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Brexit

Brexit, un salto nel buio che non deve spaventare gli investitori

Per gli esperti di Morgan Stanley IM la Brexit è un sintomo dell’allontanamento dal contesto di politiche favorevoli alle imprese, ma i portafogli sono costruiti per non risentirne

di Redazione 10 Luglio 2019 12:22

Le elezioni europee hanno in parte distolto l’attenzione dalla Brexit, ma il nodo dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea rimane lì da sciogliere. È presumibile che il prossimo leader del partito conservatore, probabile primo ministro, appoggerà il “No Deal”, o quanto meno escluderà una proroga oltre il 31 ottobre. Il problema è capire se il Parlamento britannico sarà in grado di bloccare questo epilogo, considerando che l’attuale maggioranza è contraria al No Deal. Data la difficoltà nel fare previsioni che emerge da questo quadro, in un recente rapporto di Morgan Stanley Investment Management si parla di “viaggio nell’ignoto”: il Regno Unito entra in acque costituzionalmente inesplorate. “In ultima istanza, si profila sempre più una scelta binaria tra il No Deal e il Remain” si legge nel rapporto, “una decisione che avverrà mediante elezioni generali, un referendum o persino una revoca dell’Articolo 50: il come è del tutto imprevedibile”.

GLI EFFETTI DEL NO-DEAL


Il No Deal si preannuncia come un notevole shock economico per il Regno Unito e un ostacolo non da poco per l’Europa continentale. Nonostante ciò, in Morgan Stanley ritengono relativamente trascurabile l’impatto sui loro portafogli globali. Le posizioni in azioni inglesi, infatti, sono concentrate su società globali, esposte al Regno Unito solo per il 3-4% dei ricavi. Il rischio di contagio appare contenuto e non ci si aspetta che un tale scenario possa provocare una situazione di risk-off sui mercati. Le vicissitudini del Regno Unito in questi ultimi tre anni hanno peraltro stemperato gli entusiasmi di chi vagheggiava mosse analoghe in Europa.

BREXIT SINTOMO DELL’ALLONTANAMENTO DALLE POLITICHE FAVOREVOLI ALLE IMPRESE


Pur essendo sostanzialmente ottimisti circa gli effetti della Brexit sul portafoglio, è il rischio politico in generale a lasciare perplessi gli esperti di Morgan Stanley: “Il processo della Brexit può essere visto come un sintomo dell’allontanamento del contesto globale dalle politiche favorevoli alle imprese”. Negli ultimi decenni si osserva come i governi abbiano tendenzialmente dato priorità al capitale rispetto al lavoro. Una predilezione emersa in ambiti quali la globalizzazione, il diritto del lavoro o la tassazione, e che si è riflessa nella redditività delle imprese, oggi su livelli molto elevati. Negli Usa gli utili societari netti sono pari al 10% circa del PIL, contro la media del 6% nel Dopoguerra.

TRE RISCHI POLITICI PER LA REDDITIVITÀ DELLE IMPRESE


Questa elevata redditività è esposta, secondo gli autori del report, a tre filoni di rischio di matrice politica che vanno a sommarsi alla minaccia ciclica di un rallentamento o di una recessione. Il primo filone è il populismo di destra: la Brexit è una sua creatura, ma il generale fenomeno di antiglobalizzazione è sempre più ampio. I dazi statunitensi hanno già intaccato la redditività, l’incertezza non è certo di stimolo agli investimenti aziendali e la potenziale scissione delle filiere tecnologiche globali in due realtà ben distinte - guidate da Stati Uniti e Cina - potrebbe avere ripercussioni di lungo termine ben più gravi dell’aumento dei dazi. C’è poi un populismo di sinistra, particolarmente evidente tra le idee dei candidati democratici alle prossime presidenziali USA, che spingono per una riforma del mercato del lavoro con l’innalzamento del salario minimo o per la reintroduzione delle politiche anti-trust per contrastare la concentrazione di mercato. Infine c’è il terzo filone, riguardante le pressioni ambientaliste, che potrebbero penalizzare fortemente i settori ad alta intensità energetica.

Morgan Stanley IM: “Le prospettive di crescita rimangono intatte”


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LE VALUTAZIONI DI MERCATO NON INCORPORANO QUESTI RISCHI


L’indice MSCI World scambia a circa 15 volte gli utili prospettici. Un livello che, secondo gli autori del rapporto, sembra ignorare molte di queste minacce strutturali alla redditività d’impresa, pur volendo tralasciare i timori sulle fasi del ciclo. A livello di portafoglio, questi pericoli sottolineano l’importanza dei criteri ambientali e sociali nell’ambito dell’analisi ESG. È dunque di fondamentale importanza la presenza del potere di fissazione dei prezzi per preservare i margini e quindi la redditività, una caratteristica chiave dei “compounder” che compongono i portafogli di Morgan Stanley. Tra gli altri fattori da monitorare viene sottolineato il vantaggio fornito da filiere relativamente brevi e semplici, nonché l’esigenza di evitare la dipendenza da processi ad alta intensità energetica. “Più in generale, in un contesto in cui il grado di scrutinio esercitato sulle imprese da governi e consumatori aumenta in maniera esponenziale, i dirigenti devono essere consapevoli dei rischi ambientali e sociali cui vanno incontro le loro aziende e devono dimostrarsi proattivi nella loro gestione”.
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