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Turbolenza di mercato: le valutazioni aiutano, la politica no

Anche se la situazione politica è più complessa, la turbolenza in corso appare diversa rispetto a quella di gennaio se si guarda alle valutazioni più ragionevoli dei titoli.

12 Ottobre 2018 16:30
financialounge -  correzione di borsa ETF Marco Piersimoni Pictet Wall Street

Sono in molti ad aver messo a confronto quanto accaduto in questi ultimi giorni con la correzione dei mercati tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Anche allora, come oggi, a preoccupare gli investitori furono le prospettive di un’inflazione in rialzo in un ambiente nel quale i tassi del mercato obbligazionario continuano a salire. Basti pensare che dall’inizio del mese di settembre, i tassi nominali statunitensi a 10 anni sono aumentati di 30 punti base (+0,30%) mentre i rendimenti reali (al netto cioè dell’inflazione) hanno superato la soglia dell’1% per la prima volta dal 2011.

ALCUNI FATTORI CONCOMITANTI


Un trend, quest’ultimo favorito da alcuni fattori concomitanti tra i quali, in particolare, i robusti dati macroeconomici, l’energico rialzo dei prezzi del petrolio e un inatteso cambio di atteggiamento del Presidente della FED Powell che ha di recente affermato che Federal Reserve è ancora lontana dal raggiungimento del livello neutrale dei tassi di interesse (quello che non aggiunge né taglia la crescita economica). Come a dire che il rialzo dei tassi USA non è affatto completato e, anzi, potrebbe essere più aggressivo di quanto ipotizzato finora dai mercati.

NOTIZIE POLITICHE USA


A rendere la situazione ancora più ingarbugliata, e diversa di quella di nove mesi fa, sono alcune notizie sul fronte politico americano. Sia quelle dirette a provocare ancora di più Pechino e ad alimentare la guerra commerciale, e sia l’attacco del presidente Trump nei confronti delle Fed, accusata di commettere un errore nell’essere troppo restrittiva. Un altro punto di differenza rispetto a 9 mesi fa, è poi il diverso posizionamento del mercato. Rispetto ad allora, si è registrato un volume di investimenti in strategie di vendita della volatilità nettamente inferiore. Per esempio, mentre non c’è quasi traccia delle strategie (Inverse VIX ETP) che scommettono sul declino della volatilità, è calato del 30% il numero di contratti derivati attivi sulla volatilità (Futures sul VIX).

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ALERT SOLO PER GLI ETF SUL NASDAQ E SUGLI HIGH YIELD


Anche i flussi di disinvestimento sugli ETF, che nella correzione di nove mesi fa contribuirono ad alimentare l’entità del calo degli indici di mercato, stavolta risultano inferiori con le sole eccezioni degli ETF specializzati sull’indice tecnologico Nasdaq e di quelli focalizzati sulle obbligazioni high yield, che hanno accusato riscatti per il 3% del loro controvalore. Certo, occorrerà vedere nei prossimi giorni l’evoluzione della situazione di mercato così come non si può escludere il rischio di ulteriori vendite da parte degli asset manager che adottano le strategie “risk parity” (che, se i ribassi contemporanei di azioni e bond proseguissero, potrebbero essere costretti a vendite forzate delle posizioni in portafoglio), ma c’è la sensazione che il clima ‘tecnico’ di mercato sia meno pericoloso  rispetto a quanto sperimentato tra gennaio e febbraio.

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IL P/E DELL’S&P 500 OGGI A 16 VOLTE GLI UTILI ATTESI


“Oggi, inoltre, le valutazioni relative alle varie asset class risultano più che ragionevoli: l’indice S&P500 sta trattando a 16 volte il livello degli utili previsto per i prossimi 12 mesi e i rendimenti sul decennale USA sono al 3,2%, mentre dopo la correzione dello scorso febbraio l’S&P500 quotava a 18 volte gli utili e il rendimento sul decennale era al 2,8%” fa sapere Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. L’esperto, per contro, non nasconde che, mentre a inizio anno le aspettative relative ai profitti disegnavano una traiettoria in salita, adesso stanno volgendo in negativo: un trend  che potrebbe non facilitare una rapida stabilizzazione del mercato, dal momento che l’asticella delle aspettative sui profitti aziendali è posta ad un livello decisamente alto (+24% rispetto agli utili del terzo trimestre 2017). Un altro fattore di supporto che mancherà al mercato rispetto al recupero di febbraio è poi quello del riacquisto di azioni proprie (buy back): da fine settembre fino all’inizio di novembre, dopo la chiusura della stagione degli utili, è infatti in vigore la finestra di blackout che, tranne specifiche eccezioni, vieta i buy back aziendali.
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