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Debito dei paesi emergenti, come valutare i veri rischi

23 Marzo 2015 11:00
financialounge -  geopolitica materie prime mercati emergenti petrolio selezione
“Ogni taglio dei tassi di interesse della BCE ha suscitato un rinnovato interesse verso il debito emergente da parte dei fondi pensione europei. In genere gli investitori prendono esposizione nei confronti di questa asset class attraverso strategie Blended, oppure cercano un’esposizione alle obbligazioni dei Mercati Emergenti in valuta locale, che offrono un’interessante opportunità di rendimento supplementare (yield pick-up) rispetto ai Bund di circa 650 punti base, a complemento delle gestioni in valute forti” fanno sapere gli esperti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) che poi aggiungono: “Abbiamo rilevato una tendenza delle compagnie di assicurazione negli Stati Uniti, Bermuda, in Europa e in Asia ad investire nel debito emergente per finalità di diversificazione, e riteniamo che questo trend possa proseguire”. Anche gli investitori basati nei Mercati Emergenti mostrano un maggiore interesse nei confronti dei titoli obbligazionari di questi mercati. “In particolare, per gli investitori di paesi come Cile ed Israele, dove i tagli dei tassi di interesse hanno innescato un rally dei mercati obbligazionari, i rendimenti offerti dal debito emergente sono più interessanti rispetto agli investimenti nel reddito fisso locale” rivelano i professionisti di GSAM per i quali, i fattori che oggi guidano i mercati favoriscono un aumento della dispersione dei rendimenti, ma offrono anche opportunità crescenti agli specialisti della selezione dei titoli. Scopriamo insieme a loro come valutare i rischi nella giusta prospettiva approfondendo tre argomentazioni che vengono spesso utilizzate dai detrattori del debito emergente:

1) I Mercati Emergenti sono sinonimo di materie prime
2) I rischi geopolitici faranno deragliare i Mercati Emergenti
3) I rendimenti del debito emergente non valgono il rischio

I Mercati Emergenti sono sinonimo di materie prime
Se da un lato è vero che alcuni dei maggiori esportatori di petrolio fanno parte dei Mercati Emergenti, dall’altro lato essi rappresentano solamente l’11% circa del PIL mondiale. Le principali economie emergenti, fra cui Cina, India, Turchia e Sudafrica, che rappresentano quasi un quarto del PIL mondiale, sono importatrici nette di petrolio e trarranno vantaggio dal calo dei prezzi del greggio. In paesi come la Corea del Sud e l’India, dove le importazioni di materie prime rappresentano rispettivamente quasi il 15% e il 10% del PIL, i risparmi possono avere un impatto sostanziale. Anche il Cile, paese tipicamente associato alle esportazioni di rame, è un importatore netto di materie prime in ragione della sua dipendenza dal petrolio estero.
Tenuto conto di quanto sopra, GSAM ritiene che alcuni paesi esposti alle materie prime siano stati puniti in misura sproporzionata, e che nel 2015 parte del rendimento potrebbe derivare proprio dalla capacità di distinguere quali paesi siano stati eccessivamente penalizzati dall’ondata di vendite.

I rischi geopolitici faranno deragliare i Mercati Emergenti
Nel 2014, l’avversione degli investitori nei confronti degli asset russi è stata in parte determinata dal conflitto in Ucraina; tuttavia, d’altra parte il colpo di Stato in Thailandia ha causato solo un movimento temporaneo della valuta thailandese o dei mercati obbligazionari. Altri eventi segnalati come potenzialmente dirompenti non hanno condotto al previsto aumento della volatilità, ed anche il denso programma di appuntamenti elettorali nei Mercati Emergenti ha generato disordini sociali limitati rispetto a quanto temuto dagli osservatori. Il default tecnico dell’Argentina non ha impedito che il debito di Buenos Aires generasse uno dei migliori rendimenti del 2014. I timori sul rialzo dei tassi di interesse della Fed e su un secondo Taper tantrum (il fenomeno che si verificò nel 2013 quando l’annuncio di una prossima riduzione del Quantitative Easing della Fed causò un forte rialzo dei tassi statunitensi e un’ondata di vendite sul debito dei Mercati Emergenti) si sono attenuati nel contesto di forti guadagni dei Treasury statunitensi. Ciò che ha sconvolto maggiormente i mercati è stato l’improvviso crollo dei prezzi del petrolio, un rischio rilevato solo da pochi schermi radar all’inizio del 2014.

I rendimenti del debito emergente non valgono il rischio
Nel 2014 l’indice di riferimento del debito emergente in valuta estera (JPM EMBI GD ) ha generato un rendimento del 7,4%. Una buona performance, anche se trainata dal rally dei Treasury statunitensi. Per gli investitori, il timore più forte è se l’asset class sia in grado di generare risultati così solidi per due anni consecutivi, soprattutto in un contesto di rialzo dei tassi di interesse statunitensi. La recente ondata di vendite è stata scoraggiante, ma gli attuali livelli di spread attorno a 382 (3,82%) e a 387 (3,87%) punti base per gli indici di riferimento del debito in valuta estera e delle obbligazioni corporate offrono un margine di rialzo più significativo per il carry e gli spread nel 2015. I rendimenti attorno al 6% del debito in valuta locale sono molto interessanti, mentre le valute hanno il resto dell’anno per ritrovare una certa stabilità, anche se non escludiamo ulteriori fasi di volatilità nel corso dei prossimi mesi. Per gli esperti di GSAM, la stabilizzazione, anche verso il basso, dei prezzi del petrolio rappresenterà un fattore cruciale per consentire al mercato di tirare il fiato e valutare il panorama emergente.



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