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Barry Bannister

Wall Street ai record, ma c'è chi avvista l'orso

La dinamica dei rialzi dei tassi da parte della Fed potrebbe accelerare con effetti negativi sulle valutazioni di Wall Street i cui indici potrebbero ripiegare per adattare il p/e al nuovo contesto di mercato.

21 Settembre 2018 10:21

Il mercato azionario rialzista di Wall Street è diventato, da un paio di settimane,il più lungo della storia. Dal 9 marzo 2009, quando l’S&P500 fissò a 666 punti il suo minimo dopo la grande crisi dei mercati scatenata dal crac della banca d’affari Lehman Brothers, non c’è mai stato un mercato orso (bear market) a Wall Street con l’indice che viaggia oltre 2.900 punti, cioè il 335% in più rispetto al minimo.

C’E’ CHI DICE ORSO


Ma per Barry Bannister, a capo della strategia azionaria istituzionale di Stifel, una investment bank di Saint Louis, un bear market entro 6-12 mesi sembra quasi sicuro. Un mercato orso è in genere definito come un calo del 20% da un picco di Borsa. L'indice S&P 500 non ha registrato un calo di tale portata dal marzo 2009, con un indice che per anni si è spostato sempre più in alto in un ambiente in cui la volatilità è risultata relativamente contenuta: basti pensare che l’indice Vix (che esprime in modo sintetico la volatilità attesa di Wall Street in base alle opzioni sull’indice S&P500) si attesta attualmente intorno a 12, ha registrato una media di 14 negli ultimi 5 anni mentre la media storica a 25 anni è di 20.

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LA POLITICA DELLA FED


La cautela di Barry Bannister sull’azionario statunitense è legata alla politica della Federal Reserve, in particolare alle aspettative di continui aumenti dei tassi. A marzo, l’analista ha avvertito i propri clienti che un errore di politica monetaria da parte della Fed potrebbe innescare un mercato orso ‘insolitamente veloce’, portando ad una correzione piuttosto accentuata. Ha mantenuto questa opinione in una nota scritta nella prima settimana di settembre, nella quale puntualizzava "riteniamo che Wall Street possa scendere più velocemente di quanto la Fed possa reagire". L’analista ha, di conseguenza, raccomandato agli investitori azionari di posizionarsi difensivamente in autunno.

LA ZONA PERICOLOSA


Barry Bannister ritiene infatti che le azioni si trovino in quella che definisce ‘zona pericolosa’, basata sul premio per il rischio azionario, o sul rendimento degli utili del mercato meno il rendimento del titolo del Tesoro USA a 10 anni. Quando tale premio si avvicina ai livelli estremi, il bear market è alle porte e l'aumento dei tassi d'interesse USA sarebbe il catalizzatore. Se la banca centrale statunitense aumenta i tassi più di due volte, cosa che secondo l’analista la Fed potrebbe fare entro dicembre, il tasso dei Fed Funds, meno il tasso neutrale, potrebbe oltrepassare il ‘trigger del mercato orso’.

IL TASSO NEUTRALE


Il tasso neutrale è il livello di tasso che rende la politica monetaria in equilibrio tra il raffreddare e lo stimolare l'economia. La Fed ha recentemente aumentato i tassi a giugno, portandoli a un intervallo compreso tra l'1,75% e il 2%. Potrebbe fare ancora due rialzi quest'anno, nei suoi incontri di settembre e dicembre: mosse che la maggioranza degli analisti reputa più probabile dopo i dati sull'occupazione di agosto che hanno mostrato una forte crescita dei salari (una componente dell'inflazione molto seguita dalla banca centrale).

FATTORI DI SUPPORTO


D’altra parte, ha ricordato Barry Bannister, le performance di Wall Street quest’anno sono il frutto dei segnali di miglioramento dei fondamentali, tra cui il mercato del lavoro e la crescita economica, oltre al forte incremento degli utili societari. Tuttavia l’analista ha affermato che la robustezza di questi fattori sarebbe destinata a diminuire a causa dell'aumento dei tassi.

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COSA INSEGNANO GLI ULTIMI 3 ANNI


Resta il fatto che è almeno da tre anni che si susseguono previsioni più o meno negative (se non addirittura catastrofiche) sulle prospettive dell’azionario americano. È peraltro evidente che dopo il più lungo periodo di rialzo di Borsa ci possa stare una correzione. Ma non è detto che sia necessariamente profonda (-20% o anche più) e che riguardi indistintamente tutti i settori di Wall Street, viste le significative divergenze di valutazioni con alcuni settori ipercomprati (per esempio la tecnologia) e altri (come energia e banche) che trattano sotto la media.
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