Contatti

borse

La fiducia spinge Wall Street sull’onda del taglio a tasse e burocrazia

La Borsa americana ha completamente recuperato la sbandata di fine gennaio mentre le altre restano indietro. La divaricazione è iniziata in primavera, quando hanno cominciato a farsi sentire gli effetti delle riforme che in Europa ancora non si vedono.

17 Settembre 2018 08:44
financialounge -  borse burocrazia cina fiducia riforma fiscale USA Wall Street Weekly Bulletin https://www.flickr.com/photos/merappletree/2715272396/in/photolist-58WtTj-9uEPuc-wfjFr-cVY889-d6hCUu-4kHhk9-7bBStb-94YGhR-2j7ia-i7nV1-4B3dav-246mErx-d87Hfb-K9hi2v-Er9wE4-8yf5Jt-barztV-bEyegs-FXhRFh-FXhTxo-b5cUE4-FXhTkE-22HTrmg-DEP7ud-eJAbmc-231rU9U-Er9xxg-bqd8KB-baUJaD-Er9uqp-cv2c9s-FXhSZE-246mAdn-8XgMxE-5Ya5-hJ6dUm-231rUK3-Er9uv4-VEwPTN-q7BcLW-wjU8rr-6GFvtd-FXhT2o-nvDbS2-6GGVKE-85YZio-d76zgW-4WukK5-nUwwzG-2op9o8

Così come le economie, anche i mercati azionari globali hanno preso strade diverse. Nel prossimo numero di EasyWatch, il mensile di approfondimento economico di FinanciaLounge in uscita il 20 settembre, vedremo come la locomotiva americana stia entrando a tutto vapore nell’ultimo trimestre dell’anno con tutte le altre rimandate a settembre a fare i compiti a casa. Lo stesso sta succedendo alle Borse, Wall Street viaggia ai massimi ed ha completamente recuperato la sbandata di fine gennaio 2018, le altre piazze invece fanno fatica, come mostra il grafico qui sotto.

[caption id="attachment_130430" align="alignnone" width="460"]L'andamento di Wall Street (linea nera) e dell'azionario globale non USA (linea blu). Scale: a sinistra ETF iShares MSCI ACWI costruita su un paniere di titoli globali a medio-grande capitalizzazione USA esclusi; a destra Titoli S&P 500 a larga capitalizzazione L'andamento di Wall Street (linea nera) e dell'azionario globale non USA (linea blu). Scale: a sinistra ETF iShares MSCI ACWI costruita su un paniere di titoli globali a medio-grande capitalizzazione USA esclusi; a destra Titoli S&P 500 a larga capitalizzazione[/caption]

CINA, GERMANIA E GIAPPONE RITARDATARI


Da inizio anno la Borsa cinese è in calo di circa il 10%, che però diventa il 24% in meno rispetto ai massimi del 2018, vale a dire che siamo nel territorio dell’Orso. La Germania, campione europeo, vede una Borsa di Francoforte sotto del 17% rispetto ai massimi dell’anno, e perfino il Giappone registra un Nikkei sotto del 12% rispetto ai massimi, nonostante una banca centrale che, diversamente dalle altre, non esita a sostenere la Borsa con acquisti massicci di ETF. C’è chi attribuisce la divaricazione alla marcia della Federal Reserve verso la normalità monetaria al passo costante di un quarto di punto a trimestre. Dal FOMC del 25-26 settembre è attesa la replica. Secondo alcuni questo rende dollaro e titoli del debito USA estremamente attraenti per i capitali di tutto il mondo, che escono dagli altri mercati e affluiscono in USA, ovviamente su Wall Street.

LA SVOLTA ARRIVATA IN PRIMAVERA


Lo stesso grafico mostra che questo ragionamento, che circola tra diversi analisti americani, non è una spiegazione valida. Quando i mercati a fine gennaio hanno avuto paura che la Fed potesse alzare i tassi più aggressivamente si sono spaventati, in America come nel resto del mondo. Poi tra marzo e giugno gli americani ci hanno ripensato e Wall Street ha ingranato la quarta, gli altri no. Perché? Perché dopo la fine del primo trimestre si è cominciato a vedere quanto la riforma fiscale di Trump impattasse positivamente sui risultati della Corporate America insieme alla massiccia opera di de-regolamentazione, e il circolo virtuoso della fiducia ha ricominciato a funzionare. Nel resto del mondo invece la politica non ha raccolto il testimone dalle mani delle banche centrali, e le economie così come i mercati sono rimasti orfani delle riforme strutturali da cui poteva arrivare una spinta in più. La fiducia è sicuramente il fattore più importante.

Guerra dei dazi, USA e Cina sono entrambi vincitori?


Guerra dei dazi, USA e Cina sono entrambi vincitori?





LA FIDUCIA DELLE PMI BATTE IL RECORD DI REAGAN


Secondo l’indice che viene pubblicato ogni mese da 45 anni dalla National Federation of Independent Business, quella delle piccole e medie imprese americane ad agosto 2018 era ai massimi di sempre. La conseguenza è che le PMI a stelle a strisce hanno in programma nuove assunzioni, aumentano i salari di chi ha già un posto e si preparano a investire nuovi capitali. La NFIB attribuisce l’impennata dell’indice a 108,8 di agosto da 108 di luglio alle politiche dell’amministrazione americana. Il record precedente risale al luglio del 1983, quando l’indice toccò per la prima volta i 108 punti sull’onda dell’entusiasmo per Ronald Reagan arrivato alla Casa Bianca 2 anni e mezzo prima. A Trump sono bastati 18 mesi. Sempre la NFIB sottolinea che la forza dell’indice di fiducia è basata su intenzioni concrete delle imprese e non su generiche aspettative per il futuro. Il merito del ritorno di fiducia è sicuramente il taglio alle tasse, ma ancora di più il disboscamento regolatorio.

Perché lo spread Treasury USA – Bund è destinato ad allargarsi ancora


Perché lo spread Treasury USA – Bund è destinato ad allargarsi ancora





BUROCRAZIA, UN PESO DA 2.000 MLD


Anche in questo caso ci aiuta un report, quello dell’American Action Forum, secondo cui il taglio alla burocrazia sta andando oltre gli stessi obiettivi dell’Amministrazione, con ben 12 su 22 agenzie federali interessate che hanno già superato i target in termini di riduzione della spesa. Risparmi non da poco, che si traducono in meno lacci e lacciuoli per le imprese: 417 milioni di dollari per le agenzie che fanno capo al Dipartimento al lavoro e 286 milioni per quelle del Dipartimento alla Sanità e ai Servizi Sociali. Seguono i Trasporti e la Giustizia. L’obiettivo iniziale era di risparmi totali per 686,6 milioni in quest’anno fiscale che chiude il 30 settembre, ma le stime puntano già allo sfondamento del miliardo di dollari. Sarà di molti miliardi invece il conto finale dei dollari risparmiati dalle imprese americane grazie alla deregulation, che potranno andare a investimenti, dividendi e aumenti di stipendio. Il Competitive Enterprise Institute stima in oltre 2.000 miliardi di dollari il costo dell’eccesso di burocrazia per le famiglie e le imprese americane. Eliminarlo vorrebbe dire regalare l’equivalente di un taglio alle tasse di 15.000 dollari l’anno per famiglia.

BOTTOM LINE


La lezione americana è che la politica fiscale può costituire una leva potente quanto se non più del Quantitative Easing con cui la Fed e le altre banche centrali hanno tirato fuori dalla crisi il pianeta. Perché agisce più direttamente delle iniezioni di liquidità sul meccanismo della fiducia di famiglie e imprese. Wall Street prende atto e festeggia, le altre Borse globali aspettano che i governi finiscano i compiti a casa.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

Attese & Mercati – Settimana dal 17 settembre 2018


Attese & Mercati – Settimana dal 17 settembre 2018




Share:
Trending