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Stimoli e infrastrutture: una diga anti-recessione

Morgan Stanley passa in rassegna i casi di Cina, Usa e Eurozona per capire come l’investitore possa trarre vantaggio dagli investimenti in stimolo e infrastrutture disegnati per far ripartire l’economia

di Redazione 18 Aprile 2019 11:00
financialounge -  infrastrutture Morgan Stanley Investment Management

Dopo mesi di nervosismo e timori sulla crescita globale, minacciata su più fronti, dalle tensioni sui dazi alle incertezze geopolitiche in diverse aree, ora le misure di stimolo all’economia, fatte anche di investimenti infrastrutturali, potrebbero imprimere ai mercati una nuova spinta in grado di rimettere l’economia globale in carreggiata. Proprio la debolezza dei mercati finanziari ha infatti generalmente indotto le banche centrali delle principali aree ad adottare un orientamento più accomodante, visibile in particolare nella recente decisione di sospendere il rialzo dei tassi negli Stati Uniti. Tuttavia, i programmi di stimolo, che in molti casi prevedono consistenti investimenti nelle infrastrutture, potrebbero svolgere un ruolo vitale nel ridurre il rischio di recessione nel breve termine. Sono le conclusioni cui arriva l’analisi di Andrew Harmstone, Lead Portfolio Manager di Morgan Stanley per la Strategia Global Balanced Risk Control.

STIMOLI DIFFUSI ATTESI NELLE PRINCIPALI AREE


L’analisi è titolata “On the Road Again”, come una delle canzoni più celebri del mitologico cantautore americano Johnny Cash, per indicare che se si riaprono i cantieri, a partire da quelli per le infrastrutture di trasporto, si riapre anche lo spazio di recupero per economie e mercati globali. Harmstone si aspetta che Cina, Stati Uniti ed Eurozona annuncino ulteriori iniziative di stimolo, vale a dire che nel secondo semestre del 2019 potremmo assistere a un aumento ciclico degli investimenti infrastrutturali che potrebbero spingersi fino a 2020 inoltrato. Il primo focus dell’esperto è la Cina, che ha avviato significativi programmi di stimolo, dando prova di un forte impegno per la stabilizzazione dell’economia nel breve termine, soprattutto su due direttrici: tagli alle imposte e progetti infrastrutturali finanziati con titoli di debito emessi dalle amministrazioni locali. Se le iniziative della Cina sul fronte monetario e fiscale aiuteranno il paese a stabilizzare al 6-6,5% il tasso di crescita previsto per il 2019, “un simile risultato dovrebbe avere ripercussioni positive sul resto del mondo”, afferma l’esperto.

NEGLI USA POSSIBILI INTESE BIPARTISAN PRO-INFRASTRUTTURE


Passando agli Stati Uniti, Harmstone individua proprio negli investimenti in infrastrutture un’area di convergenza bipartisan. Le infrastrutture statunitensi versano in condizioni di notevole degrado al punto da meritare, nel 2017, solo una sufficienza stiracchiata da parte dell’American Society of Civil Engineers. La spesa per le infrastrutture ha quindi buone probabilità di creare posti di lavoro e rafforzare l’economia. Potrebbe inoltre ridurre il costo dei trasporti e migliorare la sicurezza, con un aumento della redditività delle aziende, che avrebbero così la disponibilità necessaria per aumentare gli investimenti. Nel 2018, Trump aveva proposto un pacchetto da 1500 miliardi di dollari per modernizzare strade, ponti e aeroporti obsolescenti. I democratici si accontenterebbero di 500 miliardi di dollari in 10 anni in infrastrutture in grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Se i piani dei due partiti si differenziano, l’elettorato sia repubblicano che democratico è favorevole alle infrastrutture, e a maggio potrebbe venire presentata una proposta di legge congiunta.

EUROPA E GIAPPONE INDIETRO MA NON STANNO A GUARDARE


Nell’Eurozona, i programmi di stimolo non si avvicinano neppure lontanamente a quelli di Cina e Stati Uniti, ma sono comunque in espansione, anche come reazione all’ascesa dei partiti populisti in paesi come l’Italia. I livelli di spesa tra i diversi paesi dell’Eurozona variano notevolmente. L’esperto di Morgan Stanley calcola che la cifra netta finale da destinare agli stimoli potrebbe superare i 47 miliardi di dollari. In Giappone invece la spesa infrastrutturale potrebbe andare a compensare l’atteso aumento dell’IVA dall’8 al 10%. Tenuto conto che il bilancio di Tokyo include anche 1.000 miliardi di yen destinati a opere pubbliche, Harmstone calcola il saldo netto positivo per misure di stimolo in 900 miliardi di yen, irca 9,8 miliardi di dollari o lo 0,16% del PIL.

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UNA COSTANTE NEI BILANCI E NELLE POLITICHE DEGLI EMERGENTI


Infine i Mercati emergenti, dove un generale aumento della spesa pubblica, con particolare attenzione alle infrastrutture è una costante. Nell’Asia emergente, l’India ha avviato iniziative di spesa per strade, ferrovie e sviluppo rurale, le Filippine stanno aumentando la spesa e innalzando il tetto del deficit pubblico per potenziare le infrastrutture. In Corea del Sud il governo ha in programma la più grande espansione di bilancio dalla crisi finanziaria del 2008, mentre solo l’Indonesia, che ha posticipato i progetti infrastrutturali, rappresenta una eccezione. Anche in America Latina la spesa per infrastrutture è positiva. Il Brasile ha in programma una serie consistente di spese infrastrutturali che includono 12 aeroporti e una importante linea ferroviaria, e a breve lancerà una gara per la gestione di quattro porti, mentre la politica monetaria è diventata più accomodante. In Messico, dove i tassi di interesse sono alti da almeno un decennio per scoraggiare piani ambiziosi, la spesa per le infrastrutture si mantiene neutrale.

FATTORI NEGATIVI PER IL REDDITO FISSO


Per gli investitori, la spesa per le infrastrutture ha implicazioni che interessano diversi settori. Sul lato dell’azionario Harmstone indica i settori delle costruzioni, dell’energia, dei materiali e dell’industria, mentre in chiave obbligazionaria, ritiene che le politiche di stimolo possano delineare prospettive positive per la crescita globale, con un’inversione dai minimi toccati nella recente fase di debolezza. I programmi di stimolo implicherebbero anche un aumento delle emissioni obbligazionarie che con ogni probabilità spingerebbero i rendimenti al rialzo. Secondo le previsioni di Morgan Stanley, l’economia si rafforzerà, forse ci sarà un modesto aumento delle aspettative di inflazione e una maggiore offerta di titoli di debito, tutti fattori negativi per le obbligazioni a lunga scadenza.
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