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Draghi passa il testimone nelle mani della politica

Secondo Luca Tobagi di Invesco, il presidente della Bce ha annunciato nuove misure espansive ma non può fare molto di più per supportare l’economia: ora la palla passa alla politica fiscale

di Chiara Merico 16 Settembre 2019 15:55

Nella sua penultima conferenza stampa da presidente della Bce, Mario Draghi ha fatto annunci importanti e commenti nella fase di domande e risposte ancora più importanti.

LE NUOVE MISURE


Come spiega Luca Tobagi, Cfa, investment strategist di Invesco, Draghi ha annunciato:
• il mantenimento dei tassi di riferimento di politica monetaria a zero (tasso di rifinanziamento principale) e 0,25% (tasso di rifinanziamento marginale)
• la diminuzione del tasso sui depositi bancari presso la Bce da -0,40% a -0,50% e l’introduzione di un sistema bipartito, nel quale da fine ottobre alla liquidità detenuta presso la Bce e “in eccesso” rispetto a un multiplo delle riserve bancarie si applicherà un tasso zero anziché -0.50%
• l’estensione dei piani di finanziamento alle banche (Tltro III) da due a tre anni
• la ripresa del piano di acquisti di titoli (App) al ritmo di 20 miliardi di euro al mese per un periodo di tempo indefinito.

FREDDEZZA DAI MERCATI


Inizialmente la reazione dei mercati è stata di grande eccitazione: rendimenti obbligazionari in forte calo, euro in discesa, ma si è in larga parte esaurita in meno di dodici ore. Per capire meglio la situazione, secondo Tobagi “bisogna rifarsi ai commenti di Draghi nella fase a domande e risposte della conferenza stampa”. Innanzitutto, spiega l’esperto, “in modo assai più esplicito del solito, Draghi ha spiegato il perché delle azioni di politica monetaria e il modo in cui la politica fiscale, guidata dalla politica, dovrebbe ora intervenire”.

INTERVENTI SULLE BANCHE


Ovviamente la Bce continuerà a operare con le banche, sulle banche e attraverso le banche, e per Tobagi “la ragione è ovvia: con oltre l’80% dell’attività economica dell’Eurozona intermediata dagli istituti di credito, che rappresentano quindi la principale, se non l’unica, fonte di finanziamento per le imprese, la Banca centrale europea dispone di un unico canale di trasmissione della politica monetaria e solo su quello può lavorare. Ecco perché deve anche preoccuparsi di preservarlo il più possibile efficace”. Premesso questo, “per sgombrare il campo per l’ennesima volta dall’equivoco dell’“Europa delle banche che lavora nell’interesse delle banche contro l’’Europa dei popoli” o cose del genere, Draghi è andato oltre”, sottolinea Tobagi.

ELICOTTERI? NO GRAZIE


E a chi ipotizzava che la misura di ultima istanza possa essere il famoso “helicopter money”, Draghi ha risposto in maniera lapidaria: “Teniamo sempre a mente che dare denaro alla gente, in qualsiasi forma, è compito della politica fiscale, non della politica monetaria”. Parole che secondo Tobagi significano: “Noi vi abbiamo portato i soldi all’eliporto, adesso siete voi che dovete caricarli sull’elicottero e decidere come distribuirli”.

POSSIBILI SVILUPPI INATTESI


C’è speranza che i governi ascoltino l’appello di Draghi? Per Tobagi ci potrebbero essere “sviluppi inattesi, per due motivi. Draghi ha sistematicamente invocato, da quando si è insediato come presidente della Bce, riforme strutturale e istituzionali e interventi di politica fiscale. Soltanto che le riforme strutturali sono spesso invise ai politici e nel passato gli interventi di politica fiscale erano di consolidamento, di contenimento della spesa. Oggi il quadro economico è mutato, e per vari Paesi si tratta di spendere di più, non di meno, cosa molto più semplice da fare”. Inoltre, l’establishment europeo, “ancora minacciato dall’ascesa di tendenze e movimenti populisti, sovranisti e isolazionisti, potrebbe rivelarsi più propenso ad accettare e incoraggiare misure espansive anche nell’ottica di recuperare consensi politici”.

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L’ENTITA’ DEGLI INTERVENTI


Inoltre, secondo Tobagi “le dimensioni dell’intervento sono rilevanti. Supponiamo che il piano di acquisti di titoli che inizierà il 1 novembre prosegua per tutto il 2020. Fanno 240 miliardi di euro per il prossimo anno, dei quali, in base allo schema esistente, 192 di titoli di Stato (Draghi ha precisato che al passo di 20 miliardi al mese si può proseguire per lungo tempo senza bisogno di modificare le regole del piano di acquisti). Possiamo stimare, al momento, il deficit aggregato della zona euro per il 2020 intorno a 125 miliardi di euro. In altri termini, se il piano di acquisti lavorasse per l’intero 2020 e le previsioni economiche fossero corrette, la Bce sarebbe in grado di acquistare una volta e mezzo il nuovo debito che dovrebbe essere emesso in Eurozona per finanziare il deficit. Cioè, con un anno di intervento si copre un anno e mezzo di politica fiscale espansiva”. Per Tobagi questo rappresenta “un buon moltiplicatore potenziale, che potrebbe essere ulteriormente amplificato non solo dal classico moltiplicatore fiscale, ma anche da un’auspicabile intelligente composizione degli interventi di politica fiscale”.

PASSAGGIO DI TESTIMONE


“Draghi è stato chiaro: la Bce non può andare molto oltre ciò che ha già fatto per stimolare la crescita. Il testimone passa decisamente nelle mani della politica fiscale e quindi della politica. Ci auguriamo che questa volta accada davvero. Che si consideri l’insieme di decisioni annunciate il 12 settembre un 'bazooka' o meno, la dimensione dell’intervento concede ai politici tempo e margini di manovra ampi”, conclude Tobagi.
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