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GAM: cosa succederà in Estremo Oriente nel 2019

Cina e mercati emergenti rappresentano un’allettante opportunità, secondo Tim Love di GAM. In Giappone occhi puntati sull’aumento dell’Iva

11 Gennaio 2019 12:46
financialounge -  Asia cina ESG GAM giappone mercati emergenti Reiko Mito Tim Love

I mercati emergenti, e la Cina in particolare, sono sempre più al centro dell’attenzione degli investitori e in futuro questa tendenza è destinata a rafforzarsi. Tra 50 anni è molto probabile che la ponderazione dei mercati emergenti nell’indice MSCI sia pressoché allineata a quella dei paesi sviluppati in tutti gli indici globali, raggiungendo forse anche una quota del 50% e colmando lo storico divario. Questo fatto, secondo Tim Love, responsabile delle strategie azionarie sui Paesi emergenti di GAM Investments, ”riflette il miglioramento dello status economico collettivamente attribuito ai mercati emergenti, che rappresentano oltre il 50% del Pil globale e l’80% dell’output, pur costituendo al momento un mero 11% dell’MSCI All Country World Index (ACWI)”.

ESG E ALTRI SEGNALI DEL CAMBIAMENTO


Le ragioni di questo cambiamento sono molteplici. Un peso importante è quello dei fattori Esg, specie per quanto riguarda il fatto che i mercati emergenti scarseggiano ancora di corporate governance. Si tratta però, secondo il gestore, “di un’anomalia pluridecennale che, a nostro avviso, rappresenta un’importante distorsione ma che sembra destinata ad affievolirsi sempre più”. Un altro segnale del cambiamento in atto riguarda l’indice MSCI China, che storicamente è legato a Hong Kong e non attribuisce grande importanza alle azioni A della Cina continentale, che peraltro superano per capitalizzazione totale di mercato i titoli dell’intera Europa. MSCI ha fatto sapere che il prossimo anno intende aumentare l’esposizione alle azioni A cinesi in tutti i suoi indici, dopo una prima fase di implementazione di una ponderazione del 5% rivelatasi particolarmente promettente.

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UN’ASSET CLASS DA TENERE D’OCCHIO


Secondo Love, “le azioni dei mercati emergenti offrono oggi un’allettante opportunità: sono poco ricercate, sottovalutate e hanno rating bassi”. Il profilo di rischio/rendimento relativo dei mercati emergenti rispetto a quelli sviluppati è favorevole in virtù dei buoni rendimenti offerti da questi Paesi, rettificati a livello valutario. In più, le loro valutazioni azionarie hanno subito forti ribassi in termini di rating da inizio anno e sono ben al di sotto di quelle dello S&P 500 da una prospettiva corrente e storica. La maggior parte di questi Paesi rientra nel segmento investment grade e ha un outlook positivo o neutrale. Fatta eccezione per la Cina, i profili di debito sono tenuti sotto controllo e il Pil pro capite continua ad aumentare. Per questo, spiega il gestore, “il rischio principale del mondo emergente rimane più la possibile diffusione di un’epidemia sanitaria che un ulteriore rally impulsivo del dollaro Usa o la minaccia di una guerra commerciale”.

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GIAPPONE: RIFLETTORI SULL’AUMENTO IVA


Venendo al Giappone, il 2019 si è aperto con l’annuncio, da parte del primo ministro Abe, di un aumento dell’aliquota Iva dall’8% al 10%, previsto in ottobre. Il timore di alcuni osservatori è che il provvedimento possa ostacolare gli acquisti, come era successo nel 2014 con il passaggio dell’Iva dal 5% all’8%. Ma questa volta, spiega Reiko Mito, responsabile delle strategie azionarie di GAM Investments per il Giappone, “siamo più ottimisti perché il governo ha annunciato un programma fiscale che dovrebbe stimolare l’economia nazionale dopo l’aumento tributario del prossimo anno”. Tra le misure previste dal piano ci sono crediti d’imposta per l’acquisto di automobili e abitazioni, nonché aliquote ridotte sui generi alimentari e sconti su determinati acquisti cashless. Per la manager, quindi, l’impatto complessivo del secondo incremento fiscale sulla fiducia dei consumatori sarà trascurabile rispetto a quello del 2014. Inoltre, spiega Mito, “aumentare l’imposta sulle vendite è essenziale per rafforzare la credibilità del governo nipponico, impegnato ad affrontare importanti problemi di indebitamento. Ecco perché riteniamo che porre fine al quantitative easing (QE) non sarà una priorità di Tokyo il prossimo anno”.
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