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Titoli tecnologici: se invece dei FAANG guardassimo i MAAG?

Apple chiude la trimestrale migliore di sempre una settimana dopo il tonfo più grande di sempre di Facebook. La differenza sta nei servizi high-tech, a cominciare dal cloud, e nel modello di business.

2 Agosto 2018 12:14

Apple ha chiuso la stagione delle trimestrali dei FAANG con i risultati migliori di sempre, esattamente una settimana dopo che Facebook aveva centrato il tonfo più grande di sempre a Wall Street proprio dopo una trimestrale deludente. La sigla FAANG comprende, oltre a Facebook e Apple, anche Amazon, Netflix e Google e sta a indicare i colossi high-tech che corrono più degli altri. Ma sotto la sigla del settore tecnologico (il cui indice di riferimento complessivo nei mercati azionari è il Nasdaq) ci sono business molto diversi, in alcuni casi neanche parenti. Forse sarebbe più opportuno riscriverla in MAAG, mettendo Microsoft al posto del social media di Zuckerberg e lasciando stare Netflix, che ha solo inventato un nuovo canale di distribuzione e un nuovo modo di fruizione per contenuti non diversi da quelli che da cent’anni hanno fatto la storia del cinema prima e della TV poi. Facebook con i titoli tecnologici c’entra poco, usa molto la tecnologia, ci investe moltissimo, ma il suo business è uno dei più vecchi del mondo e si chiama pubblicità, anche se declinata, venduta e fruita nell’era di internet.

TITOLI TECNOLOGICI: I SOLDI SI FANNO CON IL CLOUD


Gli altri big dei titoli tecnologici del MAAG, invece, i soldi li fanno in diversi modi: Apple vende smartphone, Microsoft vende software come dice il nome, Amazon vende merci e servizi su Internet e Google (controllata da Alphabet) campa molto sulla pubblicità. Ma hanno tutte e quattro in comune, insieme ad altre aziende della generazione internet, come IBM, Oracle e Cisco, un business estremamente redditizio: quello dei servizi di cloud computing alle imprese. Come si vede dalla tabella che segue (fonte: zdnet.com), con il cloud si fanno tanti soldi. Per Amazon è addirittura la prima fonte di margini operativi.































Fornitore di cloud Ricavi annuali 2017
Microsoft commercial cloud $ 21,2 miliardi
Amazon Web Services $ 20,4 miliardi
IBM $ 10,3 miliardi
Oracle $ 6,08 miliardi
Google Cloud Platform/G suite $ 4 miliardi
Alibaba $ 2,2 miliardi

Nella tabella, che riporta i flussi del 2017, Apple non c’è perché il suo business dei servizi è recente, ma viaggia rapidamente, soprattutto con le sottoscrizioni all’iCloud storage, su cui il gruppo di Cupertino conta molto per raggiungere il target di 50 miliardi di dollari di fatturato l’anno. Nel secondo trimestre i ricavi dal business dei servizi (che non sono solo il cloud) sono andati vicino ai 10 miliardi di dollari, con un tasso di crescita quasi doppio rispetto alle vendite di smartphone. Facebook invece nella tabella non c’è perché praticamente non ha un business dei servizi, se si esclude la pubblicità, sulla quale fa affidamento quasi interamente per i ricavi.

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UN VECCHIO MODELLO DI BUSINESS


Quello di Facebook è il vecchio modello di business della TV commerciale: faccio tanti ascolti e più ne faccio più la pubblicità che vendo alle aziende vale. Rispetto alla TV degli anni ‘60, ma anche a quella di oggi, la pubblicità di Facebook non va a pioggia su milioni di telespettatori, ma raggiunge gli utenti in modo mirato e profilato. La pubblicità della Nike va agli sportivi, quella dei dolci ai golosi e così via. Gli utenti di Facebook quindi dovrebbero valere di più per l’investitore pubblicitario, ma hanno anche un ‘costo di manutenzione’ molto elevato. Non si possono offendere con contenuti inappropriati, la loro privacy va tutelata, etc. etc. E le richieste delle autorità legate alla regulation aumentano sempre di più, come dimostra la questione “fake news” non solo su Facebook ma anche su Twitter. Quindi i costi crescono solo per mantenere il bacino di utenza.

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NON TUTTI GLI UTENTI VALGONO UGUALE


Un bacino sterminato, un paio di miliardi di esseri umani a livello di gruppo. Ma anche un bacino ormai saturo, soprattutto nei mercati sviluppati. Quindi ci sono due strade per far crescere il business. Una è estrarre ancora più valore dai due miliardi di utenti acquisiti, oppure aumentare gli utenti. Nella seconda opzione ci sono ancora spazi di crescita enormi in Africa e in Asia. Ma sono anche spazi in mercati dove la capacità di spesa individuale in consumi è limitata, e quindi l’appeal per l’investitore di un’utenza anche molto profilata è modesto. Un conto è comprare pubblicità diretta a un pubblico che spende in consumi qualche decina di migliaia di dollari l’anno, un altro è valorizzare utenti profilati che di dollari ne spendono qualche decina.

Bottom line. Forse, quando si parla di titoli tecnologici, è meglio lasciar stare i FAANG e guardare i MAAG.
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