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Argentina riammessa nell’indice Emergenti: cosa cambia per gli investitori

Nel breve termine il rientro dell’Argentina nell’Msci Emerging Markets Index è sicuramente una buona notizia. Ma la politica resta la preoccupazione principale

di Redazione 21 Giugno 2019 14:00

Argentina, 1903. La Buenos Aires Electric Tramways Company cerca finanziamenti e, con l’aiuto di Schroders, emette un bond da 185mila sterline, equivalenti a circa 22 milioni di sterline odierne. Una somma di rilievo, in linea con un’economia che all’inizio del ‘900 era nei primi posti per Pil pro capite e competeva con nazioni come Francia e Italia. Uno status che l’Argentina ha poi inesorabilmente perso, fino a scendere all’89esimo posto nel 2017.

ARGENTINA RIAMMESSA NELL’INDICE EMERGENTI


Poche settimane fa, però, è arrivata una buona notizia per l’Argentina. Dopo anni di volatilità estrema, iperinflazione e default in serie, il Paese sudamericano il 28 maggio è stato riammesso dall’Msci nell’Emerging Markets Index. I tempi bui per l’Argentina sono quindi un ricordo? Troppo presto per dirlo, come sottolinea Pablo Riveroll, Head of Latin American equities di Schroders.

LE PROSPETTIVE


Avendo cominciato a operare in Argentina nel 1903, Schroders conosce in modo approfondito la storia dell’economia sudamericana e oggi è in grado di fare il punto sulle prospettive in vista delle elezioni presidenziali del prossimo ottobre. Innanzitutto va sottolineato come le porte dell’Msci Emerging Markets Index per l’Argentina, per il momento, non siano proprio spalancate. Il peso del Paese nell’indice, infatti, è dello 0,3%.

CAPITALI IN ARRIVO


Tuttavia, questo rientro “è una notizia positiva per il mercato azionario nel breve termine”, sottolinea Riveroll, perché “potrebbe portare un afflusso netto di capitali di oltre un miliardo di dollari da parte degli investitori passivi”. Gli investitori attivi di lungo termine, invece, secondo Riveroll resteranno concentrati sulla continuità delle politiche governative post-elezioni.

Economia globale, una bici traballante su un percorso dissestato


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ECONOMIA ESPOSTA A SHOCK ESTERNI


Data la sua dipendenza dalle esportazioni, l’economia argentina è storicamente più esposta a shock esterni. Inoltre, anni di politiche interventiste promosse prevalentemente dai governi peronisti, ricorda Riveroll, “hanno creato disequilibri che hanno portato ad accumulo di debito estero e conseguenti default, compreso quello più ampio mai visto”.

LE RIFORME DI MACRI


Le riforme portate avanti da Mauricio Macri, improntate all’austerity, hanno migliorato la percezione dei mercati nei confronti dell’Argentina. Ma la mancanza di una maggioranza netta al Congresso ha rallentato questo percorso. Non a caso il Governo è dovuto ricorrere al prestito di 56 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale e l’inflazione è ripartita in modo prepotente nonostante i tassi di interesse che hanno superato il 70%.

STOP AL CONTROLLO SUI CAPITALI


“Riteniamo che l’upgrade dell’Argentina abbia il potenziale per rivelarsi una notizia molto positiva per gli investimenti nel Paese – commenta Riveroll - Inoltre, è ora meno probabile un ritorno al controllo sui capitali, dato che una delle condizioni per la “promozione” nell’indice era proprio l’eliminazione di tale misura. Tuttavia, l’upgrade è arrivato in un periodo di incertezza, in cui l’economia è in recessione, l’inflazione non è controllata e le elezioni presidenziali sono all’orizzonte, ad ottobre. L’indice di gradimento del Presidente Macri è diminuito e sono aumentate invece le prospettive di un ritorno al potere del Partito Peronista”. Dunque, è la conclusione, la preoccupazione più immediata per gli investitori riguarda il risultato delle elezioni.
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