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Whatever it takes… fino a quando?

Per Benetti di GAM Draghi dimostra il suo pragmatismo confermando che l’Eurozona ha ancora bisogno del sostegno della banca centrale

di Redazione 1 Agosto 2019 16:50

Sono ormai trascorsi sette anni dall’ormai famoso “whatever it takes” pronunciato dal presidente della BCE, Mario Draghi. Era il 26 luglio del 2012, si era in piena crisi dell’Eurozona, la platea era quella della Global Investment Conference di Londra. Forse la frase non era prevista nel testo originale dell’intervento, fu una decisione a caldo di Draghi affermare che “nel corso del nostro mandato, la Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro”, e ad aggiungere, dopo una pausa a effetto, un “and believe me, it will be enough”, “e credetemi, sarà abbastanza”. In suo recente intervento, Carlo Benetti, market specialist di GAM (Italia) SGR, ricorda le fasi che portarono alla nomina di Draghi al vertice della banca centrale europea e sottolinea anche l’importanza del sostegno fornitogli dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, senza il quale, spiega, “Draghi non avrebbe potuto spingere al limite le possibilità operative della banca centrale riuscendo con successo a preservare l’integrità dell’Eurozona”.

IL RALLENTAMENTO DELL’EUROZONA NON SEMBRA DI BREVE DURATA


Il pragmatismo di Draghi, osserva Benetti, contrapposto al dogmatismo dei “falchi” tedeschi, si rivelò utilissimo alla Merkel che, a un anno dalle elezioni federali, sapeva di non poter contare sulla leva dell’unione fiscale per impedire la rottura dell’unione monetaria, ma solo sulla politica monetaria e sull’azione della banca centrale. E secondo l’esperto di mercati di GAM, una nuova prova di pragmatismo Draghi l’ha offerta la scorsa settimana, quando ha ammesso in conferenza stampa, con un linguaggio insolitamente franco, che dopo sette anni l’Eurozona ha ancora bisogno del supporto monetario della banca centrale. L’economia dell’Eurozona è debole, lo confermano gli indici PMI che hanno registrato una contrazione del settore manifatturiero, con il dato della Germania in particolare che è il peggiore degli ultimi sette anni. “Il rallentamento non sembra di breve durata, minato dalle prolungate tensioni commerciali, dalle minacce americane al settore auto, da una Brexit ancora tutta da scrivere”, sottolinea Benetti.

TASSI BASSI ALMENO FINO AL 2020


I tassi resteranno quindi “agli attuali livelli o anche più bassi” almeno fino a metà del prossimo anno e le parole di Draghi hanno fissato dei paletti anche per chi verrà dopo di lui, è difficile pensare che il suo successore, Christine Lagarde, vorrà aprire una “nuova via”. Su una posizione nuovamente accomodante è anche la Federal Reserve. “Come tutti i banchieri centrali anche Powell preferisce rischiare di sbagliare per eccesso di compiacenza che per eccesso di zelo, a dispetto della disoccupazione ai minimi storici e dell’inflazione vicina all’obiettivo”, osserva Benetti. Il rallentamento dell’economia Usa è più pronunciato, sconta gli effetti della guerra dei dazi e, aggiunge Benetti, ha un presidente preoccupato di tenere su di giri l’economia nell’anno elettorale.

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ARMI SPUNTATE PER LE BANCHE CENTRALI


Qualche giorno fa, il New York Times si chiedeva se le banche centrali erano pronte a salvare l’economia globale. “E’ la domanda giusta da fare mentre si accumulano i segnali di rallentamento dell’economia e il debito comprime gli spazi di manovra delle politiche fiscali”, è il commento del market specialist di GAM. “Gli strumenti a disposizione dei banchieri centrali sono spuntati, i tassi sono negativi in Europa e Giappone, ancora bassi negli Stati Uniti, i bilanci tirati”. Un fattore di rischio di cui tenere conto, dunque, unitamente alla debolezza delle politiche fiscali, frenate dal debito e da un diffuso sentiment politico che non favorisce la cooperazione.

ECONOMIA GLOBALE VULNERABILE A UN CAMBIO DI SCENARIO


I mercati hanno salutato le parole di Draghi e il probabile taglio della Fed come l’avvio di un nuovo giro di misure accomodanti. “La festa continua, ma le crepe sono sempre più evidenti, i prezzi di borsa slegati dai fondamentali, il debito crescente rende vulnerabile l’economia globale a un imprevedibile cambio di scenario”, è il monito di Benetti.
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