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Il denaro torna a casa

15 Giugno 2013 20:00
financialounge -  brasile cina Federal Reserve fondamentali giappone mercati emergenti Morgan Stanley turchia USA
Nell’articolo “Il rallentamento degli emerging markets” Morgan Stanley Investment Management ha svelato, numeri alla mano, come e perché i flussi di investimento verso i Paesi in via di sviluppo si siano bruscamente ridimensionati nel 2012 di pari passo con il minore dinamismo di queste economie. In questo articolo, invece, Morgan Stanley Investment Management cerca di dare una risposta a chi si chiede dove finirà l’enorme flusso di denaro immesso sui mercati dalla Federal Reserve USA e dalla Bank of Japan.

Nell’ambito delle regioni emergenti, per esempio, mentre la crescita delle esportazioni è rallentata, le importazioni hanno continuato a esibire tassi di espansione sostenuti, riducendo i saldi delle bilance commerciali. Il surplus aggregato delle partite correnti dei mercati emergenti è sceso al di sotto del 2% dal 4% del PIL nel 2007. Queste tendenze determinano un’inversione delle condizioni dell’ultimo decennio, che aveva visto i capitali esteri accorrere nelle economie emergenti, spingendo al rialzo il valore delle rispettive monete e causando la crescita esplosiva delle riserve valutarie di tali paesi.

Tale crescita ha cominciato a rallentare verso la fine del 2010, allorché il ministro brasiliano delle finanze Guido Mantega, combattendo, come si suol dire, la “guerra precedente”, per primo avvertì allarmato che la politica della Fed avrebbe potuto scatenare una “guerra valutaria”.

Il tema della guerra valutaria continua ad agitare la comunità finanziaria, sebbene nella maggior parte dei paesi i fattori che allarmavano Mantega non esistano più. Dal 2011, le valute dei mercati emergenti si sono in media deprezzate del 10% circa rispetto al dollaro, mentre il real brasiliano è sceso del 20% circa. Attualmente persino la crescita delle riserve in valuta estera della Cina, che nel primo decennio del nuovo secolo aveva raggiunto tassi di gran lunga superiori a quelli degli altri mercati emergenti, ha accusato un significativo calo.

Il riequilibrio globale dei flussi di capitale sta riducendo l’offerta di credito nei mercati emergenti, frenando l’espansione economica della regione. Si tratta di una dinamica inversa a quella osservata lo scorso decennio, durante il quale i crescenti surplus delle partite correnti e dei movimenti in conto capitale avevano determinato un incremento record del credito nei paesi emergenti. Dato che le macchine da conio delle banche centrali non si fermano, permane una domanda: dove si dirigerà tutto questo fiume di denaro?

Le autorità non possono certo ritenere che affluirà in blocco nei paesi emergenti, come è avvenuto nei primi dieci anni del nuovo millennio. Quello fu un periodo eccezionale di rapidissima espansione per tutte le economie emergenti, che attirarono enormi flussi di nuovi capitali. Il cieco ottimismo sulla crescita di altri importanti mercati emergenti si è ora affievolito giacché molte delle stelle dell’ultimo decennio sono ora alle prese con seri problemi strutturali.

Sembra anzi sempre più probabile che nei prossimi anni le economie di Brasile, Russia e Sudafrica, gravate da tassi d’investimento perennemente bassi e da settori manifatturieri agonizzanti, esibiranno una dinamica congiunturale inferiore alla media. I flussi di capitale restano tuttavia elevati e continuano a esercitare pressioni al rialzo sulle valute di alcune economie emergenti, tra cui Filippine, Tailandia e Turchia.

Tali pressioni sono espressione del successo di questi paesi, che esibiscono fondamentali economici solidi e un’accelerazione degli investimenti domestici. Il quadro si presenta dunque nel complesso positivo, giacché è naturale che alcune valute si apprezzino mentre altre si indeboliscano per motivi legati ai fondamentali economici. Attratto dalla ripresa congiunturale di Stati Uniti e Giappone, il capitale globale ha inoltre riscoperto questi due paesi imprimendo forte slancio ai rispettivi mercati azionari. Insomma, dove si dirigerà il denaro?

Il dato reale è che la liquidità in eccesso delle banche centrali di Stati Uniti e Giappone non deve necessariamente riversarsi all’estero. Si dirigerà verso aree che presentano prospettive di crescita in aumento e che superano le aspettative. Finora gran parte del denaro proveniente da Stati Uniti e Giappone sta ritornando nei paesi di origine, mentre nei maggiori mercati emergenti non sembra esistere nessuna minaccia di inondazione.
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