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Le potenzialità inespresse della Russia

12 Novembre 2013 20:00
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La Russia beneficia da sempre delle sue risorse naturali e, in particolare, di quelle energetiche. Tuttavia, per quanto possa sembrare paradossale, proprio l’abbondanza del petrolio e il fatto che le quotazioni del greggio stiano resistendo su elevati livelli più di altre materie prime, è tra i fattori di freno alla crescita del paese.

L’incapacità della Russia di diversificare l’economia al di là delle industrie a controllo statale sta infatti compromettendo i suoi punti di forza. Per esempio, eliminando i ricavi petroliferi, l’avanzo corrente di bilancio statale si trasforma in un deficit pari al 7% del PIL, mentre il surplus fiscale diventa un deficit del 10% del PIL, ed entrambe le tendenze negative si aggravano col passare del tempo. L’aumento del deficit del bilancio pubblico, petrolio escluso, è in parte dovuto alla campagna del Cremlino tesa ad ingraziarsi pensionati e dipendenti pubblici.

Le pensioni medie sono cresciute rapidamente in un momento in cui il numero di persone occupate non è più sufficiente a pagarle. Nell’arco dei prossimi dieci anni, dieci milioni di baby boomer arriveranno all’età pensionabile, e di qui a due anni il numero di pensionati supererà il numero sempre più esiguo di russi in età da lavoro. Il problema è che l’elite che comanda sembra tollerare un certo grado di libertà in alcune aree (finanza, internet, politica locale) mentre continua a estendere il suo controllo sull’economia nazionale, soprattutto in settori strategici quali quelli del petrolio e del gas.

Il risultato è che, in appena 12 mesi, la crescita del PIL è rallentata di oltre tre punti percentuali; il nostro sospetto è che buona parte del rallentamento sia da attribuire a debolezze strutturali: dal crescente controllo statale, all’assenza di investimenti privati fino all’imminente minaccia dell’invecchiamento demografico per le finanze pubbliche. È possibile che tali punti deboli abbiano ridotto il tasso di crescita nel lungo termine della Russia al 2,5% circa, contro il 4,5% circa del 2007.

C’è poi da considerare la bassa produttività derivante dal fatto che circa la metà di tutti gli investimenti proviene dallo Stato, che spende in maniera dissoluta e per progetti colossali e improduttivi. Inoltre, la corruzione e l’inefficienza scoraggiano gli investimenti privati in nuovi impianti e macchinari, ed è questo uno dei motivi per cui non si può ancora parlare di un settore manifatturiero russo.

Esiste una percentuale più moderna dell’elite russa capace di comprendere le forze di mercato così come un settore informatico all’avanguardia mondiale, frutto anche dei massicci investimenti dell’Unione Sovietica (durante la Guerra Fredda) in scienza e ingegneria nel tentativo (fallito) di superare gli Stati Uniti: il settore informatico russo produce infatti il 7% dei laureati in scienze e ingegneria a livello globale, con una popolazione di appena il 2% di quella mondiale.

Tuttavia, per invertire la tendenza è necessario che Cremlino sostenga una vera riforma dell’imprenditoria: ma i prezzi del petrolio elevati e la bassa dipendenza dai finanziamenti esteri propendono per lo status quo lasciando inespresse le forti potenzialità extra energetiche della Russia.
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