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La tentazione pericolosa di incolpare Fed e BCE

Powell nel mirino in America perché continua a alzare i tassi mentre Wall Street sbanda e Draghi sotto accusa perché non fa il tifo per la manovra italiana. Il vero nemico del mercato è la politica in cerca di alibi.

29 Ottobre 2018 08:22
financialounge -  banche italiane BCE Federal Reserve italia Jerome Powell Mario Draghi Weekly Bulletin https://www.flickr.com/photos/europeancentralbank/30611078987/

Allora, Wall Street si prepara ad archiviare il peggior ottobre da otto anni e in Europa non è andata meglio. E sia in America che su questa sponda dell’Atlantico finiscono sotto accusa le Banche Centrali, anche se in modi e per ragioni diverse. Bloomberg, certamente non un supporter di Donald Trump, scrive che è difficile non dar ragione al presidente quando critica Jay Powell per insistere con i rialzi dei tassi mentre il mercato sbanda, e butta giù un lungo elenco di esperti e operatori che portano argomenti a supporto. In sintesi, il capo della Fed non darebbe ascolto ai segnali che arrivano da Wall Street, da un mercato immobiliare con le vendite di case che arrancano, da un’inflazione del tutto sotto controllo e da un’economia che non mostra segni di surriscaldamento, e continua ad andare avanti, continuando con pericolosi e non necessari rialzi dei tassi. Si potrebbe contro-argomentare che la Borsa prudentemente frena per evitare eccessi, che non si stanno formando bolle immobiliari come nel 2005-07 e che l’economia riesce a viaggiare attorno al 4% senza surriscaldarsi proprio grazie al fatto che la Fed da fine 2016 procede con regolarità trimestrale ad alzare il costo del denaro. Una Fed che si lasciasse forzare la mano dalla politica e dal mercato è l’unica cosa di cui il mercato non ha bisogno.

LA GEOMETRICA EVIDENZA DI DRAGHI


Il perché ce lo ha spiegato con geometrica evidenza Mario Draghi nella conferenza stampa di giovedì scorso quando ha detto che non cambia programma sulla fine del QE anche in presenza delle turbolenze su banche e debito con epicentro italiano. Le cose funzionano, ha detto Draghi, quando l’autorità monetaria è credibile, ed è credibile quando è indipendente e dimostra di esserlo. La credibilità è strettissimamente collegata all’efficacia delle sue decisioni e delle sue indicazioni. Se si lasciasse influenzare nel suo giudizio indipendente, mercati e economie si ritroverebbero senza guida, e potrebbero cedere a eccessi in un senso o nell’altro, vale a dire bolla e/o tracolli. Dopo essere stato messo sotto pressione per anni dai politici del Nord Europa per indulgere troppo con la politica accomodante, ora è sotto pressione da parte di quelli del Sud, italiani in particolare, perché non ne asseconda e non ne finanzia le politiche di spesa in deficit. La manovra di bilancio italiana deve dimostrare di stare in piedi da sola, senza bisogno del tifo calcistico della Banca Centrale motivato dal fatto che il suo capo è italiano.

L'Italia va aiutata, altrimenti l'Europa rischia grosso


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LA SUPPLENZA È FINITA IN USA, NON IN EUROPA


I due casi sono emblematici del passaggio difficile in cui si trovano economie e mercati delle due aree a 10 anni dalla crisi. In America la supplenza monetaria è finita con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, che ha ripreso in mano le redini della politica fiscale con una serie di riforme che hanno rilanciato la crescita, e la Fed è tornata a fare ‘solo’ il suo mestiere, che è quello di garantire la stabilità monetaria e creare le condizioni per far crescere stabilmente l’occupazione. In Europa la Banca Centrale si sta preparando a restituire alla politica il bastone di comando dell’economia, dopo aver salvato l’euro dal collasso, con la fine del QE. Ma dall’altra parte non c’è una mano pronta a prendere il timone dell’economia facendo le riforme che servono alla crescita, ma il vuoto. Un vuoto che resterà tale almeno fino a maggio del 2019 quando si voterà per la nuova governance europea.

L’analisi dell’editorialista di FL, Stefano Caratelli, ospite a TgCom24

https://vimeo.com/297708597/36e02deb87

BANCHE DEBOLEZZA EUROPEA, NON SOLO ITALIANA


È l’Europa e non (solo) l’Italia ad avere urgente bisogno di riforme per dare alla crescita, che per fortuna ancora c’è, basi solide e durature. L’aspetto paradossale dell’attuale scontro tra Roma e Bruxelles è che fornisce alla vecchia guardia europea in uscita un comodo alibi per distogliere lo sguardo dai suoi fallimenti, a cominciare da quello di aver trasformato la Grecia nel 2010 da crisi regionale gestibile con poche decine di miliardi in un evento sistemico con la potenzialità di far saltare l’Unione Monetaria. Per capire che il problema è europeo e non (solo) italiano basta guardare le banche. Le italiane sono impiombate dallo spread che si mangia il più importante coefficiente patrimoniale di vigilanza, l’ormai famoso CET1, e in Borsa sono sotto un 37% dai massimi dell’anno, ma quelle del resto d’Europa non se la passano troppo meglio visto che lo STOXX® Europe 600 Banks dal picco di inizio gennaio segna -22,5% e quelle tedesche fanno se possibile ancora peggio delle italiane.

Manovra, le banche (incolpevoli) pagano il conto di spread e incertezze


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BOTTOM LINE


Prendersela con le Banche Centrali è pericoloso e autolesionista. Per la politica è la tentazione sempre in agguato di cercare un capro espiatorio ai propri fallimenti, accertati o possibili (come sarebbe per Trump una sconfitta alle elezioni di mid-term). A Wall Street sarà anche stato il peggior ottobre da otto anni, ma mercoledì 3 il Dow Jones ha toccato il massimo di sempre, e forse i nuovi rialzi in arrivo di Powell hanno indotto una provvidenziale quasi-correzione. Mentre in Europa Mario Draghi continua a tenere insieme i pezzi.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

Attese & Mercati – Settimana dal 29 ottobre 2018


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