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Crisi globali: le nuove linee di frattura potrebbero trovarsi nell’Eurozona

A dieci anni dal collasso di Lehman Brothers che ha scatenato la crisi finanziaria globale, il mondo sembra un posto più sicuro, ma Schroders avverte sui rischi che si annidano nei nuovi squilibri che si vanno creando.

28 Settembre 2018 07:50

Nel mondo di oggi le banche sono meglio capitalizzate di 10 anni fa, le autorità hanno steso reti di sicurezza più forti, la volatilità sui mercati è contenuta e il mondo si prepara a tornare alla normalità monetaria e a uscire dalle politiche di stimolo con tassi di interesse che tornano gradualmente a salire, anche se a velocità diverse in America e nel resto del globo. Ma questo cambiamento di rotta può a sua volta causare nuovi squilibri, che è importante individuare andando a capire dove si potrebbero trovare le nuove linee di frattura per l’economia globale. Keith Wade, Chief Economist & Strategist della casa d’investimento globale Schroders, fondata a Londra nel 1804, individua tre ambiti che potrebbero rappresentare potenziali fonti di tensione guardando al futuro, e segnala l’Eurozona come faglia a rischio di frattura dell’equilibrio economico e finanziario globale.

GLI SQUILIBRI DELLE BILANCE DEI PAGAMENTI


Wade osserva che tra le cause della crisi di 10 anni fa, ci fu lo squilibrio tra le partite correnti dei mercati sviluppati e quelle dei mercati emergenti, in disavanzo le prime e in surplus le seconde, che si era venuta a creare negli anni precedenti. Una situazione invertita rispetto ad oggi, con alcuni mercati emergenti che sono scivolati in disavanzo, anche se a un livello contenuto rispetto a quelli toccati dai paesi sviluppati prima della crisi finanziaria. Molte economie emergenti continuano a mostrare un surplus, ma rispetto al passato in generale gli emergenti sono diventati più dipendenti dai flussi di capitale dall’estero, e quindi più sensibili ad aumenti dei tassi da parte della Federal Reserve americana, che hanno l’effetto di rendere più costoso il debito e di indebolire le monete locali, costringendo a bruciare riserve per sostenerle.

Sull’Eurozona l’ombra di uno scenario di crisi del debito italiano


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IL RITORNO DEI DEFICIT GEMELLI


Nel primo trimestre del 2018 la Cina è andata in deficit delle partite correnti per la prima volta dal 2010 e altri mercati emergenti potrebbero seguirla, anche per la pressione della guerra dei dazi, che recentemente ha visto gli Stati Uniti introdurre tariffe su 200 miliardi di dollari di importazioni provenienti da Pechino. Anche gli Stati Uniti sono in una situazione di deficit delle partite correnti, anche se molto diminuito negli ultimi 10 anni. Ed ora con la politica fiscale espansiva dell’amministrazione Trump al deficit con l’estero si aggiungerà l’aumento del deficit di bilancio, con un probabile ritorno al classico rischio dei deficit “gemelli” americani. Questo potrebbe avere conseguenze positive sugli emergenti, che eviterebbero di scivolare in deficit e tornare anche solo temporaneamente in surplus.

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L’EUROZONA COME LA CINA 10 ANNI FA


Quindi un equilibrio precario è possibile tra USA e la grande area degli emergenti, ma a fronte di un forte squilibrio l’area euro, con una bilancia dei pagamenti in forte attivo, e il resto del mondo. Secondo Wade, per diversi aspetti l’Eurozona sta recitando la parte della Cina e delle altre economie emergenti nel periodo precedente alla crisi globale. Oggi, lo squilibrio è ammortizzato dalla Banca Centrale Europea e dalle sue politiche ultra-accomodanti, che allontanano dall’euro gli investitori in cerca di rendimenti su valute con tassi più alti. L’euro resta debole e l’Eurozona accumula riserve valutarie come la Cina di 10 anni fa. La debolezza dell’euro serve anche a combattere la deflazione, ma ora cominciano a farsi sentire pressioni per l’apprezzamento dell’euro, perché la BCE si avvia a uscire dal quantitative easing e da metà del 2019 dovrà cominciare ad alzare i tassi.

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RICERCA DIFFICILE DI UN NUOVO EQUILIBRIO


Questo, secondo Wade, pone l’Eurozona di fronte a un dilemma, che potrebbe far aprire fratture negli equilibri globali. La combinazione tra surplus delle partite correnti e una valuta debole infatti finora è stata possibile solo grazie a una politica monetaria straordinariamente accomodante. Ora la ripresa dell’Eurozona dovrebbe essere accompagnata da tassi di interesse più elevati e da una valuta più salda. Ma potrebbe dimostrarsi una sfida complessa. La BCE cerca di uscire dal quantitative easing senza causare un apprezzamento significativo dell’euro, ma il rischio è di far deragliare l’attività economica. L’alternativa per l’Eurozona, come successo al Giappone, è trovarsi bloccata con una politica monetaria molto accomodante per un periodo indefinito.
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