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La crisi coronavirus vista da Luca Tobagi di Invesco: vita sociale e lavoro

Socialità, smart working, didattica e nuovi spazi: il mondo post coronavirus immaginato da Luca Tobagi può essere visto, sostanzialmente, come un ritorno al passato

di Antonio Cardarelli 24 Aprile 2020 15:37

Nel terzo articolo dedicato alla serie di commenti sull’impatto del coronavirus “a posteriori” dal titolo “Dont’ look back in anger” Luca Tobagi, CFA, Investment Strategist, Product Director di Invesco, prova a immaginare il futuro post pandemia. Un futuro che assomiglia più a un ritorno al passato perché, prendendo a prestito un claim coniato di recente, nulla sarà più come dopo: il mondo dopo il coronavirus sarà molto diverso, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti sociali e il mondo del lavoro. Anche questa volta si tratta di scenari ipotetici all’estremo opposto di un possibile ritorno alla vita di prima della pandemia.

LA NUOVA NORMALITÀ


Tobagi immagina se stesso in un futuro non troppo lontano in cui i locali sono molto meno affollati rispetto a prima, un futuro in cui “l’abitudine al distanziamento sociale è rimasta” e il venerdì sera non c’è più bisogno di fare lo slalom sui marciapiedi pieni di gruppetti di clienti che chiacchierano all’esterno dei locali. La nuova normalità, insomma, è stata accettata anche dalle generazioni cresciute tra Erasmus e Interrail, abituate a una socialità molto intensa, fatta di uscite frequenti e viaggi all’estero.

IL RITORNO DEL TELEFONO


“Ma non vedo facce tristi – scrive l’esperto di Invesco – solo meno folla, meglio disposta, più comoda e distanziata”. I clienti hanno sviluppato una certa diffidenza per i buffet, soprattutto per quelli aperti e a rischio “goccioline”, e alcuni gestori chiedono ancora di indossare mascherine e guanti, mettendoli a disposizione dei clienti. Il telefono “ha avuto un grande ritorno di fiamma” e va di moda l’aperitivo social su app come Zoom. I ristoranti, così come i teatri e i cinema, hanno dovuto reinventarsi: non più luoghi di aggregazione dove trovare altra gente, ma luoghi in cui trovare atmosfere più intime e riservate.

La crisi coronavirus vista da Luca Tobagi di Invesco: ambiente e salute


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ADDIO FIERE, BENVENUTO SMART WORKING


Nel futuro immaginato da Luca Tobagi gli stravolgimenti più grandi hanno però riguardato l’organizzazione del lavoro. Lo smart working è diventato permanente e le aziende che possono farlo gestiscono le presenze in ufficio a turno, con squadre che ruotano su base settimanale. Nei mesi post pandemia il business della riprogettazione degli spazi di lavoro ha attraversato una nuova primavera, e la tendenza è ideare spazi di lavoro più protetti. Fiere, convention e tutte le attività che coinvolgevano grandi masse di persone “sono un ricordo del passato” e rimangono in vita solo pochi eventi irrinunciabili a livello globale, che vengono tenuti in spazi molto vasti.

MENO VIAGGI DI LAVORO


I viaggi di lavoro, anche a causa dell’aumento dei costi di spostamento conseguenza di volumi minori, sono stati ridotti. Anche i media hanno rivisto il modello produttivo (più contenuti, meno interviste e meno conduzioni in studio, più collegamenti digitali da remoto) mentre, nell’economia post virus immaginata da Tobagi, i corrieri hanno un ruolo sempre più centrale e strategico “con livelli di servizio garantiti anche in fasi di lockdown”.

La crisi coronavirus vista da Luca Tobagi di Invesco: economia e politica


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IL PREZZO PAGATO DAI GIOVANI


Luca Tobagi, specificando che si tratta di “riflessioni di pura fantasia”, prova a fare un altro piccolo salto in avanti per immaginare le conseguenze, sulla formazione dei giovani, della chiusura delle scuole e delle università. Nonostante l’utilizzo della didattica a distanza, in questo futuro immaginato dall’esperto di Invesco “il saldo è negativo” e i giovani italiani ne pagano il prezzo in termini di competitività. Senza dimenticare, inoltre, le ricadute negative per la formazione dei ragazzi che hanno bisogno di momenti di socialità per crescere.

OSPEDALI NASCOSTI NEGLI EDIFICI


Nei prossimi anni le nuove case, soprattutto di metratura più ampia, si adatteranno alle esigenze dello smart working, per esempio con la ricomparsa di studi e studioli, e i nuovi palazzi verranno progettati in modo da poter trasformare, all’occorrenza, eventuali saloni, aree comuni e spazi commerciali in reparti di terapia semi-intensiva con sistemi di erogazione di ossigeno. “Quest’ultimo aspetto – spiega Tobagi - è forse quello più legato alla modernità. Per il resto, la maggior parte delle situazioni descritte suona molto come un ritorno al passato. Del resto, la lezione del Covid-19 è essenzialmente la riscoperta forzosa di una verità ineludibile che forse ci eravamo illusi di poter ignorare: gli esseri umani sono vulnerabili alle malattie, come è sempre stato fin dall’antichità”.
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