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BTP, gli indizi che indicano un possibile restringimento degli spread

Un governo italiano appena eletto e non favorevole al mercato penalizza l’Italia in termini di rendimento ma l’attuale spread rispetto ad altri paesi periferici sembra ingiustificato, spiegano gli esperti di Vontobel.

2 Agosto 2018 15:49

“Sembra ragionevole che un governo appena eletto, non favorevole al mercato, debba tradursi in un premio in termini di rendimento, ma l’attuale spread dei titoli di stato italiani rispetto ad altri paesi periferici sembra ingiustificato e ci aspetteremmo che questo tenda a ridursi nei prossimi mesi”, dichiara Felipe Villaroel, Gestore del portafoglio di TwentyFour Asset Management (gruppo Vontobel Asset Management). La conclusione dell’esperto è il frutto di una sua, puntuale analisi su cosa sia accaduto in Italia (e nei mercati obbligazionari della zona euro) dalle elezioni del 4 marzo scorso in poi. Ripercorriamo insieme questa sua disamina.

CINQUE MESI DALLE ELEZIONI DI MARZO


Sono trascorsi quasi cinque mesi dalle elezioni italiane, con il risultato che il lungo e faticoso processo di formazione di un governo di coalizione alla fine ha portato al più rapido sell-off (vendita di titoli sul mercato senza limitazione né di prezzo né di quantità) dei BTP che si sia visto da molto tempo, mentre lo spread rispetto ai bund ha toccato livelli che non si vedevano dal 2013. A giocare a sfavore dei governativi italiani c'era l’incertezza sulle intenzioni della nuova coalizione riguardo all'appartenenza dell’Italia all'euro, con in più l’aggravante che il presidente Mattarella aveva bloccato il primo governo proposto ponendo il veto alla nomina di un ministro delle finanze euroscettico. In seguito, i mercati hanno rapidamente scontato la probabilità di nuove elezioni e la possibilità che i partiti euroscettici fossero in grado di ottenere una percentuale di preferenze ancora maggiore.

DUE IMPORTANTI CAMBIAMENTI


Da allora, però, alcune cose sono cambiate, almeno su due argomenti importanti. “In primo luogo, il governo è ora operativo e i mercati hanno avuto la possibilità di testare alcune delle politiche che pianifica di mettere in atto. Queste includono, tra le altre cose, una riforma delle pensioni, alcune riforme del mercato del lavoro e una flat tax. Alcune di queste politiche non saranno ben accolte a Bruxelles. Di conseguenza ci aspettiamo di vedere i rappresentanti del governo italiano che si scontrano con l'UE su questi temi”, specifica Felipe Villaroel.

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LA PROBABILITÁ CHE L’ITALIA LASCI L’EURO È QUASI ZERO


In secondo luogo, fa sapere l’esperto, gli operatori di mercato hanno avuto il tempo di considerare la probabilità che l'Italia lasci l'Eurozona. A questo proposito gli ultimi sondaggi (pubblicati il 9 luglio) sono molto chiari, con oltre il 65% degli italiani che afferma di non volere un referendum sull'adesione e poco più del 74% che dichiara di votare per restare nell'euro se ci fosse un referendum sul tema. “Per noi – commenta Villaroel - questi numeri suggeriscono che la probabilità che l'Italia lasci l'Eurozona è prossima allo zero”.

QUANTO DOVREBBERO RENDERE I BTP OGGI


Sulla base di queste nuove informazioni, dove dovrebbero essere oggi i rendimenti dei BTP? Quello attuale è un governo di coalizione debole, formato da partiti che non sono d'accordo su una serie di questioni, che cercheranno di approvare una legislazione che sarà messa in discussione dalla UE. È quindi fisiologico che gli spread debbano stare su livelli più ampi rispetto a quelli pre-elettorali.

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SPAZI PER UNA RIDUZIONE DELLO SPREAD


“Tuttavia, al momento, non esiste nessuna minaccia dell'uscita dell’Italia dall'Eurozona. Eppure il BTP a due anni continua ad offrire un rendimento di 73 punti base (+0,73%). Per comprendere la situazione basti pensare che lo stesso titolo di stato portoghese paga attualmente il -0,12% e i rendimenti dei titoli spagnoli equivalenti sono a -0,31% mentre tra i tre paesi solo l’Italia è una nazione del G7. Non solo, il BTP decennale si attesta al 2,72%, che è più vicino al rendimento dell’omologo greco (3,96%) che a quello spagnolo (1,42%)”, conclude Felipe Villaroel.
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