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Carlo Benetti

Utili aziendali, i due fenomeni strutturali che investono le imprese

Il costo del lavoro e la concentrazione della concorrenza che permette ai vincenti di stravincere sono i due fenomeni strutturali che impattano sugli utili aziendali.

7 Settembre 2016 10:07
financialounge -  Carlo Benetti GAM gestione attiva liquid alternative salari utili

“Al di là di fenomeni temporanei come il dollaro forte o il prezzo dell’energia, gli utili aziendali sono alle prese con due fenomeni strutturali che investono le società in misura molto diversa” puntualizza Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, nell’Alpha e il Beta del 5 settembre.

Il primo fenomeno si riferisce al cosiddetto ‘winner takes all’, ovvero alla concentrazione della concorrenza in base alla quale il vincente si assicura l’intera posta. “Negli anni Cinquanta la produzione di automobili negli Stati Uniti era concentrata nelle cosiddette Big Three di Detroit: General Motors, Ford e Chrysler. Oggi che è la tecnologia a dominare la vita di tutti i giorni, le nuove Big Three della Silicon Valley sono Apple, Google, Facebook” spiega Carlo Benetti che poi passa in rassegna il secondo fenomeno strutturale: il costo del lavoro.

Il manager ricorda infatti che dal 2008 la crescita dei salari si era fermata con pesanti ripercussioni negative sui consumi. Ma adesso l’incremento dei retribuzioni orarie negli Stati Uniti si attesta al 2,5% circa annuo e con essi sono migliorati i consumi delle famiglie e gli indici della fiducia. Tuttavia, salari più alti significano pressioni sui margini delle imprese che, peraltro, negli ultimi anni non hanno avuto modo di migliorare la loro produttività.

“Sintetizzando al massimo, si può affermare che per l’investitore azionario lo scenario è identico su entrambe le sponde dell’Atlantico: le valutazioni di mercato sono tirate, i profitti sono in diminuzione, affiora una certa incertezza politica” sottolinea Carlo Benetti, per il quale tale scenario non rappresenta esattamente il più idoneo alle strategie passive mentre risulta appropriato alla gestione attiva, flessibile, innovativa: il mercato nel suo insieme non è attraente ma esistono opportunità da selezionare a livello di singoli titoli e settori.

“Ci saranno sempre winner e loser (vincitori e vinti) e strategie attive capaci di individuare gli uni e gli altri” scrive Gianmarco Mondani, CIO del team ‘Non-directional Equity’ di GAM Lugano. Questo perché le strategie azionarie attive, flessibili e per quanto possibile neutrali alla direzionalità (le cosiddette market neutral), saranno in grado di individuare quelle compagnie con profitti al di sopra delle stime, ad esempio nei settori della grande meccanica, dell’healthcare, della difesa (per le rinnovate tensioni geopolitiche). A queste posizioni lunghe (rialziste) verranno opposte posizioni short (ribassiste) su aziende con utili stagnanti, ad esempio nelle utility elettriche europee che, afflitte da capacità in eccesso, sono state costrette a tagliare gli alti dividendi deludendo così gli investitori.

“Insomma, l’ecosistema è profondamente cambiato ma per quanto gli scenari siano sempre diversi, i buoni consigli restano sempre validi: la differenziazione fa sempre la differenza. I mercati non sono mai efficienti e non ha senso discutere ossessivamente tra strategie passive ed attive: hanno finalità diverse, possono convivere nello stesso portafoglio” conclude Carlo Benetti per il quale, semmai, cresce d’importanza l’introduzione della terza grande famiglia di strategie, quella dei liquid alternative: i prodotti del risparmio gestito che usano strategie non tradizionali tipiche dei gestori dei fondi hedge ma che assicurano la trasparenza del portafoglio e una elevata soglia di liquidità.
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