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Petrolio colpito dal coronavirus, ci vorrà tempo per guarire

Il 2019 si era chiuso nel segno di un ritorno di fiamma per il petrolio, ma secondo GAM l’impatto economico del contagio partito dalla Cina ha colpito i prezzi e non lascia prevedere un recupero nel breve periodo

di Virgilio Chelli 15 Febbraio 2020 15:00

A inizio anno sembrava che il 2020 potesse essere per il petrolio una prosecuzione in accelerazione del 2019, con il prezzo del greggio destinato ad apprezzarsi sensibilmente per effetto dell’escalation USA-Iran. Invece solo a distanza di un mese è arrivato il coronavirus a cambiare radicalmente lo scenario per l’oro nero. Da quando l’emergenza coronavirus partita dalla Cina ha assunto una dimensione globale, il prezzo del Wti, uno dei due benchmark globali insieme al Brent, è sceso precipitosamente dai 65 dollari al barile toccati proprio ad inizio gennaio dopo il raid americano a Bagdad fino ai 49 di settimana scorsa.

LA DISCESA DEI PREZZI NON DEVE SORPRENDERE VISTI I CONSUMI CINESI


Un quarto del valore lasciato sul terreno in meno di un mese. Le cause dell’inversione di tendenza sono analizzate da Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM SGR, che sottolinea primadi tutto il fatto che la Cina è il secondo consumatore di petrolio a livello globale, e il blocco delle attività produttive ha provocato una contrazione della domanda di circa 3 milioni di barili al giorno, pari al 20% del totale. Quindi, secondo l’esperto di GAM, la discesa dei prezzi in realtà non deve sorprendere.

IL FRONTE DEI PRODUTTORI NON È COMPATTO SU TAGLI ALLA PRODUZIONE


A fronte di un calo così violento, il fronte dei produttori non è sembrato particolarmente compatto. Guidata dall’Arabia Saudita, l’Opec aveva subito spinto per una riunione d’emer­genza allargata ai partner non Opec, con la possibilità di deliberare un taglio della produzione di 600 mila barili al giorno proprio per contrastare la contrazione della domanda e sostenere i prezzi di mercato, ma la Russia si è subito mostrata titubante. Secondo Mauri Brusa, con una prossima riunione in programma il 5 marzo, non è ancora del tutto esclusa la possibilità di un anticipo, anche se al momento nessun annuncio ufficiale è stato fatto.

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SICURAMENTE PRESTO PER ARCHIVIARE L’EMERGENZA CORONAVIRUS


Ma, fa notare l’esperto di GAM, negli ultimi giorni abbiamo assistito a una stabilizzazio­ne dei prezzi pur in presenza di un aumento delle scorte, che ha superato le previsioni degli analisti. Si può quindi dichiarare chiusa per ora la fase ribassista? Per Mauri Brusa “è sicuramente presto” per archiviare l’emergenza coronavirus. Le stime sull’impatto che il rallenta­mento dell’economia cinese avrà sul Pil globale cambiano di giorno in giorno, ma secondo l’esperto di GAM non sarà certa­mente trascurabile. Per questo prevedere un recupero degli ordini di petrolio nel breve rappresen­terebbe un grosso azzardo.

MA ANCHE UN MIGLIORAMENTO MARGINALE PUÒ AVERE UN IMPATTO FORTE SUI PREZZI


Però, prosegue Mauri Brusa nella sua analisi, il mercato si muove sulle aspettative, e ai livelli di prezzo attuali basta un miglioramento anche marginale per ave­re forti impatti sul mercato. Nell’ultima settimana il numero di nuovi contagi su base giornaliera si è stabilizzato e non sono stati riportati casi in nuovi paesi, oltre ai 24 che hanno alme­no un malato conclamato, segno che il cordone sanitario internazionale sta funzionando. Inoltre, prosegue l’esperto di GAM, l’attività produttiva in Cina, al di fuori dell’area di Hubei, sta lentamente riprendendo e molti esperti ritengo­no che, con l’arrivo della stagione primaverile e l’aumento delle temperature, l’epidemia possa arrestarsi naturalmente.

A LIVELLO TECNICO VA TENUTA D’OCCHIO QUOTA 50, VIOLATA SOLO A DICEMBRE 2018


A supportare le possibilità di un recupero dell’oro nero, anche se non nell’immediato, giocano anche fattori tecnici. L’esperto di GAM cita tra questi l’area dei 50 dollari, che rappresenta un sup­porto importante che negli ultimi due anni è stato violato solo a dicembre 2018, quando il mercato scontava una recessione a livello globale. Un’ipotesi, sottolinea Mauri Brusa, che al momento anche i più prudenti tendono ad escludere.
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