, la politica ha saputo ascoltare il mercato. E alla fine gli effetti si sono visti sui prezzi degli asset.

6 Settembre 2018 15:53

Di solito quando parla il ministro del Tesoro di un paese del G7 i mercati ascoltano con le orecchie diritte. Non è stato così venerdì 31 agosto quando il ministro italiano Tria ha detto che il bilancio in preparazione per il 2019 puntava a un deficit/PIL all’1,5%. C’è stato bisogno che i due vice-premier Salvini (soprattutto) e Di Maio avallassero la linea di moderazione per far rientrare lo spread e recuperare i titoli bancari. L’osservazione è di Mark Holman, CEO di TwentyFour Asset Management del gruppo Vontobel, secondo cui inizialmente i mercati hanno preso i commenti di Tria con il beneficio del dubbio, poiché credevano che il suo pensiero sarebbe potuto non essere del tutto in linea con quello dei due ‘azionisti di maggioranza’ del governo.

ALLA FINE IL MERCATO È STATO ASCOLTATO


Salvini prima e Di Maio a seguire hanno corretto il tiro, con il ministro dell’Interno che ha messo nelle sue dichiarazioni anche il numero magico: 2%. Ma il fatto più importante, come sottolinea Holman, è che i due politici italiani hanno mostrato di saper ascoltare il messaggio che il mercato aveva mandato per tutto il mese di agosto, prendendo implicitamente atto che gli investitori internazionali non sono dei nemici che vogliono destabilizzare i paesi in cui sono presenti, cosa di cui è invece convinto, con i risultati che si vedono, il premier turco Erdogan. Sono semplicemente dei signori che si fanno guidare dalla fiducia che percepiscono per decidere quale è l’allocazione migliore dei capitali che sono stati affidati alle loro mani.

IL CONFRONTO CON GLI ALTRI AIUTA


Holman osserva che se fosse stato confermato l’1,5% sarebbe stata una notizia fantastica. Ma aggiunge che anche qualcosa tra il 2% e il 3% dovrebbe essere visto positivamente, perché sarebbe comunque sotto la soglia del 3% fissata dal trattato di Maastricht e dalla UE. Holman ricorda anche che disavanzi molto più elevati sono tollerati nell’Unione, purché temporanei e considerati nell'interesse economico a lungo termine del paese. Holman cita la Spagna come “un perfetto esempio” con un deficit che ancora viaggia al 3,1% del PIL. I suoi titoli di Stato non vengono svenduti e anzi proprio ad agosto lo spread con l’Italia si è allargato più di quello con il Bund tedesco.

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SPAZIO DI CRESCITA PER I BTP


L’esperto cita anche la Francia, ancora al 2,6%, mentre nel 2017 l'Italia è arrivata al 2,3%. Evidentemente, a differenza di Spagna e Francia, per l’Italia c’è un problema di percezione del rischio, causato da molte, forse troppe parole in libertà più che da fatti e numeri concreti. Quando questi ultimi tornano protagonisti il rischio percepito diminuisce e i prezzi tornano a puntare verso la normalità. Se è comprensibile che tutti gli occhi siano puntati sull'Italia, è la conclusione di Holman, “ora stiamo entrando nella stagione degli esami comunitari dei bilanci statali, e ci potrebbero essere altre nazioni i cui disavanzi fanno sembrare la situazione italiana un po' meno negativa”. Se così fosse, secondo Holman, “i BTP italiani potrebbero crescere ancora da qui in poi”.
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